Kabul, autobomba nell’area delle Ambasciate

In una fase in cui lo Stato Islamico perde notevolmente terreno su tutti i fronti, s’intensificano gli episodi di sanguinosi attentati in giro per il mondo. L’Isis cerca di sviare l’attenzione pubblica dalle sconfitte rimediate sul campo, attivando sotto traccia cellule terroristiche e lupi solitari sparsi in Occidente  e rivendicandone gli attacchi, nella speranza di non subire flessioni motivazionali all’interno dei suoi stessi ranghi.

Ultimamente, la causa della jihad non riscuote successi sui teatri di battaglia convenzionali, ma è fortemente radicata, pericolosa e ad alto potenziale espansivo nel web, dove raccoglie consensi e nuovi adepti grazie all’impiego di tecniche di manipolazione, propaganda e indottrinamento fondamentalista.

L’unica possibilità del Califfato di non essere annientato nell’immediato risiede nel sostegno alle spontanee iniziative criminali dei seguaci radicalizzati, che colpiscono a domicilio il nemico occidentale, in una asimmetrica trama del terrore spesso immune al controllo preventivo delle nostre forze di sicurezza e al monitoraggio dell’intelligence.

Mentre è tensione per un uomo armato, subito arrestato, all’aeroporto statunitense di Orlando e mentre la popstar Ariana Grande e altri artisti annunciano – per domenica prossima – un concerto di beneficenza a Manchester, a favore delle famiglie delle vittime del recente attentato, in Afghanistan, nella capitale Kabul, il distretto delle ambasciate, in cui è dislocato anche un centro della missione Nato, viene scosso, di prima mattina nell’ora di punta, dal violento scoppio di un’autobomba. Si parla, più precisamente, di un’autocisterna imbottita di esplosivo.  Si contano almeno 90 morti e 350 feriti. Decine sono le vetture distrutte e i vetri in frantumi degli edifici nel raggio di un chilometro.  Danneggiate, in modo particolare, le sedi diplomatiche di Germania, Francia, Turchia, Cina e Iran. Colpito anche un ospedale di Emergency. L’ambasciata italiana e il personale di sede ne escono fortunatamente indenni.

L’escalation del terrore nel Paese ha recentemente subito una sensibile accelerazione. La strage è stata puntualmente rivendicata dall’Isis, affiancata – in questa parte del globo – da fazioni di talebani avverse al governo afghano, appoggiato da Washington. Sconfitti e respinti, in passato, dalle truppe della Coalizione, i gruppi terroristici hanno aspettato il rientro in patria, avviato nel 2014, di buona parte dei contingenti internazionali, per tornare a seminare caos e morte.

In queste ore, il presidente Usa, Donald Trump, sta valutando l’invio di 3000/5000 militari a supporto delle forze armate locali e dei 10.000 soldati Nato rimasti a svolgere mansioni d’addestramento, per dare una svolta alla situazione di paura e stallo in cui versano popolazione e istituzioni afghane. L’imperativo è ripristinare celermente il controllo e restituire normalità e stabilità al Paese.

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