Somalia, ancora si muore di fame

Per la prima volta dopo sei anni, nel mondo  si parla nuovamente di carestia per due Paesi africani: la Somalia e il Sud Sudan.

Il termine carestia non è il tipo di parola che si usa con leggerezza. Dal 2007, l’espressione “stato di carestia” viene utilizzata nel quadro di un sistema mondiale di classificazione, la scala IPC (Integrated Food Security Phase Classification – IPC scale), elaborata da diverse agenzie umanitarie. Per l’IPC, la carestia viene ufficialmente conclamata quando il 20% della popolazione di una Regione ha un accesso molto limitato al nutrimento di base, quando il tasso di mortalità supera le due persone su 10.000 al giorno e che la malnutrizione acuta colpisce più del 30% della popolazione. “Questo approccio scientifico aiuta ad evitare che la parola carestia diventi un termine strumentalizzato per fini politici”, spiega Erminio Sacco, esperto di sicurezza alimentare presso la FAO.

Durante il secolo scorso, diverse carestie hanno colpito Paesi fuori dal continente africano, come la Cambogia, la Cina, l’Unione Sovietica, l’Iran. Spesso sono state frutto del volere di chi comandava. L’Europa ha conosciuto diverse fasi di carestia durante il Medioevo. Le più recenti sono state vissute durante le due Guerre Mondiali, in Germania,Polonia e Olanda, come conseguenza degli embargo militari. L’Africa è stata colpita da tante carestie negli ultimi decenni, da quella del Biafra (Nigeria), negli anni ’70, a quella dell’Etiopia negli anni 1983-85. Quest’ultima aveva suscitato forti emozioni nel Mondo, evidenziata dai media e dalla mobilitazione di numerosi artisti. L’ultima carestia registrata è quella che colpito la Somalia nel 2011, causando la morte di 260.000 persone.

Se il Sud Sudan è per il momento il solo Paese dove la carestia è dichiarata, le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per la Nigeria, la Somalia e lo Yemen, e hanno evidenziato che potrebbe colpire più di 20 milioni di persone. “Il comune denominatore è il conflitto armato che dura da tempo e il suo impatto negativo sul cibo, l’agricoltura, il bestiame, i mezzi di sussistenza e il commercio, così come la distribuzione degli aiuti umanitari”, fa notare Sacco. Dei quattro Paesi nominati, la Somalia è l’unica ad essere colpita dalla carestia per siccità e non a causa di un conflitto armato. Siamo ancora in tempo per evitare il peggio in Somalia? Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres  lo scorso 7 Marzo ha fatto appello alla comunità internazionale affinché si mobilitasse in massa per “evitare il peggio” in Somalia, Paese del Corno d’Africa sul quale plana la terribile ombra di una nuova carestia. L’ennesima siccità sta devastando l’Africa orientale e la Somalia rischia la terza carestia in 25 anni.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ritiene che più di 6,2 milioni di somali – la metà delle popolazione – ha bisogno di aiuto umanitario urgente, tra questi, tre milioni soffre già la fame. Le nuove autorità di questo Paese, roso da 20 anni di guerre e crisi umanitarie a catena,  hanno decretato lo scorso fine Febbraio lo stato di “catastrofe nazionale”, e le immagini di corpi emaciati emergono dai media, riesumando lo spettro della carestia del 2011. “Si può evitare il peggio”, ha dichiarato alla stampa Guterres dopo essersi recato a Mogadiscio dove di è incontrato con il nuovo Presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed (Farmajo per il suo popolo), eletto l’8 Febbraio. “Abbiamo bisogno del forte sostegno della comunità internazionale per evitare che si ripetano i tragici eventi del 2011”.

Il Presidente di questo Paese privato dal 1991 di un potere centrale e il cui Governo è appoggiato dalla comunità internazionale e dall’esercito dell’Unione Africana (Amisom), ha sottolineato che la Somalia “sta facendo fronte ad una siccità che potrebbe diventare carestia se non comincia a piovere nei prossimi due mesi”. Dopo il suo incontro con il Presidente Mohamed, Guterres ha visitato un campo di rifugiati a Baidoa, capitale della provincia di Bay (Sud). Questa città, che, secondo l’ONU, ospita 42.000 rifugiati, è una di quelle maggiormente colpite dalla siccità. I militanti islamisti Shebab, affiliati ad Al-Qaeda e che controllano la maggior parte del Sud somalo, rifiutano di far passare gli aiuti umanitari. “Abbiamo l’obbligo morale di fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per aiutare queste persone”, ha dichiarato Antonio Guterres dal campo profughi, prima di affermare. “E’ la situazione drammatica nella quale si trovano i Paesi come la Somalia che produce il terrorismo”. Il campo è soprattutto popolato di allevatori, che hanno perso il loro bestiame e non hanno avuto nessun raccolto nelle ultime tre stagioni di mietitura.

Secondo i dati delle Nazioni Unite, le donne e i bambini rappresentano l’80% dei nuovi arrivi. La Somalia non è l’unico Paese africano attualmente minacciato dalla carestia. E’ stata ufficialmente dichiarata per il Sud Sudan lo scorso 20 Febbraio. Ad oggi sono 100.000 le persone ad esserne colpite. Nata nel 2011 dopo la separazione dal Sudan, il Sud Sudan è caduto nel 2013 in una terribile guerra civile. Per l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle NU (HCR), almeno 32.000 sudanesi del Sud dall’inizio dell’anno si sono rifugiati in Sudan e decine di migliaia pensano farlo nei prossimi mesi. Il Sudan, che accoglie già 330.000 rifugiati sud sudanesi, ha creato dei centri di transito alla frontiera e dei campi di rifugiati in tutto il Paese.

Morire di fame nel 2017 è inaccettabile. Terrorismo e migrazione non devono stupire se non si risponde seriamente agli appelli lanciati.

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