Pesce contraffatto, Made in Italy a rischio

Più di due pesci su tre consumati in Italia provengono dall’estero, con il rischio evidente che venga spacciato come Made in Italy pesce importato, anche perché al ristorante non è obbligatorio indicare la provenienza. Ѐ quanto ha denunciato Coldiretti Impresapesca in occasione della tavola rotonda “Le frodi: dal mare alla tavola” organizzata alla manifestazione Slow Fish, dal 14 al 17 maggio scorsi, a Genova nel “Porto Antico” con la costituzione del Comitato scientifico Ambiente mare e acque interne.

Dal pangasio del Mekong venduto come cernia al filetto di brosme spacciato per baccalà, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercializzati come sogliola, la frode è in agguato sui banchi di vendita (come specifica la Coldiretti Impresapesca) dove vige l’obbligo dell’etichetta d’origine, ma soprattutto al ristorante dove la provenienza di quanto si porta in tavola non deve essere indicata. Tra i falsi più diffusi nei piatti del ristorante ci sono anche il polpo del Vietnam spacciato per nostrano, lo squalo smeriglio venduto come pesce spada, il pesce ghiaccio al posto del bianchetto, il pagro invece del dentice rosa o le vongole turche e i gamberetti targati Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici, ed in Europa sono vietatissimi in quanto pericolosi per la salute.

Nel 2014 sono stati importati in Italia oltre 731 milioni di chili di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici con un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Da quest’anno è più facile riconoscere il pesce italiano dall’etichetta grazie all’entrata in vigore dei nuovi regolamenti comunitari il 23 dicembre del 2014, con norme relative all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013) e quelle sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (Reg. UE 1169/2011).

Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio è di acquistare direttamente dal pescatore o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa).  Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Nelle etichette sarà indicata, inoltre, la tecnica di pesca (rete, nasse, strascico, lampara, ecc.) e, solo per solerzia di chi vende, la provenienza esatta di pesci, molluschi e crostacei.

Novità anche per quanto riguarda le informazioni sul pesce congelato, con l’obbligo di indicata la data di congelamento. Nel caso di prodotti ittici congelati, prima della vendita, e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento dovrà essere accompagnata dalla designazione “decongelato”.  I prodotti che possono sembrare costituiti da un unico pezzo di pesce, ma che in realtà sono frutto dell’unione di diverse parti attuata grazie ad altri ingredienti (tra cui additivi ed enzimi alimentari oppure mediante sistemi diversi), dovranno recare l’indicazione “pesce ricomposto”.

Maggiori impegni per i pescatori ma più garanzie di identità del pescato o allevato nazionale e ciò consentirà ai consumatori di fare scelte di acquisto più consapevoli e di riconoscere ed apprezzare il pesce italiano.

©Futuro Europa®

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