Dramma immigrazione, occorre un dibattito parlamentare

L’immigrazione è una dramma umano, politico e sociale che andrebbe trattato con serietà e buon senso. Non vedo molto dell’una e dell’altro nel dibattito in corso fra “buonisti “ e “duri”: la Chiesa, da una parte, e la Lega salviniana, a cui ora si è aggiunto il berciante Grillo, dall’altra. Invece di discutere con realismo, sulla base dei numeri, da una parte e dall’altra si fa sensazionalismo, emotività, enunciando a raffica tesi partigiane lontane dalla realtà possibile. Spesso, poi, in modo non reciprocamente rispettoso. Mons. Galantino,  portavoce dei Vescovi, chiama Salvini e Grillo “piazzisti da quattro soldi”. Salvini si chiede maliziosamente se la Chiesa, dagli immigrati “ci guadagna”. È l’eterna rissa da bottega, in cui non impiorta cercare di comprendere le ragioni dell’altro, ma solo gridare più forte per cercare di imporre così la ragione propria, o perlomeno di farsi applaudire dal proprio rispettivo pubblico.

Eppure, su questo tema è vitale che si discuta e ci si confronti, anche in modo polemico, ma civilmente e partendo da tre principi egualmente importanti. Il primo: chi sostiene una tesi, per ragioni che si possono discutere all’infinito, non lo fa (necessariamente) per promuovere qualche oscuro interesse proprio; il secondo: non è da cristiani, e neppure da paese civile, e non è neppure sempre possibile per le norme internazionali, applicare rimedi sbrigativi e  grotteschi come il respingimento indeterminato o peggio; il terzo: i numeri mostrano che si tratta di un fenomeno grave e che non accenna a finire e che le nostre strutture di accoglienza sono all’estremo delle loro possibilità. Chiedere il pugno duro comunque e con tutti è un’insensatezza. Ma, con tutto il rispetto che sento per Papa Francesco, sostenere che respingere gli immigranti è “un atto di guerra” è dire una cosa egualmente sbagliata. Ci sono limiti ragionevoli a quello che si può chiedere a un Pese di fare nella sua opera di pur doveroso soccorso dei più deboli e poveri: sono limiti obiettivi, che è impossibile definire a priori in modo matematico, ma vanno pur sempre ricercati e definiti, con realismo e buon senso, e poi rispettati e fatti rispettare. Altri Paesi ci sono riusciti; perché da noi il più semplice dettato della ragione deve sempre parere un’eresia?

Chiariamolo ancora una volta: non si tratta di affondare i barconi in mare o altra follia del genere. SI tratta di stabilire, da soli o assieme ai nostri partner europei, quali sono i limiti ragionevoli di capieza di nuovi arrivati e ad essi attenersi, respingendo chi, per sua sfortuna ma non per nostra colpa, è di troppo. Altri paesi  lo fanno. Lo fa la Svizzera, per volontà popolare espressa in una consultazione referendaria. Lo fa la Germania. Possiamo criticarne il supposto egoismo, ma in questa materia il principio etico deve conciliarsi con le reali possibilità. La Chiesa segue un dettato morale e religioso che va rispettato, ma non può imporre a un Paese laico la sua politica in questa come in altre materie. E il dovere  primario di chi governa è di provvedere innanzitutto alla comunità che rappresenta, al suo popolo, alla sua gente.

Lo Stato ha dimostrato di non essere né  indifferenti né assente, chiunque abbia governato in questi difficili anni, anche se è di moda accusarlo di tutti i mali. Rivendichiamo con orgoglio il lavoro quotidiano e straordinario della nostra Marina Militare, che ha salvato fino ad oggi migliaia di persone: salutiamo lo sforzo, difficile e talvolta persino pericoloso, di tanti che lavorano nelle strutture di accoglienza. Riconosciamo che il Ministero dell’Interno ha compiuto con efficacia il suo compito, se è vero che quasi la metà degli immigrati di questi ultimi anni è stata rimpatriata. E, infine, accettiamo il fatto che la “matrigna Europa” cara alle polemiche di certi omuncoli, ha finito con il comprendere che il problema è un problema di tutti, e che l’azione decisa del nostro Governo a Bruxelles e presso i principali partner a questo ha certamente servito. Smettiamola, insomma, di ridurre un problema epocale alle meschine dimensioni delle nostre beghe da pollaio. Altri paesi hanno la possibilità di rimettere scelte difficili al popolo attraverso i referendum. Da noi lo strumenti referendario non è troppo popolare, perché spesso usato per forzare soluzioni  e determinare situazioni politiche molto al di là del merito delle questioni prospettate e degli stessi interessi del Paese. Nella nostra Costituzione, la responsabilità di legiferare sui grandi temi di interesse comune spetta alle Autorità elettive.

È venuto, io credo, il momento che il Governo promuova un ampio e informato dibattito in Parlamento, che si concluda con risoluzioni che poi impegnino la sua futura azione. Altrimenti, continueremo ad avvolgerci a spirale nel modo che più sembra piacerci: parole, parole su parole, parole su parole su parole! Fiato, semplice fiato, che magari gratifica gli addetti ai lavori, ma non aiuta a risolvere seriamente i veri problemi. Casomai, ripetendo l’eterna bega tra  il bene e il male,  tra “razzisti” e “terzomondisti”, con sprezzo assoluto della realtà, non fa che aggravarli e confonderli.

©Futuro Europa®

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