La fine della Lega (al) Nord?

La vittoria schiacciante di Matteo Salvini nella corsa per la Segreteria Federale della Lega Nord era decisamente scontata, quello che però pochi si potevano immaginare sono state le parole del fondatore del movimento padano, Umberto Bossi.

Il Senatur ha paventato la possibilità di abbandonare il Partito da lui stesso fondato, a causa della deriva nazionalista che Salvini ha da diverso tempo intrapreso. La “vecchia guardia”, accusa il Segretario federale di aver perso di vista i veri obiettivi della Lega al solo scopo di ottenere qualche voto in più e abbandonando lo zoccolo duro che da anni combatte per ottenere più indipendenza da Roma.

E il principale monito arriva proprio dalla Regione del suo sfidante Gianni Fava. L’Assessore all’Agricoltura della Giunta Maroni, in Lombardia è andato oltre il 20%. Risultato questo che alimenta l’insofferenza del Governatore lombardo nei confronti del leader leghista e verso una politica nazionalista più che federalista.

Tensione manifestata anche nella giornata di ieri quando Salvini ha palesemente sfidato l’ex Ministro dell’Interno ponendo il veto su qualsiasi possibile alleanza con il partito di Alfano per la prossima tornata elettorale, ha di fatto sfiduciato Maroni che invece rappresenta quella Lega più moderata e più vicina a progetti anti lepenisti.

Nella Lega Nord era da tempo che non si vivevano momenti di così alta tensione e ora che si dovranno delineare alleanze per le Elezioni politiche, potremmo assistere ad una spaccatura che metterebbe Salvini in estrema difficoltà. Infatti, se Bossi con lo zoccolo duro del Partito dovesse realmente abbandonare il Carroccio, l’eurodeputato leghista si troverebbe ad affrontare contemporaneamente due problemi: il primo legato da un sensibile ma significativo travaso di voti. Anche il 2-3% potrebbe minare i delicati equilibri di potere tra i leader di centrodestra e mettere Salvini in una posizione di svantaggio nella contrattazione politica.

Il secondo problema invece riguarda il pesante ridimensionamento europeo dei populisti e dei movimenti anti Unione Europea. La sonora sconfitta di Marine Le Pen ha mostrato i limiti di un movimento “di pancia” che non riesce a sfondare tra i cittadini europei. La Lega, dal canto suo, che del nazionalismo lepenista ne aveva fatto la propria bandiera, si vede ora costretta a ricalibrare la propria ideologia.

E la contrapposizione interna tra Maroni e Salvini è stata negli ultimi giorni alimentata proprio dalla necessità della corrente “nordista” di abbandonare i lidi del populismo antieuropeista per le più accoglienti sponde del centrismo moderato.

Dal canto suo però il neo segretario federale ha deciso di continuare sulla sua strada, forte di un 82% di consenso leghista (anche se ha votato solo il 56% dei tesserati) che porterà il movimento verso una revisione totale del proprio credo. Sarà quel delicato passaggio a sancire eventuali scissioni tra chi deciderà di sposare la nuova linea e chi rimarrà fedele al vecchio statuto padano.

Insomma, altra benzina sul fuoco che alimenta il grande incendio politico nazionale e che porterà ad una estate ad altissime temperature con colpi di scena che, probabilmente, renderanno ancora più confusa la già complicata vita politica nostrana.

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