Non c’è più poesia

«Leggo una notiziola che racconta del re del porno online, tale Fabian Thylmann, che sembra sia intenzionato a cedere il suo impero a un gruppo di manager. Parliamo del sito You Porn, una specie di macchina macina soldi online dove tutti gli zozzoni e le zozzone del pianeta possono trovare soddisfazione ai loro desideri.

“Per me e mia moglie è una delle decisioni più difficili della nostra vita”, ha scritto Thylmann in una lettera ai dipendenti. Secondo indiscrezioni, il prezzo di vendita si aggirerebbe intorno ai cento milioni di dollari. Adesso mi piacerebbe sentire voci tipo: ma cos’è You Porn? Nel 2012 questo sito ha totalizzato quasi 4 miliardi e 800.000 visite. Come dire una folla; forse solo mia madre, la sua amica centenaria e una serie di nonne che conosco non sanno di cosa si tratti. Da una parte il mio animo romantico inorridisce di fronte alla mercificazione dell’amore, dall’altra il mio animo imprenditoriale plaude con invidia a un’idea così banale, un’impresa basata sulla debolezza umana, sulla ricerca del piacere, tutto e subito magari strano, magari stranissimo.

E lui non ha fatto altro che guadagnarci sopra. D’altra parte il business legato al sesso è l’unico che non conosce crisi. Però va specificato che il boom lo conoscono i porno shop, più che le prostitute. Anzi ho letto che in una zona geografica della nostra bella Italia, un sito che prometteva incontri e massaggi con avvenenti ragazze, ha recentemente messo la vetrina dei saldi. Ma non nel senso della vecchia barzelletta che parlava del tariffario deciso in base all’età, ma nel senso di saldi per tutte. E allora “venghino signori, tutto compreso a 50 euro anziché 100”.

Ho anche scoperto, leggendo qua e là, che l’articolo più venduto nei porno shop sono le manette. Di ogni materiale e foggia; di metallo tipo poliziotto e ladra, di piume tipo poliziotto e ladro, di caramelle tipo nonno e nipote oppure – udite udite – masticabili, consigliata anche dalla Weight Watch, con pochi grassi, solo sulle maniglie dell’amore.

E così è, siamo nell’epoca “dell’osiamo, del proviamo, del testiamo”, del tutto meglio se subito. Ora invece di corteggiare una donna le si chiede al primo appuntamento se le piace essere legata; oppure magari a cena la si porta in un club privè, per vedere la reazione. E’ finito il romanticismo, macinato dalla mostruosa macchina da guerra dei siti web; non c’è più l’attesa del prossimo appuntamento perché già si sa quello che succederà, lui o lei l’avranno postato sulla bacheca di Facebook. La nostra vita intima è ormai dotata di localizzatore, un essere infame che non ci permette nemmeno più di mentire per amore; insomma non c’è poesia, non c’è più sorpresa.

Abbiamo tutti un lento e inesorabile calo del desiderio; una disfunzione silente da cui potremmo uscire solo con la normalità. Ma è roba fuori moda, non si può comprare con Pay Pal.»

©Futuro Europa®

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1 Commento per "Non c’è più poesia"

  1. Eleonora de Feo | 21 Ottobre 2013 a 16:17:01 | Rispondi

    ho letto con attenzione, sai Elvira?
    temevo che la cessione Thylmann a un “gruppo di manager” fosse correlata alla richiesta, da un attrice porno italiana, di avere come partner il quasi nobel e mai troppo lodato… Brunetta.sic(!)
    Il che sembrerebbe una boutade ma potrebbe avere radici concrete se si mette in correlazione l’arresto di Thylmann con estradizione in Germania per sospetta truffa fiscale e le proditorie capacità analitico finanziarie del su citato … manager.
    Per il resto, la Tua analisi è poeticamente centrata sul dilemma del come recuperare “sensibilità ai sensi” ormai ottusi dall’iperbolca addizione di sollecitazioni che hanno prodotto stress di reattività. Lo stesso Verdone, anni fa,trattò le conseguenze del ” o famo strano” quando vengono poco filtrate, in una certa maniera subite come tendenza per essere à la page e la raffinatezza resta un approdo dopo una navigazione in acque agitate da Cultura, Riflessione, Scelte che non basta scimmiottare per trarne piacere.
    La mia solita ola al Tuo grazioso modo di sbuffare contro la mediocre pressapochezza ormai endemica.

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