Qatar bandito dal Golfo, le reazioni in Africa

Eccetto i Paesi che hanno scelto di non commentare e di non reagire a caldo, gli altri Paesi africani possono essere classificati in tre categorie: quelli che sono per il dialogo, quelli che hanno mandato un segnale forte all’Arabia Saudita senza però interrompere i rapporti con il Qatar, infine, l’oltranzistico, le Comore che hanno rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar.

Tra coloro che sono per il dialogo troviamo il Sudan, dispiaciuto per la situazione che si è creata. Con la Somalia, chiede il dialogo tra “cinque Paesi arabi fratelli” e propone il suo aiuto per arrivare a una mediazione. Insieme, questi due Paesi rientrano nel percorso di solidarietà araba, che mira a “proteggere gli interessi dei Paesi e dei popoli arabi”. Poco distante da loro troviamo la Repubblica di Gibuti. La sua situazione diplomatica è alquanto delicata riguardo a questo bando. E’ in effetti molto dipendente dal Qatar  per via del ruolo di mediatore che ricopre l’Emirato nel conflitto che la oppone all’Eritrea. Questo non  ha però impedito al piccolo Stato di ridurre la sua rappresentanza diplomatica a Doha appena iniziata la crisi.

Altri Paesi africani hanno assunto una posizione più ferma anche se non vogliono rompere la loro relazioni diplomatiche con il Qatar. E’ il caso del Senegal, Paese membro della Coalizione saudita in Yemen. Dakar ha confermato la sua “solidarietà attiva”  all’Arabia Saudita. Di fatto, lo scorso 7 Giugno, il Governo del Presidente Macky Sall ha richiamato il suo ambasciatore in Qatar per consultazioni e capire quale seguito dare a questa crisi. Un gesto forte quando, peraltro, il Senegal ha buone relazioni economiche con l’Emirato “condannato”. Stesso atteggiamento del Senegal ha il Ciad. In una nota del Ministro degli Esteri resa pubblica lo scorso 8 Giugno, il Paese invita il Qatar di “mettere fine a qualsiasi atteggiamento che possa nuocere alla coesione degli Stati della Regione e alla Pace nel Mondo”. E di concludere che è tuttavia necessario “privilegiare il dialogo”. Va detto che il Ciad, anch’esso membro della Coalizione impegnata in Yemen, intrattiene relazioni con il Qatar che sono soprattutto di carattere religioso e umanitario. Come prima reazione, N’Djamena ha richiamato il suo ambasciatore a Doha “per consultazioni”.

Da parte sua, il Gabon prende le parti dell’Arabia Saudita e condanna il Qatar e “le sue azioni ricorrenti a favore del terrorismo”. Nel comunicato rilasciato dal Ministro degli Esteri, Pacome Moubelet Boubeya, il Gabon deplora “il non rispetto da parte del Qatar degli impegni e degli accordi internazionali in campo della lotta antiterrorista” e si dice “preoccupato per l’appoggio costante” che il piccolo Emirato petroliero accorda ai terroristi. Il Paese ha per questo deciso di interrompere le sue relazioni diplomatiche con il Qatar senza chiudere però la porta a una normalizzazione in un futuro prossimo invitando le autorità quatarine “di fare tutto il possibile per uniformarsi agli obblighi internazionali nell’interesse della sicurezza della Regione”.  Paese vicino al Gabon, la Guinea Equatoriale non  mancherà sicuramente di mostrare la sua riconoscenza all’Arabia Saudita che l’ha recentemente aiutata ad essere ammessa nell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio.

Uno dei Paesi africani più emblematici nel dimostrare indefesso appoggio all’Arabia sono le Comore. Lo scorso 7 Giugno, giorno dell’inizio della crisi, il Presidente Azali Assoumani ha parlato chiaramente: “andava fatta una scelta, le Comore scelgono l’Arabia Saudita anche se il Qatar è un Paese fratello  più che un Paese amico”.  Questa decisione peraltro preoccupa a livello interno, perché rientra nel novero delle decisioni prese lo scorso anno che hanno portato  alla rottura delle relazioni diplomatiche delle Comore con l’Iran. La risposta di Assoumani a chi si mostrava allarmato: “L’Arabia Saudita è il luogo prescelto dove far nascere l’Islam, è quindi anche il nostro Paese”. In modo più prosaico, va ricordato che Riyad sostiene ogni anno le Comore a colpi di centinaia di milioni di petrodollari, cosa che potrebbe spiegare molto bene l’atteggiamento del Governo comoriano.

Se l’Africa risponde a mezza bocca, dietro le quinte le discussioni vanno intensificandosi per calmare le acque. L’Emiro del Kuwait, unico membro del Consiglio di Cooperazione del Golfo con l’Oman, a non essersi unito al movimento di rottura con Doha, ha ricevuto un emissario del Re saudita Salamane e esortato l’Emiro del Qatar “alla moderazione”. Tra i sostenitori più attivi di Doha, l’Iran, così come la Russia e la Turchia, hanno fatto appello al dialogo tra il Qatar e i suoi vicini, mentre aiutano il loro alleato qatarino a superare l’embargo imposto dai suoi vicini arabi. Va doverosamente ricordato che Doha appoggia dei movimenti islamisti vicini ai Fratelli Musulmani, soprattutto in Siria, ma smentisce qualsiasi appoggio al terrorismo. Per difendersi, il Governo del Qatar ha chiamato il gabinetto di avvocati di un ex ministro della Giustizia americano, John Ascroft, in carica quando avvennero gli attentati dell’11 Settembre 2001. Il Qatar spera così dimostrare la sua innocenza e il suo impegno nei confronti della lotta la terrorismo.

Gli altri? Il gioco pare essere sempre lo stesso. Il confine tra i buoni e i cattivi risulta essere fluido e mutevole, rendendo gli equilibri precari ancor più infidi.

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