Rassegna stampa estera

Questa settimana siamo stati colpiti da una serie di “storie” trovate sui media internazionali che pur non dando un vero e proprio “giudizio” sul nostro Paese, portando alla riflessione. Toccano problematiche che spesso e volentieri cerchiamo di “dimenticare”, perché scomode e di difficile soluzione: criminalità organizzata, infanzia rubata, libertà di espressione,migranti (di lusso e non), carceri, razzismo.

Eric Joszef ha pubblicato su Libération la toccante testimonianza di un bambino di 11 anni, figlio di un boss della Ndrangheta, diventato ufficiosamente “pentito”. Infanzia rubata e crimine organizzato: due grandi mali del sud. “Non ha ancora ufficialmente lo status di pentito, ma vive sotto scorta, ha cambiato identità e messo in difficoltà uno dei più potenti clan della Ndrangheta, la criminalità organizzata calabrese, radicata nel sud dell’Italia. Ha appena 11 anni il figlio del boss di San Ferdinando, Gregorio Malvaso, ed è il più giovane collaboratore di giustizia della storia della lotta contro la ‘Piovra’. Il vero nome del ragazzino non è stato comunicato alla stampa. Ma il sostituto procuratore di Reggio Calabria, Giulia Pantano, ha confermato che la sua testimonianza è stata presa molto sul serio e che le sue dichiarazioni potrebbero essere determinanti ai fini dell’inchiesta.” Il bambino ha fatto nomi e cognomi, disegnato organigrammi precisi indicando il ruolo di ciascun membro, rivelato storie di armi e droga dando, con disarmante ingenuità, informazioni più che preziose. Forse ad aver agito con disarmante ingenuità è stato Malvaso stesso, che, credendo di instradare il figlio nella sua scia e diventare erede di un impero del male lo ha portato con lui ovunque, sin dalla più tenera età. Viene da chiedersi, per un piccolo “eroe” quanti bambini non hanno il coraggio di parlare e quanti di loro manderanno avanti questo mondo sommerso?

Una brutta sensazione lascia il commento letto su RTBF riguardo all’affaire Mondadori-RCS Libri. “Il riacquisto da parte della famiglia dell’ex capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, della filiale libri dell’editore del Corriere della Sera, farà nascere un gigante dell’editoria, una prospettiva che seduce il mercati ma preoccupa alcun autori”. Spiegano più avanti nell’articolo che “questo nuovo gigante rappresenterebbe il 40% del mercato, una forza senza eguali in Europa, e un quarto del mercato dei libri scolastici (…) Lo scorso febbraio, all’apertura dei negoziati tra i due gruppi, una cinquantina di autori, tra i quali Umberto Eco, avevano pubblicato un appello che doveva suonare come un campanello d’allarme nei confronti di questo matrimonio.” Nell’appello si faceva riferimento al potere contrattuale enorme che tale colosso avrebbe avuto sugli autori, al suo dominio nelle librerie, alla lenta agonia dei piccoli editori e alla ridicola prevedibilità dell’esito dei premi letterari.  “Oggi le reazioni alla conferma della nascita di quello che la stampa ha spontaneamente battezzato ‘Mondazzoli’ sono state più ovattate” e se per Sandro Veronesi (il cui editore è Bompiani, ndr) si tratta di un “grave errore” e di “una speculazione”, Andrea de Carlo (anche lui edito da Bompiani, ndr), firmatario a suo tempo dell’appello di febbraio, riconosce aver cambiato parere, parere che mantiene la sua valenza negativa: “RCS non era propriamente un piccolo gruppo indipendente. Ciò che è avvenuto è che un ‘mostro’ ha acquistato un altro ‘mostro’. Per quello che mi riguarda non cambierà molto”. A noi rimane il dubbio: siamo  veramente liberi di esprimerci?

Ci sono poi una serie di “storie” legate in qualche modo all’immigrazione. Se, dall’Europa guardano con sospetto la nostra organizzazione degli hotspots come riportano diversi media (soprattutto asiatici) che parlano di “uso della forza nel prendere le impronte se necessario” (Daily News Sri Lanka) e di “difficoltà” già riscontrate nella fase sperimentale in atto da un paio di settimane a Pozzallo (Malay Mail), Lara Jakes di Foreign Policy, riporta i riflettori sul problema delle nostre carceri. Cosa c’entrano i migranti? La Giornalista fa notare che “se il trend del passato prosegue, con l’ondata di migranti arrivati in Italia quest’anno si avrà un inevitabile effetto collaterale: un aumento previsto di detenuti nelle carceri già sovraffollate del Paese. Questo spinge Roma a cercare ulteriori alternative alla carcerazione – soprattutto se questo servirà anche a fugare i rischi di radicalizzazione tra i nuovo prigionieri”. In effetti come fa notare il Ministro Orlando si tratta di un equilibrio “delicato” perché nessun Governo vuole mostrarsi tenero nei confronti della criminalità o irriverente con le vittime. “Ma l’Italia può avere poco margine di scelta se si vuole lasciar lontani i prigionieri musulmani dalla tentazione di cadere preda del proselitismo degli estremisti”. Mettere tutti in carcere crea il rischio di mettere su un brodo primordiale di possibili futuri terroristi facilmente adescabili dai pesci più grossi. Ricorda la Jakes che “l’Italia gestisce il sistema carcerario più sovraffollato d’Europa (…) 25% dei detenuti sono stranieri. Oggi il problema migranti si lega sempre più a quello delle carceri mal funzionanti. “Fino ad oggi la popolazione carceraria italiana non ha iniziato a riflettere sulla crisi dei migranti”, ma la situazione si fa sempre più importante e inderogabile.

Legato all’immigrazione il problema del razzismo. Abdoul Aziz per il senegalese Senego, riporta alla memoria l’omicidio di Mor Seye, un senegalese di 46 anni ucciso un mese fa sulla spiaggia di Casalborsetti e che finalmente oggi, dopo più di un mese dall’autopsia, torna a casa. Il titolo dell’articolo è molto crudo ma eloquente: Le spoglie di Mor Sèye, ucciso in Italia da un razzista, attese oggi. Dice tante verità Aziz che riporta i malumori e i timori della comunità senegalese in Italia. “L’inchiesta non convince i senegalesi d’Italia. Questi ultimi temono un insabbiamento della storia. Gli omicidi dei senegalesi all’estero non vengono mai chiariti e questo caso non farà eccezione.”  L’inchiesta è a un punto fermo, non si è ritrovata l’arma né il movente, la sola cosa che si sa è che Sèye è morto sulla sua tavola da surf mentre faceva colazione. Non giudichiamo il fatto, ma ci preoccupiamo dei termini utilizzati: Italia, razzismo, omicidio.

Ultima storia curiosa. L’Italia oggi ha un rifugiato/espatriato illustre in più. Bilal Erdogan, figlio del più conosciuto Recep Tayyip, si è trasferito con moglie e figli a Bologna, ha anche chiesto al nostro Governo la scorta. Ufficialmente, da quanto riporta Today Szaman, per continuare il suo Ph.D. alla prestigiosa Johns Hopkins School for Advanced International Studies, ma secondo fonti ufficiose riprese dal Cumhuriyet Daily, Bilal Erdogan ha preso la decisione dopo le elezioni dello scorso giugno e dopo che l’AKP ha perso la maggioranza in Parlamento. Ricorda il Today Szaman che Erdogan jr è stato uno dei primi sospettati nel grande scandalo di corruzione scoppiato in Turchia nel dicembre del 2013. I detrattori del Presidente hanno già resa pubblica l’idea che si sono fatti su questa improvvisa voglia di cultura. “Bilal è stato fatto allontanare in attesa dei risultati delle prossime elezioni (1° novembre), da lì si deciderà del suo futuro”. Sembra, sempre secondo il Today Szaman, che sia arrivato nel nostro Paese con grandi somme di denaro.

Eric Jozsef, Un Calabrais de 11 ans met la mafia sur la braise, Libération, 29 Settembre 2015; AFP per RTBF.be, Italie: Berlusconi crée un géant de l’édition, inquiétude parmi les auteurs, 5 Ottobre 2015; NDTV per Daily News,Italy says hotspots to focus on finger printing migrants, 2 Ottobre 2015; AFP per Malay Mail, Migrant crisis: Italy prepares ‘hotsposts’ amid doubts over EU plan, 2 Ottobre 2015; Lara Jakes, Italy’s Prison Population Offers Insight Into Migrants Trends, Foreign Policy, 5 Ottobre 2015; Abdoul Aziz, Les dépouilles de Mor Sèye, tué en Italie par un raciste attendue aujourd’hui, Senego, 6 Ottobre 2015; Todays Szaman, Report: President Erdogan’s son has settled in Italy with his family, 6 Ottobre 2015.

©Futuro Europa®

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