Guterres all’ONU, un futuro di sfide

Il portoghese Antonio Guterres, nuovo Segretario Generale dell’ONU, prende le redini della grande Organizzazione internazionale proprio quando questa vive forse uno dei momenti più difficili della sua esistenza, nato dai numerosi  fallimenti che riguardano il conflitto in Siria.

Il 1° Gennaio, Antonio Guterres ha ufficialmente preso il comando dell’Organizzazione internazionale e la sua prima preoccupazione è quella di dare nuova vita all’Organizzazione. Primo ex Capo di Governo a dirigere le Nazioni Unite, succede a Ban Ki-moon per un mandato di cinque anni. La sua elezione unanime ha fatto nascere grandi speranze. Un ambasciatore occidentale si dispiace perché non è stata eletta una donna, ma tiene a precisare con un sorriso che “a parte questo è perfetto”. Ma le numerose e complesse crisi – Siria, Sud del Sudan, Yemen, Burundi, Corea del Nord -, la burocrazia farraginosa e un Consiglio di Sicurezza diviso lasciano a Guterres un margine di azione molto ristretto. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca il prossimo 20 Gennaio rischia di complicare ulteriormente il suo compito. Lui stesso riconosce che “il Segretario Generale non può essere padrone del Mondo” e che tutto dipende dalla buona volontà delle grandi potenze.

Nonostante tutto, dopo un Ban Ki-moon senza grandi iniziative e quasi privo di carisma, alcuni diplomatici puntano sul cambio di metodo e di personalità per “rivitalizzare” l’ONU. “Il mio più grande dispiacere lasciando il mio incarico è il proseguimento dell’incubo Siria”, ha dichiarato Ban Ki-moon. Le NU hanno assistito impotenti all’assedio da parte dell’esercito siriano dei quartieri ribelli di Aleppo, assedio appoggiato da Russia e Iran. All’ultimo secondo, una manciata di osservatori ha potuto seguire l’evacuazione di migliaia di civili.”Troppo poco, troppo tardi”, afferma un diplomatico del palazzo di vetro. In quasi sei anni di guerra, la Russia ha protetto il suo alleato siriano dalle pressioni occidentali utilizzando per sei volte il suo diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza.

Antonio Guterres eredita il dossier Siria proprio quando Mosca ha il gioco in mano e quando la riconquista della seconda città della Siria da parte di Bachar al-Assad rafforza l’impresa di Putin. Guterres dovrebbe a breve rendere pubbliche le sue idee per dare una soluzione al conflitto, proponendo un piano di pace a tutti gli effetti, ma per il momento non ha svelto nessuna delle sue carte. Anche se ha affermato di essere pronto a farsi coinvolgere personalmente, il Segretario Generale rimane evasivo: “abbiamo bisogno di più mediazione, arbitrato e diplomazia preventiva”, ripete da quando è stato eletto. Ban Ki-Moon ha già utilizzato per questo compito tre mediatori, Kofi Annan, Lakhdar Brahimi e Staffan de Mistura. I primi due hanno dato le dimissioni poco dopo aver assunto l’incarico. Stesso senso di impotenza e stessa disunione negli intenti nei confronti della guerra civile che falcidia da tre anni il Sudan del Sud. La proposta americana per imporre l’embargo sulle armi ha fallito, raccogliendo solo 7 voti a favore su 15 del Consiglio di Sicurezza. I 13.000 Caschi blu dispiegati sul territorio vengono criticati per non proteggere con efficacia i civili che si ammassano nelle basi delle Nazioni Unite. In Centrafrica, la reputazione dei soldati di pace dell’ONU è stata pesantemente intaccata dalle accuse si stupro. E come non ricordare il “Vietnam” Yemen?

Perfettamente cosciente delle critiche, Antonio Guterres ha inaugurato l’era della svolta e auspica che l’Organizzazione diventi “agile, competente ed efficiente”. “E’ tempo per le Nazioni Unite di riconoscere le sue mancanze e riformare il modo in cui funziona”, ha affermato l’ex Alto Commissario per i Rifugiati (UNHCR). Ha cominciato a mettere in atto le promesse fatte in campagna nominando tre donne, provenienti da Paesi emergenti, in posti chiave. Una di queste è la sua vice, la Ministra nigeriana per l’Ambiente Amina Mohammed. La grande incognita per Antonio Guterres è l’impatto che avrà l’accesso alla presidenza americana di Donald Trump. Quest’ultimo ha già manifestato scarsa fiducia e un certo disprezzo nei confronti delle Nazioni Unite e ha minacciato di rimettere in questione l’accordo di Parigi sul clima, uno dei maggiori successi di Ban Ki-moon. Gli Stati Uniti sono anche tra i maggiori finanziatori dell’Organizzazione, coprendone il 22% del bilancio. Possiamo anche chiederci quale effetto avrebbe sul Consiglio di Sicurezza il riavvicinamento russo-americano, tanto decantato da Trump. “Per quanto riguarda l’ONU, le cose saranno molto diverse dopo il 20 Gennaio”, ha già twittato il Presidente degli Stati Uniti eletto dopo aver cercato invano di impedire al Consiglio di adottare la risoluzione che denunciava la colonizzazione israeliana in Cisgiordania.

Le sfide da affrontare non sono poche e soprattutto non son più trascurabili. Certo è che la grande questione che coinvolge le Nazioni Unite sulla loro utilità, con questo avvicendamento riemerge con prepotenza. Ma nel bene e nel male le Nazioni Unite rappresentano il Mondo. Se esiste la grande urgenza che vengano riformate, il motivo non è perché hanno fallito, ma perché sono un bellissimo esperimento che ha bisogno di nuova linfa. Devono tornare a mostrare la vitalità intellettuale che le hanno caratterizzate 70 anni fa, nel momento della loro nascita, quando i leader mondiali hanno subordinato i loro interessi primari a una visione lungimirante del Mondo. Utopia? Troppo ottimismo? In questo momento storico forse un pizzico di sogno è quello che ci vuole per uscire dalla terribile spirale nella quale siamo entrati. Antonio Guterres è fine politico e ha dimostrato nei suoi impegni, non semplici, di essere anche un fine mediatore. Assomiglia per molti versi a Dag Hammarskjold, uno dei migliori Segretari Generali che le Nazioni Unite abbiano mai avuto. Un plus a suo favore.

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