Le prime scelte di Trump

Aprire CNN e altri programmi USA significa sentir parlare quasi solo di Trump e delle sue prime scelte, nell’avida ricerca di capire come sarà la sua presidenza, cosa farà o non farà in rapporto al suo programma elettorale.

È normale che sia così.  Il fatto è che i segnali che giungono lasciano, a dire poco, perplessi. Alcune scelte di collaboratori confermano l’orientamento di estrema destra del neo-eletto in materia di immigrazione e politica interna. Sulla politica estera, credo che la chiave interpretativa stia, non in grandi disegni strategici, ma in considerazioni commerciali. Trump ha promesso di riportare in America milioni di posti di lavoro. Ciò implica un chiaro e spinto protezionismo e, infatti, la prima mossa annunciata finora è il ritiro dall’Accordo commerciale coi Paesi del Pacifico, che era un elemento chiave del programma di Obama di contenimento della Cina. Credo che i cinesi abbiano di che esserne soddisfatti, anche se è presumibile a breve scadenza un forte contenzioso con Washington sul commercio, se Trump attuerà la promessa di mettere un dazio del 45% sui prodotti cinesi.

Attraverso l’applicazione di un dichiarato protezionismo, il neo-Presidente potrà anche cercare di riportare in America le industrie delocalizzate, che torneranno se non avranno lo stesso accesso che hanno ora al mercato statunitense. Va da sé che un programma del genere non avrà conseguenze solo sul commercio internazionale e quindi sull’economia di molti Paesi. SI tratta di uno sconvolgimento profondo di una politica seguita (e predicata) dagli Stati Uniti dalla fine della guerra e costantemente seguita. Se applicato puntualmente, assieme a una spinta isolazionista che porti alla revisione di impegni consolidati in Asia, molti Paesi di quell’area saranno spinti ad avvicinarsi alla Cina. Probabilmente questo a Trump, uomo d’affari pragmatico avanti tutto, la cosa non preoccupa. Egualmente per quanto riguarda Europa Orientale e Medio Oriente. La mano tesa a Putin (confermata dalla nomina di un Consigliere per la Sicurezza Nazionale amico dello zar russo) conferma che Trump ha in mente di svincolare gli Stati Uniti dagli impegni diretti e concordare con Mosca una sorta di pacifico condominio. Reggerà la NATO a questa linea? Ricordiamolo: la NATO è una creazione americana, che ha vissuto e funzionato per 68 anni grazie alla guida americana. Se questa scompare o si appanna, l’Alleanza nella sua forma attuale ha poco senso. Grande vantaggio per la Russia, ma come reagiranno Polonia, Romania, Baltici?

Per quanto riguarda in particolare l’Europa,le prime mosse mostrano un Presidente aperto alle pulsioni anti-integrazione. L’aver ricevuto Nigel Farage, con in più l’incredibile gaffe di suggerirne la nomina ad Ambasciatore inglese a Washington, è un segno grave.

Tutto  questo contrasta con 70 anni di politica americana, sotto ogni amministrazione. Naturalmente, tutte queste sono supposizioni  basate sulle parole di Trump durante la campagna.  Nella pratica, molti aspetti andranno aggiustandosi. Un primo indizio sarà dato dalla scelta del Segretario di Stato. Va inoltre considerato che, in materia di trattati internazionali, il Presidente dipende molto dall’approvazione del Congresso e soprattutto del Senato. È vero che i repubblicani hanno la maggioranza, ma molti di essi appartengono all’ala moderata e tradizionalista. È da sperare che da quella parte vengano posti freni e limiti alla scatenata irresponsabilità di un populista.

Tutto però consiglia, anzi obbliga, gli europei a serrare le fila e trovare insieme la strada di una maggiore autonomia militare e politica. Remare contro è fare un grave danno a noi stessi e al futuro dei nostri figli.

©Futuro Europa®

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