Trump-ets and Bells

Il ‘no’ di Trump all’accordo di Parigi ha proiettato Clima ed Energia ai primi posti tra i temi geopolitici, nel mondo ma anche negli stessi Stati Uniti. In un recente rapporto, il think tank Military Advisory Board (CNA) ha segnalato alla Casa Bianca che gli Stati Uniti sono indietro ad altri Paesi nello sviluppo di tecnologie energetiche avanzate, e che questo mette a rischio la sicurezza nazionale ed il ruolo del Paese a livello globale. “Molti paesi, ad eccezione degli Stati Uniti, si stanno muovendo in modo aggressivo e strategico per guadagnare terreno nel nuovo panorama energetico” ha affermato il luogotenente generale Zilmer, sottolineando che gli Stati Uniti sono indietro nella transizione globale per l’addio alle energie fossili. Un problema non solo industriale, ma anche di relazioni con gli altri Paesi: “Ci sarebbero molte opportunità diplomatiche” nell’offrire nuove tecnologie ai paesi in via di sviluppo, ha infatti messo in evidenza il vice ammiraglio Gunn, aggiungendo: “Mi auguro che questo rapporto abbia una significativa influenza nell’Amministrazione”.

Se il CNA segnala il movimento strategico e aggressivo di altri Paesi per guadagnare terreno sul nuovo panorama energetico, il pensiero va subito alla Francia: dove il giovane europeista Macron ha colto lo spirito dei tempi con mosse sorprendenti. Compreso il valore in termini di comunicazione del dissenso mondiale verso la decisione di Trump, e individuato lo spazio per una inedita ‘missione etica’ dell’economia per l’umanità, Macron ha deciso di muoversi in campo industriale in modo non nascosto ma plateale: così è nato Make our planet great again, una piattaforma web ‘pratica e concreta’ che la Francia ha offerto – in lingua inglese, arrivando a rinunciare al suo antico orgoglio nazionale – a chiunque, ricercatori, aziende o organizzazioni, intenda offrire  un contributo all’applicazione degli accordi sul clima di Parigi. Il sito, aperto a tutti, è stato concepito dai consiglieri di Macron insieme con tutti gli altri ministeri responsabili anche per facilitare imprenditori, studiosi o ricercatori Usa che intendano trasferirsi in Francia. Una mossa geniale nell’aver spiazzato i ‘cacciatori di teste’ dei nuovi Eldorado dei Cervelli, a cominciare dalla Cina, capaci di offrire lauti stipendi ma non ancora ‘mission’, visibilità e reputazione di paladini dell’Umanità a scienziati e ricercatori impegnati nella lotta ai cambiamenti climatici.

A partire dal capitolo Economia, e dai paragrafi Clima ed Energia dei manuali di geopolitica, il ‘no’ di Trump a Parigi sta cambiando dunque le modalità, e lo scenario, di confronto fra le grandi potenze. “Una frattura che in Occidente non era mai avvenuta dal secondo dopoguerra in poi”, ha definito il nuovo quadro il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, intervistato in collegamento video durante il Festival dell’Energia di Milano. Una frattura non priva di conseguenze: “Un cambiamento di politica che rischia di creare instabilità”, l’ha spiegata Calenda. “I nostri obiettivi non derivano da accordi internazionali che possono tenere, più o meno. Ma sono temi di sviluppo economico che vale la pena perseguire, indipendentemente dal fatto che uno si sleghi o meno”.

E a questo punto, sia pure collocabile in una pagina diversa dei manuali di geopolitica, non sembra così lontana da questi riferimenti un’altra presa di posizione dal fronte europeo, quella del presidente della Commissione UE, Jean Claude Juncker, alla conferenza dello scorso 9 giugno sulla Difesa a Praga: “Gli Usa hanno cambiato in modo fondamentale la loro politica estera molto prima dell’arrivo di Trump. Da dieci anni è chiaro che i nostri partner americani ritengono di sostenere troppo peso per i loro ricchi alleati europei. Non abbiamo altra scelta che difendere i nostri propri interessi in Medio Oriente, clima, accordi commerciali”. E ancora: “La deferenza alla Nato non può essere più un alibi contro sforzi UE più grandi”, ha detto Juncker. Viene in mente Pier Capponi, che all’ultimatum di Carlo VIII di una alta somma per non invadere Firenze “Noi suoneremo le nostre trombe”, rispose: “E noi suoneremo le nostre campane”. E Carlo cedette perché non poteva sopportare i costi di una lotta ad oltranza. Trump-ets and Bells, si potrebbe descrivere la congiuntura attuale. E le Campane, questa volta, con tutti i significati ai quali alludono, non sono simbolo di provincialismo ma di ‘vision’ globale, mondiale.

Insomma, lo scenario atlantico e non solo stava cambiando, ed i rapporti tra le potenze non avevano più l’aspetto tenuto per i settant’anni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò era latente, debole, un sisma incapace di manifestarsi. Il ‘no’ di Trump all’Accordo di Parigi l’ha portato alla luce del sole. Ha rimesso in discussione tutto, dalle politiche economiche a quelle strategiche. Ha modificato la mappa dei rapporti internazionali. Ha cambiato l’immagine degli Usa nel mondo. Ed ha rilanciato il ruolo dell’Europa nel mondo.

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