Strage di Orlando, novità sul profilo del killer

Omar Mateen, 29 anni, cittadino statunitense di origini afghane, sarà ricordato per essersi macchiato dell’orrenda strage di 49 persone  al gay club “Pulse” di Orlando, in Florida. In prima battuta, il massacro è sembrato attribuibile a un atto di matrice terroristica, compiuto in nome dell’Isis; l’uomo, infatti, auto radicalizzatosi sul web, già in precedenza  era stato monitorato dall’FBI, nel 2013 e 2014, poiché sospettato di essere simpatizzante del Califfato. Gli esiti privi di rilevanza delle indagini non avevano precluso il proseguimento della sua attività lavorativa da agente della sicurezza, cosa che gli avrebbe consentito di acquistare legalmente il fucile d’assalto AR 15 Bushmaster, impiegato per portare a termine il folle piano. E’ stato riscontrato come questo tipo d’arma sia il preferito dagli “stragisti” americani: lo ritroviamo nell’attacco terroristico di San Bernardino, in California, e, a ritroso, nel massacro del cinema Aurora, in Colorado, e della scuola elementare di Newton, in Connecticut.

Tuttavia, le motivazioni che hanno spinto all’insano gesto Mateen, abbattuto dalla polizia nel corso dell’assalto, potrebbero avere radici più profonde rispetto all’adesione allo jihadismo; forse, sono state dettate anche da un tormento interiore e uno stato di frustrazione mentale, dovuti alla non accettazione della propria presunta omosessualità. Emergono numerose testimonianze sulle frequentazioni di circuiti gay da parte del killer, compresa la discoteca oggetto della spedizione punitiva, sulle chat per soli uomini a cui era iscritto e sui tentativi molesti di approccio sessuale di cui si era reso protagonista.

L’ambiente familiare, in particolare la figura del padre, vicino a quell’islamismo fondamentalista con forti connotazioni omofobe, ha probabilmente amplificato la frattura esistente nella psiche di Mateen, tanto da non potersi reputare peregrina l’ipotesi che egli abbia intravisto, nell’atto “redentivo” di scagliarsi contro la comunità di chi riteneva responsabile della sua corruzione morale, una definitiva soluzione al problema.

Dalla descrizione delle precedenti due mogli, di cui l’ultima – al corrente delle sue intenzioni criminali – sotto indagine per accertamenti, prende corpo l’immagine di un uomo violento, psicologicamente fragile e instabile, incapace di controllare le pulsioni omosessuali e, per questo, dileggiato e disprezzato dal padre. Il genitore, dal canto suo, respinge l’idea di un’azione terroristica pro Isis del figlio e dichiara, dolore a parte per le famiglie delle vittime, con molta ipocrisia, quanto Omar, prima dell’incursione al Pulse, fosse profondamente arrabbiato per aver visto due uomini baciarsi in pubblico.

La nostra opinione è che l’incontro-scontro tra il disagio personale per un’omosessualità nascosta e malvissuta, il background familiare rigido e critico verso il “libertinismo” occidentale e l’abbracciata ideologia dell’estremismo islamico abbia innescato la miccia che ha fatto esplodere la furia omicida del giovane.

D’altra parte, gli Stati Uniti vantano il primo posto al mondo per capacità di partorire menti disturbate e ossessionate, in grado di compiere stragi in trance da video-game o guidate da insondabili voci nella testa. Questi lupi solitari sono termometro e sintomo delle anomalie disfunzionali – quali l’emarginazione e l’alienazione – di cui soffre la società americana.

In questo quadro preoccupante, è ancor più inspiegabile, se non per bieche ragioni di profitto da parte delle potenti lobby dei produttori di armi, la facilità con cui il cittadino americano possa procurarsi legalmente pistole e fucili, anche di tipo pesante, le cui capacità offensive travalicano abbondantemente i confini del concetto di auto difesa. Purtroppo, il quesito su una rigorosa stretta alla libera circolazione delle armi da fuoco nel Paese si pone – a  livello pubblico e politico – a ogni strage, lasciando puntualmente una collettività divisa e senza risposte.

©Futuro Europa®

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