Martin Schulz: Parlamento europeo portavoce della solidarietà

[Pubblichiamo qui di seguito il testo dell’intervento del Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ieri al Consiglio europeo straordinario dedicato all’emergenza immigrazione – NdR]

Signore e signori,

vent’anni fa sono stato eletto deputato al Parlamento europeo e sono vent’anni che il Parlamento europeo chiede l’adozione di una politica realmente europea in materia di asilo e migrazione. Oggi potrei ripetere lo stesso discorso che ho pronunciato vent’anni fa. È triste e tragico constatare che ben poco è cambiato: assistiamo alla stessa tragedia che continua a ripetersi con la morte di altre persone nel Mediterraneo.

Il nuovo, tragico naufragio avvenuto la scorsa domenica, in cui si pensa che siano annegati 800 profughi, ci lascia tutti profondamente scossi. Quei profughi hanno lasciato le proprie case per sfuggire a guerra e persecuzioni, carestie e povertà. Venivano in Europa in cerca di protezione. Speravano in una vita migliore. Invece hanno trovato la morte.

Il Mediterraneo è ormai diventato la frontiera più mortale al mondo. Per ogni persona che raggiunge le nostre coste, non sapremo mai con certezza quante sono perite in mare. Ogni vita perduta al largo delle nostre coste è una macchia per l’Europa.

A ogni nuovo naufragio di un’imbarcazione carica di profughi, che gridano, urlano, e annegano, giuriamo: “mai più”. Osserviamo minuti di silenzio. Deponiamo corone di fiori. Promettiamo che questo momento deve segnare una svolta. Ma poi…

Sono in molti a incolpare “l’Unione europea” per la morte dei profughi. Tuttavia non esiste una politica migratoria “dell’Unione europea”, bensì un mosaico di 28 sistemi nazionali diversi. La politica migratoria non viene decisa a Bruxelles: è a Londra e Berlino, Parigi e Roma, Riga e Lisbona che si decide se accogliere i profughi in fuga dalle zone di guerra, concedere l’asilo, ordinare il rimpatrio o inviare una missione di soccorso. E questo perché, negli ultimi vent’anni, i ministri degli Affari interni dei vostri paesi non hanno potuto o voluto sviluppare un sistema europeo. L’assenza di una politica realmente europea in materia di asilo e migrazione sta trasformando il Mediterraneo in un cimitero.

Il salvataggio di vite in mare deve essere la nostra priorità immediata. Quando ci sono persone che muoiono proprio ai nostri occhi, la dignità umana ci impone di tendere la mano per salvarle.

Vi esorto a potenziare al più presto le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Dobbiamo rafforzare le operazioni congiunte nel Mediterraneo coordinate da Frontex – Triton e Poseidon – incrementando massicciamente il numero delle imbarcazioni attive, gli asset e le risorse finanziarie. Si sarebbe senz’altro potuto provvedere in tal senso mesi fa, per la precisione lo scorso ottobre, quando è stato istituito Triton. Sono certo che quanti fra di voi si sono dimostrati riluttanti a contribuire ricorderanno bene quella discussione.

Dobbiamo anche estendere la portata territoriale di tali operazioni, perché si possa intervenire dove la gente annega. Il raggio d’azione di Triton deve essere aumentato per evitare, in alcuni casi, un ritardo di 48 ore nel raggiungere le persone in difficoltà. Il diritto umanitario internazionale vi impone di salvare chi si trova in pericolo in mare. Mi appello a voi: agite ora per impedire che anneghino altre persone.

Signore e signori, oggi ci siamo riuniti a Bruxelles per impedire che muoiano altre persone, ma il nostro compito non si esaurisce qui. Abbiamo delle responsabilità anche nei confronti dei sopravvissuti.

Insieme dobbiamo trovare un modo umano e realistico di gestire la migrazione. E la nostra azione comune europea deve svilupparsi in uno spirito di solidarietà, all’insegna dell’equa ripartizione delle responsabilità fra tutti i paesi dell’UE. Credo che, nella ricerca di nuove politiche in materia di asilo e di migrazione, dovremmo partire da un’onesta presa di coscienza: non esistono risposte semplici.

Signore e signori, la migrazione riguarda tutti noi, in modi diversi. Il livello di pressione varia considerevolmente, e le responsabilità non sono ripartite in modo equo. L’Italia, Malta, la Grecia, Cipro e la Spagna sono interessate direttamente dagli sbarchi di profughi: i vostri paesi costituiscono infatti la porta d’accesso all’Europa. In 12 mesi l’operazione italiana di ricerca e soccorso “Mare Nostrum” ha salvato oltre centomila persone. Non posso che ringraziare l’Italia per questa operazione umanitaria.

Malta, un paese di 430 000 abitanti, è responsabile del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso in un’area che si estende per un quarto di milione di chilometri quadrati. Si tratta di responsabilità enormemente sproporzionate.

La Germania deve fronteggiare una sfida molto diversa: l’anno scorso ha ricevuto oltre 200 000 domande di asilo, un terzo di tutte quelle presentate nell’UE. Quattro Stati membri – Germania, Svezia, Italia e Francia – hanno ricevuto quasi due terzi della totalità delle domande di asilo.

È chiaro che dobbiamo ancora pervenire a un’equa ripartizione delle responsabilità in uno spirito di solidarietà europea. Perché, semplicemente, non è giusto lasciare che i paesi che si affacciano sul Mediterraneo affrontino la migrazione da soli. In fin dei conti la gestione delle frontiere esterne dell’UE è una responsabilità comune europea e non una questione di competenza maltese, greca, cipriota, spagnola o italiana. Analogamente, non è giusto che un ridotto numero di paesi accolga la maggior parte dei profughi. È evidente che occorre un sistema che assicuri un’equa distribuzione dei profughi. Rivolgo un appello a tutti i presenti affinché raccolgano questa sfida e accettino la propria parte di responsabilità.

Signore e signori, l’anno scorso gli Stati membri dell’UE hanno ricevuto 626 mila domande di asilo, un numero senza precedenti. Secondo alcuni questo è troppo, ma meno della metà di tali domande si conclude con una decisione positiva. E se paragoniamo questo dato con i 507 milioni di europei, la situazione diventa più gestibile. Basta vedere cosa stanno facendo i nostri paesi vicini: solo il cinque percento dei profughi siriani ha trovato accoglienza in Europa, mentre il Libano, un paese di cinque milioni di abitanti, sta ospitando un milione di siriani. Recentemente, nel campo profughi di Öncüpınar, ho avuto la possibilità di incontrare profughi siriani che sono fuggiti dalle zone di conflitto cercando accoglienza. In tali tragiche circostanze è commovente vedere i volti sorridenti di bambini che ricevono la giusta istruzione di cui hanno bisogno grazie ai lodevoli sforzi del governo turco per preservare la dignità di tali profughi. Sì, possiamo fare di più. Specialmente se agiamo di concerto e condividiamo le nostre responsabilità.

Chiaramente, dobbiamo trovare il modo di trattare i profughi in modo equo, corretto e dignitoso, a prescindere dal luogo in cui andranno a stabilirsi in Europa. Ma oggi le persone che fuggono per gli stessi motivi sono trattate in modo molto diverso in Europa, e spesso è una questione di pura fortuna. Ad alcuni viene concesso l’asilo. Altri ottengono un permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari, mentre altri ancora vengono espulsi o rimangono illegalmente. Il Sistema di Dublino continua a suscitare perplessità perfino tra i nostri tribunali.  Non possiamo lasciare al caso lo status e i diritti degli individui. Ciò è assurdo e disumano.

È fondamentale che ci dotiamo delle stesse garanzie procedurali in tutta l’Unione. L’appello che vorrei rivolgervi, signore e signori, è di assistere gli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo nell’esaminare rapidamente le domande di asilo attraverso l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, in modo da evitare che i rifugiati siano trattenuti a lungo in centri sovraffollati. Dobbiamo inoltre dotarci di un meccanismo di ricollocazione d’emergenza e dobbiamo farlo immediatamente.

Ma l’asilo non è lo strumento idoneo a trattare da solo il problema della migrazione, né è mai stato concepito per rivestire tale ruolo. Ad esempio, nel caso dei flussi massicci di sfollati provenienti da zone di conflitto, dobbiamo prendere in considerazione con urgenza una protezione speciale temporanea, un meccanismo vincolante per la solidarietà e un maggiore ricorso a visti umanitari. Il Parlamento europeo ha sostenuto, come misura umanitaria, un massiccio reinsediamento dai paesi terzi per coloro che fuggono dagli attuali conflitti. Dovremmo anche studiare le modalità per permettere alle persone di far domanda di asilo o di protezione dal di fuori dell’UE.

Dobbiamo inoltre creare ulteriori vie d’accesso legali all’UE. L’Europa è sempre stata un continente di immigrazione e di emigrazione e sempre lo sarà. Dobbiamo far fronte a tale realtà e riconoscere che a livello UE occorre un sistema di migrazione legale per coloro che vogliono venire a lavorare. Alcuni Stati membri hanno urgente bisogno di migranti per la loro forza lavoro che invecchia, mentre altri no. Questo è un elemento da tenere presente. Ovviamente predisporre un’adeguata politica in materia di migrazione per il continente significa dotarsi di norme e la definizione di norme eque impone di fissare limiti e priorità. Anche gli Stati Uniti, il Canada o la Nuova Zelanda dispongono di un sistema di immigrazione legale, vale a dire un sistema dotato di criteri chiari su chi può entrare e chi no.

In sintesi: l’Europa ha bisogno di un approccio coerente e prevedibile in materia di asilo e di migrazione. Il piano in dieci punti della Commissione, che lo scorso lunedì ha ricevuto il pieno appoggio dei vostri ministri degli Esteri e degli Interni, rappresenta un buon inizio. Il Parlamento europeo si attende ora che la Commissione presenti il mese prossimo una proposta ambiziosa ed esaustiva sulle politiche in materia di asilo e di migrazione legale. Jean-Claude Juncker, nel Suo intervento in plenaria alcuni minuti prima della sua elezione a Presidente della Commissione da parte del Parlamento europeo il 15 luglio dell’anno scorso, Lei affermò che la migrazione sarebbe stata una priorità nel corso del Suo mandato. Ci aspettiamo che Lei tenga fede alla Sua promessa.

Signore e signori, nel fronteggiare crisi umanitarie di proporzioni senza precedenti nel nostro diretto vicinato – dalla Libia all’Ucraina, da Gaza all’Iraq e alla Siria – a causa di guerre civili, conflitti e Stati in dissesto siamo chiamati a fare di più.

Dobbiamo combattere le cause della migrazione, non i migranti. Ciò comporta una più stretta cooperazione con i paesi di origine e di transito, anche mediante accordi in materia di gestione della migrazione e partenariati per la mobilità. La perdurante instabilità in Libia ha permesso al traffico di esseri umani di prosperare. È diventata un’industria milionaria! Questi trafficanti criminali lucrano sulla disperazione di altre persone e mettono a repentaglio la loro vita caricandole su barconi di fortuna per pericolose traversate del Mediterraneo.

È necessario lottare contro le reti dei trafficanti di esseri umani. Ora dobbiamo adoperarci al massimo per lottare anche contro i trafficanti di esseri umani nel nostro vicinato. Ma ciò non può essere che un aspetto della soluzione poiché i trafficanti troveranno altre rotte finché vi sarà una forte domanda e le persone penseranno che si tratta della loro migliore possibilità. Dobbiamo sostenere i colloqui tra le forze politiche libiche attualmente in corso sotto gli auspici dell’UNSMIL e con la partecipazione delle diplomazie degli Stati del Maghreb. C’è da auspicare che questi sforzi a livello regionale e dell’ONU porteranno alla formazione di un governo di unità nazionale in Libia. Si tratta di un passaggio cruciale per la stabilizzazione del paese e l’UE deve essere preparata a predisporre un’assistenza globale che comprenda una riforma del settore della sicurezza.

Combattere le cause che spingono i profughi a lasciare i loro paesi di origine è ovviamente il giusto obiettivo da perseguire. Tuttavia si può dubitare della sincerità di questo obiettivo se nello stesso tempo si tagliano gli aiuti internazionali, come è avvenuto nel corso dell’ultimo quadro finanziario pluriennale.  Tra i presidenti dei gruppi politici oggi sono emerse richieste per un aumento sostanziale nei fondi per l’aiuto umanitario e allo sviluppo come una condizione per un accordo sul bilancio dell’Unione per il 2016. Inoltre, il dibattito su questo obiettivo di lungo termine non deve mai essere usato come pretesto per ignorare l’urgente necessità di fornire aiuti immediati.

Il Parlamento europeo ritiene che l’UE debba collegare meglio la migrazione, l’aiuto umanitario, lo sviluppo e le questioni relative alla sicurezza. Non possiamo più permettere – come è accaduto in passato – che diverse politiche si ostacolino a vicenda. Occorre che i finanziamenti siano più mirati e razionalizzati.

Vi dò la mia parola che, nel dibattito in corso sulle nostre politiche di asilo e di migrazione, il Parlamento europeo sarà il portavoce della solidarietà. Lavoreremo in modo costruttivo per definire politiche che siano umane, realistiche e basate sui nostri valori europei. Saremo al vostro lato, in questo Consiglio europeo che avete deciso di convocare, se lancerete una politica di asilo e migrazione che risponda in maniera efficace e umana alle sfide che abbiamo davanti.

Vi ringrazio dell’attenzione.

©Futuro Europa®

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