Olimpiadi, l’Atletica russa esclusa per doping

La decisione, salvo che per motivazioni politiche, non ha precedenti e giunge a conferma della pendente squalifica della IAAF (la Federazione Internazionale di Atletica Leggera): il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) decreta, senza ripensamenti, l’esclusione dai Giochi Olimpici di Rio, edizione 2016, ormai alle porte, della Federatletica russa (ARAF). Il caso fa seguito a un report del novembre dello scorso anno, redatto dalla WADA, l’agenzia mondiale anti-doping, sulla diffusa pratica di somministrazione di sostanze proibite, riconducibile – stante l’esito dell’inchiesta – a una precisa connivenza e volontà da parte degli organi centrali russi. Doping di Stato, dunque, che non nobilita l’immagine dello sport di quel Paese, già macchiato in questi giorni, più che dalle scarse prestazioni della nazionale di calcio a Euro 2016, dagli ignobili atti di vandalismo della propria tifoseria.

Nel dossier della Wada, s’è parlato di laboratori clandestini, di test contraffatti, d’ipotetiche interferenze dei servizi segreti del Cremlino, d’insabbiamenti alla vigilia dei Mondiali di atletica del 2013 orchestrati da Lamine Diack – allora al vertice della stessa IAAF – su posizioni dubbie di atleti in seno alla spedizione russa. Accuse gravi, che hanno innescato una rottura diplomatica tra Putin e il resto dell’atletica mondiale. La Russia schiera una delle squadre più forti del pianeta e lo “Zar” ha più volte accennato a tentativi esterni di ripristinare atmosfere da Guerra Fredda, anche sul fronte sportivo. C’è da dire, però, che la piccata iniziale reazione di Mosca, inneggiante al complotto, si sia andata via via ammorbidendo, tanto che, per salvare il salvabile, oggi si chiede almeno di non danneggiare gli atleti risultati negativi alle analisi, evitando così di gettare fango sull’intero movimento sportivo nazionale.

Purtroppo, dalle ultime e recenti integrazioni al rapporto, sembrerebbe che la situazione all’interno dell’ARAF non abbia subito le trasformazioni attese: diversi atleti continuano a sottrarsi ai controlli, a rendersi irreperibili dopo le gare e a inquinare i test, scambiando campioni di urina con provette “pulite”.

Tuttavia, nel summit di Losanna, il CIO, presieduto da Thomas Bach, pur precludendo la partecipazione ai giochi sotto la bandiera nazionale, ha mantenuto un corridoio aperto per non esacerbare gli animi e ha concesso una sorta di wild card a chi, dopo essersi sottoposto individualmente a rigorosi controlli, dimostrerà la propria idoneità a gareggiare, naturalmente in forma “neutra” e a titolo personale. Il niet dell’organo olimpico, pronunciato anche nei confronti della federazione keniota, riguarda solo l’atletica leggera e non le altre 27 federazioni sportive russe.

Dal canto suo, l’ARAF, come dichiarato dal segretario generale Mikhail Butov, prepara un ricorso al Tribunale Arbitrale Sportivo (TAS), negando che vi siano all’orizzonte iniziative per boicottare i Giochi. Semplicemente, come emerge da una nota della Duma, si vuol difendere il principio in base al quale la responsabilità sul doping riguarda il singolo individuo e non può essere collettivamente estesa a tutto il team, includendo anche chi non ha infranto le regole.

Fra gli acerrimi sostenitori dell’esclusione dell’atletica russa da Rio, si sono distinti i tedeschi, sempre pronti, per irritante predisposizione genetica, a scagliarsi con teutonico rigore contro chi viola i regolamenti, dimenticando puntualmente, con la medesima memoria corta mostrata in ben altri ambiti, che sono stati dei precursori nell’uso della chimica per l’illecito potenziamento degli atleti e della loro resa sportiva. Qui, nessuno s’è scordato di certe nuotatrici della Germania Est, imbottite di ormoni, con spalle e voce da uomo.

Il numero uno della IAAF, l’inglese Sebastian Coe ribadisce che, in ogni caso, l’ultima parola sulla questione spetta all’organismo da lui presieduto e che la tolleranza zero è l’unico argine contro la diffusione massiccia di un germe virulento come il doping. Rio è dietro l’angolo, sarebbe un peccato assistere a un’edizione olimpica orfana di nomi eccellenti, ma anche noi crediamo che lo sport possa tranquillamente fare a meno di chi bara.

©Futuro Europa®

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