Decreto Pompei, era ora!

Il 3 ottobre è stato approvato che il decreto Valore Cultura (91/2013) divenga legge, appena pochi giorni prima della sua scadenza (8 ottobre). Il primo dei tre capi riguarda Pompei per la quale è stato ideato un importante programma, appunto il Grande Progetto Pompei.

Prima di tutto, i siti archeologici interessati dalla tutela dell’UNESCO di Pompei, Ercolano, Stabia e Torre Annunziata faranno a capo a una Soprintendenza Speciale del tutto autonoma da quella di Napoli e Caserta. Questa buona novella è balsamo corroborante per innovare e dare sostanza al mondo culturale italiano, svincolandosi da una macchina troppo grande e rallentata.

Verrà nominato un direttore generale di progetto con il ruolo di provvedere affinché tempestivamente ed efficacemente siano condotti la gara per l’affidamento dei lavori e l’appalto dei servizi e delle forniture dei materiali, e ovviamente seguire l’attuazione e l’esecuzione dei contratti firmati. Da parte del Ministro Massimo Bray su consenso delle Camere, verrà nominato un professionista proveniente dalla Pubblica Amministrazione, affiancato dal vicedirettore generale vicario, cooresponsabile del piano.

Idee decisive per la creazione dell’Unità Grande Pompei mireranno alla sicurezza, al restauro e alla valorizzazione, triade sacra. Attraverso la cultura, si dovrà aumentare l’attrattività sul piano turistico. Lo Stato farà così sentire la propria presenza come caposaldo, non più componente accessoria.  Bray crede difatti nella «cultura come valore, come collante di una società».

Il voto del provvedimento, approvato a larga maggioranza, ha visto il voto di SEL e l’astensione del Movimento 5 Stelle e ha registrato 323 voti favorevoli, 69 astenuti e 17 contrari della Lega presso la Camera dei Deputati. Il Massimo Bray della cultura al primo posto, ora orgoglioso, vuole infatti che Pompei sia «l’esempio più chiaro e trasparente di come il Mezzogiorno d’Italia può essere l’esempio positivo del Paese».

Valore Cultura porta con sé la parola ripresa, termine dall’evidente connotazione economica, ed è legato agli impegni presi con l’Europa. L’Italia deve dimostrare di valere e dimostrare le proprie competenze per poter finalmente ricevere l’etichetta affidabile. Fare sistema è il metodo per provare a conformarsi ai livelli spread, senza mai essere abbandonati dalla chimera della spending review.

Del resto si tratta di fondi stanziati che stavano per decadere, insomma soldi. L’onta dell’acronimo PIGS, da cui liberarsi, appare quasi come vendetta che spara a zero, in ricordo delle disonorevoli passate  condizioni e riparazioni di guerra un tempo imposte alla Germania. Alla stregua dell’impossibile da scucire scudo di David (agli antipodi per una questione di norma religiosa), PIGS risuona solo come ingordi e scialacquatori maiali, porcelli.

L’aver varato la legge e quanto da essa previsto non sono altro che un lavoro parziale. Le critiche mosse, in particolare dell’ex-Sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi, si riferiscono all’argomento parlando di interventi a pioggia concepiti sommariamente e in extremis, presenti inoltre solo su carta.

Questa non sarebbe dunque la tabella dettagliata tanto sognata, in particolare in merito all’occupazione culturale giovanile (l’unico e irrisorio Fondo Mille Giovani per la Cultura 2014). Ad ogni modo, sono da riconoscere l’impegno e l’entusiasmo del nuovo Ministro MiBAC che afferma che «l’Italia è cultura». Bisogna dunque tornare ad andare forte sul nostro unico patrimonio annoverato. Il deposito fiduciario è presente: che la politica delle parole si tramuti in politica del fare.

©Futuro Europa®

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1 Commento per "Decreto Pompei, era ora!"

  1. Su Pompei posso parlare con competenza. Non è giusto dare in affitto gli Scavi a nessuno, perché il patrimonio è delicatissimo e con un recupero in corso. Abbiamo invitato Papa Francesco a Pompei e, se visiterà gli Scavi, sarà il secondo Papa della storia dopo Pio IX.

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