Aleppo e il diritto di veto alle Nazioni Unite

Dopo i ripetuti veto di Mosca e di Pechino sul dossier siriano presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Francia e il Messico, appoggiati dai difensori per i Diritti Umani, cercano di limitare questa prerogativa. E’ di questo giorni l’accoglimento all’unanimità, quindi con il voto favorevole della Russia, il dispiegamento di osservatori per verificare le operazioni di evacuazione da Aleppo Est. Ma, come fa notare Alberto Negri in una delle sue tante lucide analisi sul Medio Oriente, questa risoluzione sembra più “lavare la cattiva coscienza di chi ha voluto in Siria una guerra per procura”. La tragedia di Aleppo  riporta repentinamente  sul tavolo la questione del diritto di veto all’ONU.

Dall’inizio del conflitto siriano iniziato nel 2011, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sembra paralizzato. Lo scorso 13 Dicembre, durante una riunione d’Urgenza sulla situazione ad Aleppo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha riconosciuto senza tanti giri di parole il fallimento della Comunità Internazionale. “Ci sono stati tantissimi messaggi trasmessi al Consiglio di Sicurezza delle NU riguardanti la situazione ad Aleppo”, ha detto prima di concludere con un toccante: “la Storia non ci assolverà facilmente”. All’origine dell’inazione del Consiglio, si trovano i reiterati veto della Russia e della Cina contro qualsiasi risoluzione che riguardasse la Siria. All’inizio di Dicembre, Mosca ha emesso il suo sesto veto – e Pechino il suo quinto –  per una risoluzione appoggiata da Washington, Londra e Parigi, dove si chiedeva soprattutto l’arresto dei bombardamenti sui quartieri di Aleppo e permettere così l’inizio degli aiuti. Martedì 13 Dicembre, durante la riunione d’urgenza sulla critica situazione di Aleppo, l’Ambasciatore francese alle Nazioni Unite, François Delattre ha chiesto formalmente di rivedere l’applicazione del diritto di veto che permette a un solo membro del Consiglio di Sicurezza di bloccare una risoluzione: “La tragedia di Aleppo non è dovuta al caso”, ha detto chiedendo alla sua assemblea di riflettere su questo fallimento e farne tesoro: “dobbiamo smontare quei meccanismi che hanno reso possibile questa discesa verso l’abisso”, ha precisato con un implicito riferimento alla Russia.

La riforma del diritto di veto è chiesta dalla Francai e dal Messico dal 2013, ma ha molte difficoltà ad essere portata a buon fine. Appoggiata anche dall’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e da un centinaio dei 193 Paesi membri dell’ONU, la riforma prevede che i membri permanenti – Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia e Cina – “si impegnino volontariamente e collettivamente  a non ricorrere al veto quando viene messo in luce un caso di atrocità di massa”, una sorta di gentelmen’s agreement. Caso che avrebbe potuto essere applicato alla situazione di  Aleppo Est dove i bombardamenti del Regime siriano e dei suoi alleati sui quartieri in mano ai ribelli hanno causato la morte di ben troppi civili. L’iniziativa franco-messicana non porterebbe nessun cambiamento alla Carta delle Nazioni Unite e propone che il Segretario Generale, dopo essere stato sollecitato dall’Alto Commissario per i Diritti Umani e/o 50 Stati membri, possa imporsi sul Consiglio di Sicurezza per questioni  dove si palesano crimini di massa. La strada da percorrere sembra però ancora molto lunga e piena di insidie. All’inizio di Novembre, durante una riunione dell’Assemblea Generale dedicata alla riforma del Consiglio di Sicurezza, il rappresentante russo Vladimir Safronkov ha respinto la mozione. Secondo quanto riportano le registrazioni di questo scambio di pareri, avrebbe giudicato “inaccettabile” qualsiasi limitazione delle attuali prerogative dei membri  permanenti, affermando che queste ultime permettevano proprio di arrivare al consenso. Una riforma basata unicamente su di un voto di maggioranza dell’Assemblea, ha sottolineato Safronkov, non rafforzerebbe  la legittimità del Consiglio.

L’arrivo di Antonio Guterres a capo delle Nazioni Unite potrà cambiare le carte in tavola? L’ex Primo Ministro portoghese, che prenderà il posto di Ban Ki-Moon il prossimo 1° Gennaio, ha espresso la speranza di vedere il Consiglio di Sicurezza agire in nome dell’unità e del consenso per poter rispondere “rapidamente alle terribili sfide poste dai nostri tempi”. Nell’attesa, per provare ad uscire dall’impasse sul dossier siriano. L’Organizzazione per la difesa dei Diritti Umani Human Rights Watch, che lotta per la riforma delle Nazioni Unite, chiede una sessione straordinaria dell’Assemblea Generale. “Bisogna fare in modo che l’Assemblea possa  arrivare laddove il Consiglio non può per via del blocco, creando anche un meccanismo speciale che permetta di indagare e raccogliere e preservare potenziali prove per future azioni legali e incriminazioni”, chiede il Direttore per le Nazioni Unite della ONG, Louis Charbonneau. Non sappiamo se è questa è la strada giusta, ma sicuramente il dramma di Aleppo deve far riflettere, e questa volta sul serio.

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