Cyber-security, audizione di Gentiloni al Copasir

I fatti di cronaca, spesso, costituiscono seri campanelli d’allarme per la società e le istituzioni. Crediamo non sia casuale che il premier Paolo Gentiloni, dopo il clamore sulle presunte intrusioni informatiche a danno d’indirizzi di posta elettronica eccellenti e di siti d’infrastrutture critiche perpetrate grazie al virus EyePyramid, abbia inserito tra le priorità del momento anche un’audizione al Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica guidato da Giacomo Stucchi, nella sede di Palazzo San Macuto.

E’ bene ricordare che il Comitato coinvolge nei suoi lavori i ministri di Affari Esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e Sviluppo Economico. Segretario dell’incontro è stato il direttore del Dis (Dipartimento Informazioni e Sicurezza) Alessandro Pansa. Nel prossimo mese di febbraio, è previsto il varo del Dpcm (decreto del presidente del Consiglio dei Ministri) che andrà a istituire il nuovo apparato di protezione del Parlamento e delle alte cariche dello Stato dai cyber-attacchi. Non è ancora chiaro se il documento sarà un correttivo al precedente Dpcm Monti sull’intelligence del 2013, oppure un testo autonomo teso a rifondare l’intera struttura di difesa informatica del Paese, con riorganizzazione di dipartimenti ad hoc, una più oculata ripartizione delle competenze e maggiori investimenti in tecnologia e formazione degli operatori, misure – queste – in grado di tenere il passo e fronteggiare il fenomeno dell’hackeraggio, sempre in continua evoluzione.

Stucchi ha dichiarato alla stampa come, in materia di minacce informatiche, i quattro anni trascorsi dal Dpcm Monti rappresentino “un’era geologica”. Siamo, perciò, rimasti indietro nelle relative attività di contrasto. Avocata a sé la delega sui servizi segreti che, sotto il precedente governo, era appannaggio di Marco Minniti, Gentiloni ha mostrato l’intenzione di accelerare sulla proposta di creazione di una più moderna struttura, avanzata a suo tempo da Renzi e velocemente affogata nelle polemiche della nomina – al vertice del progetto – del di lui amico Marco Carrai.

Dalla riunione del comitato, è emersa la volontà di accentrare i poteri di controllo in seno al Dis, organo di coordinamento tra le due agenzie governative deputate alla sicurezza interna (AISI) e a quella esterna (AISE). Dis e Aise saranno presto dotate ognuna, come già avvenuto all’Aisi, di un nuovo vice direttore responsabile della cyber-security; previsti, infine, maggior coinvolgimento e ruolo strategico anche per il Cisr (Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica).

Acclarata la tendenza delle organizzazioni terroristiche all’uso della rete come canale criptato di comunicazione e coordinamento, il sensibile potenziamento del settore è giudicato essenziale per l’analisi e monitoraggio degli scacchieri esteri a rischio, in cui sono presenti forti interessi italiani. Un esempio per tutti: la situazione in terra di Libia, martoriata dalla guerra civile e dalla grave instabilità politica, al centro dell’attenzione poiché sede di impianti e installazioni di nostre grandi aziende petrolifere. Storicamente legati a questo lembo di Nord Africa dal periodo del colonialismo fino alla caduta di Gheddafi, siamo tuttora i principali interlocutori occidentali dell’esecutivo d’unità nazionale presieduto da Al Serraj, l’unico riconosciuto dall’Onu. E’ notizia recente l’esplosione di un’autobomba a pochi passi dalla nostra ambasciata, appena riaperta, a Tripoli. Anche di questo si è parlato a Palazzo San Macuto.

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