Lega, tra autonomisti e nazionalisti

Mentre tra Veneto e Lombardia ci si prepara alla tornata referendaria invocata dai Governatori leghisti e che hanno il sapore di quella devolution di una Lega d’altri tempi, nello stesso Partito la nuova generazione antibossiana si prepara a stralciare definitivamente l’articolo 1 dello Statuto padano.

Due anime queste che di fatto stanno combattendo una guerra fredda estremamente logorante. Da una parte Matteo Salvini è pronto a suffragare il proprio successo personale guadando il Po in direzione della punta dello stivale per pensare ad una “lega dei popoli”, che guardi a tutta la nazione trascurando definitivamente le aspirazioni indipendentiste del nord.

In effetti il segretario Federale si è trovato ad avere molto più successo in tutta la penisola, cavalcando temi quali sicurezza, immigrazione, pensioni e lavoro mettendo lombardi e siciliani sostanzialmente sullo stesso piano. E merito del giovane eurodeputato è stato quello di portare il partito dal 4% “post trota” all’attuale 15% con risultati elettorali di tutto rispetto anche lungo gli Appennini.

Ma come abbiamo visto, per ogni rottamatore c’è il suo conservatore. E così a contrapporsi alla Lega nazionale di Salvini ci si è messo il suo predecessore Roberto Maroni. Bossiano doc, nonché Governatore lombardo, attraverso il referendum per l’autonomia ha intenzione non solo di consolidare una voglia generale del Nord di avere più autonomia da Roma, ma soprattutto riaccendere il fuoco dell’indipendenza della Padania che dal 1991 arde nei cuori dei militanti leghisti.

Questo scontro, che si è recentemente consumato anche per la lotta alla Segreteria federale, vede Maroni in una posizione di svantaggio e che rischia di veder traballare anche il proprio scranno al 35° piano di Palazzo Lombardia. Sì, perché oltre ai guai giudiziari del Governatore, a mettere in dubbio la sua conferma è l’aperta opposizione al programma di nazionalizzazione leghista di Salvini.

Il Matteo di destra sa che, come nel mercato le aziende devono adeguare continuamente l’offerta dei propri prodotti, è necessario dare al proprio Partito una dimensione che vada oltre i temi che da 26 anni guidano le giubbe verdi, puntando persino al controllo di Palazzo Chigi.

Se, come pare, Salvini dovesse annunciare  a Pontida la definitiva scomparsa della parola Nord dal simbolo a favore del suo cognome, non è da escludere che un significativo terremoto possa sconvolgere il movimento padano con defezioni e probabili rotture. Potremmo assistere ad una rivoluzione politica di interessante portata. Il rito dell’ampolla potrebbe essere l’ultimo.

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