Downing Street, Theresa May alla gestione del Brexit

Corsi e ricorsi storici: dal 1990, dopo l’uscita di scena della Lady di ferro Margareth Thatcher, nessun’altra donna aveva varcato la soglia della residenza del Primo ministro, al numero 10 di Downing Street. Lo fa Theresa May, dopo un quarto di secolo, cinquantanovenne, ministro dell’Interno del governo uscente, con la benedizione dell’ex premier Cameron, dai più riconosciuto come l’artefice – suo malgrado – della propria caduta e dell’Out del Regno Unito dall’Unione Europea.

La May accede alle leve di comando in Gran Bretagna dopo il ritiro della candidata avversaria Andrea Leadsom, titolare del ministero per l’Energia e, fino a qualche giorno addietro, in lizza per la leadership dei Tories. Una volta alla testa dei conservatori e conseguita automaticamente la premiership, la nuova Signora  della politica britannica s’insedia, dunque, in capo al governo con abbondante anticipo rispetto al 9 settembre, data inizialmente prevista per decretare il vincitore delle primarie del partito e per procedere all’avvicendamento con David Cameron.

All’interno dei conservatori, la neo premier figurava nello schieramento del Remain; tuttavia, come dichiarato dalla stessa antagonista Leadsom, che – dopo una gaffe all’indirizzo della diretta avversaria – ha fatto un passo indietro con la giustificazione dell’impellenza di una nuova guida in grado di traghettare il Paese al di fuori delle burrascose acque del Brexit, la May si adeguerà al responso referendario e si adopererà per “realizzare la volontà degli elettori di uscire dall’Europa”.

Mentre le borse – nell’immediato, scosse dal risultato della consultazione popolare – sembrano riprendere fiducia, è indubbio che il terremoto Brexit abbia seminato cadaveri soprattutto sul terreno della politica: Cameron a parte, ci rimette le penne il collega Boris Johnson, principale sostenitore dell’Out,  “tradito” dall’ex fido alleato Michael Gove, trasformatosi nel detrattore che lo ha bollato come inadeguato al ruolo di capo dell’esecutivo; abbandona per presunto appagamento Nigel Farage, leader del partito anti-europeista Ukip, il quale, dopo la soddisfazione del Leave, ha optato per un “cincinnatesco” ritorno alla vita privata. Soffiano venti tempestosi anche tra i Labours, dove la deputata Angela Eagle ha lanciato un guanto di sfida a Jeremy Corbyn, per contendergli il ruolo di vertice del partito.

Protagoniste della politica d’Oltre Manica, quindi, le quote rosa. Dal canto suo, la May, dipinta come una sintesi tra la Thatcher e la cancelliera Merkel, esprime con determinazione e ambizione quanto la sua gestione dell’attuale e complesso passaggio storico perseguirà l’obiettivo di convertire l’instabilità post-Brexit in grande opportunità di successo. Nel suo programma, sono contemplati: leadership forte per negoziare il più vantaggioso accordo d’uscita con l’UE e riconquistare posizioni di primato nel mondo; mantenimento dell’unità del Paese, per contrastare eventuali iniziative separatiste innescate dall’esito referendario; massima attenzione alle esigenze del cittadino per la costruzione di una Gran Bretagna migliore.

Idee chiare e con quel pizzico di retorica che non guasta mai. Con tanti auguri da parte nostra, Lady May.

©Futuro Europa®

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