La virgo potens

Ormai in Italia parlare di Virginia Raggi è diventata per la stampa un’occupazione prelibata. Era appena scoppiato il caso Marra, che l’Assessore Berdini ha avuto il pessimo gusto di sparlare della Sindaca, per poi naturalmente tentare di smentire le cose dette (e registrate) e presentare contrito le dimissioni, che non si capisce se sono state accettate o respinte. Subito dopo, ecco il caso Libero-patata bollente. Titolo “volgare” (devo dire che io, ingenuo, ci ho messo un po’ di tempo a capire la suggerita analogia tra quel tubero e una parte dell’anatomia femminile). Da qui, l’atteso coro di indignazioni bipartisan, richiesta di scuse, respinta al mittente, insomma la classica sceneggiata nazionale. Per qualche giorno è diventato l’argomento centrale, che relega in seconda pagina fatti ben più seri e importanti (solo per fare un esempio: Donald Trump ha confermato che gli USA continueranno a rispettare la politica di “una sola Cina” e non riconosceranno Taiwan, e ha invitato Israele ad agire in modo ragionevole in materia di insediamenti nei Territori Occupati: due segnali di una certa lucidità tra tante follie).

Ma così è, in questo ormai diffuso pettegolezzaio nazionale, nel quale casi del genere servono probabilmente come evasione dal compito, non sempre facile, di pensare. Il bello è che ben pochi  degli indignati professionali hanno dato l’impressione di aver letto il fondo incriminato di Feltri, genericamente definito volgare e “sessista” (ma che c’entra il sesso? O sarà che adesso il fatto di essere donna costituisca un diritto automatico all’esenzione da ogni critica?).

Per curiosità, io l’articolo sono andato a leggermelo. Non mi è parso esplicitamente offensivo (non si attribuiscono a Virginia Raggi fatti precisi), ma volgare sì e non certo di buon giornalismo. In sostanza, suggerisce in modo più che allusivo che la Sindaca di Roma abbia comportamenti erotici piuttosto spregiudicati e che questi avrebbero motivato alcune scelte della Raggi in materia di personale del Comune e relativi compensi.

Feltri e il suo giornale (come a suo tempo Belpietro e da sempre il Giornale berlusconiano) non fanno informazione, ma propaganda e spesso pura e semplice diffamazione al servizio di un padrone e chi legge quei fogliacci è quello che vuole: spazzatura. Questo lo sappiamo. Tra l’altro, Feltri mostra anche scarsa cultura, quando confonde “trapasso” con “contrappasso”. Ma in Italia il diritto di satira è per fortuna ancora possibile, e se Feltri ha varcato i limiti del codice penale, la Raggi lo quereli. Tutto il resto sono virtuose chiacchiere, indignazioni spesso finte e sempre ipocrite, un grosso polverone che serve a coprire una domanda che pure è legittima: ma quello a cui allude Feltri è vero o campato in aria? E se fosse vero, in che misura avrebbe influito sugli atti della Sindaca nello svolgimento del suo mandato?

A suo tempo, quando scoppiò lo scandalo Ruby, alcuni dissero che non era lecito rimestare sotto le lenzuola di Berlusconi, che si trattava di fatti privati. Non era così: quando i comportamenti di un uomo pubblico possono influenzare la sua attività di governo, i fatti privati diventano pubblici. Così è, o dovrebbe essere, anche per Virginia Raggi. Giustizia e buon senso vogliono che si evitino i classici “due pesi e due misure”. Ci riflettano quelli che, con tutte le ragioni, crocifissero l’ex-Cavaliere e ora scendono in campo a difendere quella che Feltri ha definito nel suo fondo la “Virgo potens”. Perdiamo la pessima abitudine di santificare questo o quell’esponente politico per poi, se del caso, coprirlo di fango. È successo troppe volte in Italia, alle volte in modo assai più tragico dell’attuale.

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