Trump e Putin

Dalla maniera in cui si è svolto l’incontro Obama-Trump alla Casa Bianca, civilizzata e cortese, viene senza dubbio un segnale positivo, ma certo insufficiente a dissipare tutti gli spettri che si agitano nell’aria. Le manifestazioni scoppiate in alcune città contro il neo-Presidente sono pateticamente inutili, ma dimostrano la frustrazione e l’angoscia di tanti. A Trump deve essere stato consigliato (o se n’è accorto da solo?) che doveva in questo momento mostrarsi rassicurante e l’ha fatto. Quanto a Obama, niente di strano, per chi conosce un po’ i costumi e lo stile della democrazia americana. Uscire dalla scena con eleganza, mostrarsi disponibile ad aiutare il nemico vincente, fanno parte di questo stile. Che altro poteva fare?

Ma i problemi restano tutti, interni ed esterni. All’interno, è evidente che la nuova Amministrazione, assecondata dal Congresso, dovrà correggere l’Obama-care. È chiaro che dovrà tornare indietro sulla politica delle energie verdi e puntare su petrolio e carbone, anche se sono inquinanti. È chiaro che la politica dell’immigrazione e (speriamo) della sicurezza si farà più rigida. E così di seguito.

Quanto ai rapporti internazionali, il panorama è per ora completamente nebbioso. Trump nella sua campagna ha detto molte cose, alcune contraddittorie, ma un punto mi è parso emergere con una certa chiarezza: la tendenza neo-isolazionista, dopo 70 anni di attiva presenza americana nei problemi del mondo. Per questo Putin non nasconde la sua soddisfazione. Meno presenza degli Stati Uniti significa maggior spazio per la Russia, in Europa e nel Medio Oriente. Sulla carta, ha quindi ragione di contentezza. Come andranno le cose nella realtà, si vedrà.

Secondo analisti di solito acuti, Putin dovrebbe avere qualche motivo di preoccupazione o, almeno, di prudenza. Tutte le mosse espansive fatte dal 2008 in poi sono state possibili per l’atteggiamento autocontrollato di un Presidente americano desideroso di evitare nuovi conflitti e attento a evitare anche pericolose escalation verbali.

Ma Trump è un’altra cosa: il suo stile è polemico, aggressivo, non alieno al confronto diretto. Non sappiamo ancora se è anche capace di gesti impulsivi. Ha una concezione sua delle relazioni mondiali? Pensa di sostenere, magari rivisitate, le vecchie strutture che permettono – e obbligano – gli Stati Uniti ad essere presenti dappertutto come “gendarmi del mondo” o intende concentrarsi sulla potenza militare americana tagliando impegni periferici? Nei confronti della Russia, prevarrà l’intento di stabilire una sorta di accordo condominiale o l’impulso a riaffermare il primato americano? Non lo sappiamo. Solo il futuro lo dirà. Speriamo non sarà a danno di questa fragile Europa nella quale ci tocca di vivere.

©Futuro Europa®

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