Trivelle, la rivolta dell’Adriatrico

‘Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti – specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas –, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio’ . Lo si legge al punto 165 dell’enciclica Laudato si’, di Papa Francesco, resa pubblica a Roma lo scorso 18 giugno.

Negli stessi giorni in cui l’enciclica veniva promulgata, e precisamente tra il 3 e il 12 giugno, i ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali hanno firmato dieci decreti che formalizzano la chiusura con esito positivo di altrettante procedure di Valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di pozzi petroliferi nel mare Adriatico. In pratica l’ok definitivo alle trivelle, dopo che lo Sblocca Italia del Governo Renzi ha tolto alle Regioni il diritto di veto sugli impianti. Una goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia dell’Adriatico, che da anni il Governo andava riempiendo, e che  comitati, associazioni e amministrazioni locali hanno convogliato in protesta organizzata: appena dopo le decisioni pro-trivelle dei  Palazzi romani, il 20 giugno ha preso il via #StopSeadrilling – No Oil, una campagna internazionale in atto in Italia, Croazia, Albania, Montenegro e Bosnia Herzegovina, dove sono state organizzate iniziative in contemporanea in diverse città che si affacciano sull’Adriatico tra cui Trieste, Caorle, Jesolo, San Michele al Tagliamento, Rosolina, Ravenna, Ancona, Pescara e Polignano.  “Quello in questione è un mare ‘chiuso’ ed un ecosistema estremamente fragile, messo a dura prova da 78 concessioni già attive per l’estrazione di gas e petrolio, 17 permessi di ricerca già rilasciati nell’area italiana e 29 in fase di rilascio in quella croata, a cui si aggiungono 24 richieste avanzate per il tratto italiano”, hanno dichiarato i promotori di No Oil. Ma già il 23 maggio si era tenuta a Lanciano una grande manifestazione, organizzata dal Coordinamento No Ombrina (nome di un impianto in costruzione a tre chilometri dalla costa abruzzese, n.d.r.), che aveva visto l’adesione di 370 tra enti, comitati, associazioni, sindacati, partiti, diocesi, aziende e organizzazioni di categoria, oltre 20mila visualizzazioni da 51 Paesi per il sito dedicato, 20 incontri pubblici in Abruzzo e 15 nel resto d’Italia e flash-mob spontanei a Roma e Bologna. Il 20 maggio è stata lanciata una petizione online, sul portale Avaaz.org con l’obiettivo di chiedere che “l’Italia abbandoni la politica delle trivelle e scelga un futuro fatto di energie al 100% pulite”.

E sempre il 20 maggio è partito da Rovigno, in Croazia, il viaggio di Goletta Verde, la storica crociera che  Legambiente dedica per il trentesimo anno alla salute dei nostri mari e che quest’anno è focalizzata sul problema delle trivelle.

Oltre alla protesta e alle manifestazioni sono arrivate tuttavia una serie di iniziative concrete. Come i comitati pugliesi dopo le ultime decisioni del Governo del 3-12 giugno: “Apprendiamo dal sito del Ministero dell’Ambiente che lo stesso ha espresso parere favorevole alle richieste di prospezione in 2D ed in 3D delle societá Spectrum Geo Ltd e Northern Petroleum Ltd. A questo punto è necessario che le regioni le cui coste sono interessate dalle concessioni: Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia (quest’ultima è interessata anche dalla Northern Petroleum), impugnino gli atti del Ministero dell’Ambiente dinanzi al Tar entro 60 giorni”.

Le iniziative contro le singole autorizzazioni sono però deboli, perché le procedure di valutazione di impatto ambientale sono perfettamente legali e inattaccabili; anche se il nostro ordinamento le prevede a valle della presentazione dei progetti e non a monte, come indicato dalla logica, da ogni approccio scientifico e anche dal punto 183 l’enciclica Laudato si’ . Ben più concreta quindi l’impugnazione nel 2014 di fronte alla Corte Costituzionale dell’articolo 38 del decreti legge Sblocca Italia da parte delle Regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto: una iniziativa che ha colto il centro del problema, lo Sblocca Italia che di fatto ha concentrato sui palazzi romani tutto il potere decisionale sul destino dei territori presi d’occhio dalle imprese petrolifere. A ricordarne l’importanza il responsabile nazionale ambiente di Sinistra Ecologia Libertà, Marco Furfaro, che il 22 giugno, commentando Renzi che parlava agli Stati Generali sul Clima alla Camera ha detto: “Se il premier vuole davvero affrontare il tema dei cambiamenti climatici, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile allora abroghi la legge conosciuta come Sblocca Italia”.

Perché già: Renzi, la rivolta dell’Adriatico contro i pozzi di petrolio e gas, come l’ha presa?  Alla Renzi, cioè con un depistaggio mediatico. Rispondendo alle proposte dei No Oil durante gli Stati Generali sul Clima, ha detto: “So che tra molti di voi ci sono perplessità su alcune norme che sono contenute nello Sblocca Italia. Io non ci giro intorno, so che è tema delicato. Poi si può discutere di singole vicende slegate le une dalle altre, quello che però è fondamentale è che ci sia la capacità di prendere atto di un dato di realtà, e cioè che oggi il nostro nemico è il carbone”. Ma che diavolo c’entra il carbone con le trivelle in Adriatico, e non solo? Qui viene in mente in mente l’enciclica di Papa Francesco, punto 26: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi”. Operazioni mediatiche che grazie a Dio non sono così semplici perché, come ha detto la sociologa e antropologa Amalia Signorelli partecipando alla puntata del 23 ottobre di Otto e Mezzo condotta da Giovanni Floris: “Ma Renzi pensa che gli Italiani so’ tutti scemi?”.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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