Piramide di Cheope, rinvenuti i papiri preparatori

A Wadi al-Jarf, sulla costa occidentale del Golfo di Suez, la missione archeologica franco-egiziana dell’Università di Paris-Sorbonne e dell’University di Assiut, rispettivamente con la direzione di Pierre Tallet e di El Sayed Mahfouz, durante della campagna di scavi tra 2011 e 2012, ha trovato la più antica documentazione papirologica finora scoperta in Egitto. Ma c’è di più: tra questi, annotazioni rivelano informazioni relative ai lavori preparatori per l’edificazione della Piramide di Cheope nel cantiere della Piana di Giza, sotto forma di contabilità e giornali di bordo. I ritrovamenti epigrafici confermano i calcoli degli egittologi nel campo della grande incognita “Come sono state costruite le piramidi?”.

A a 5 km dalla costa del Mar Rosso, all’ingresso di una delle 30 gallerie, che servivano da deposito di materiali per le spedizioni navali che usavano il vicino porto, sigillata con una lastra di arenaria, è stata scoperta l’evidenza che rivela che le supposizioni degli archeologi, per quanto audaci, non sono complete illazioni. Dieci dei papiri rinvenuti sono molto ben conservati. La maggior parte di questi documenti è databile all’anno 27 del regno di Cheope e descrive come l’amministrazione centrale rifornisse di cibo e forniture i navigatori egiziani. Una cinquantina di frammenti costituisce il diario di Merrer, un dignitario coinvolto nelle costruzione della grande Piramide di Cheope.

Questi ultimi documenti sono riconoscibili sommamente come contabilità e giornali di bordo. Appare ripetutamente il nome di Cheope, faraone della quarta dinastia che regnò attorno al 2600 a.C. La contabilità tratta la dotazione prevista per ciascun manipolo di operai specializzati coinvolti nella costruzione del sepolcro, e dunque il residuo presente nell’accampamento. Un migliaio di lavoratori alla volta, suddivisi in manipoli, detti “tribù”, di 200 componenti l’uno. Sono indicati i nomi delle tribù: la Grande, l’Asiatica, la Prospera, la Piccola. Appaiono i nomi del nòmoi, ossia le province dell’antico Egitto, i cui tributi, versati sotto forma di granaglie, permettevano il mantenimento dei lavori della prima opera nel cantiere di Giza, attivo per un centinaio di anni.

I giornali di bordo, con tanto di datazioni, raccontano il trasporto fluviale delle lastre in pietra calcarea di Tura, destinate al rivestimento della Grande Piramide. Difatti, la Piramide era esternamente ricoperta da una pietra levigata; ne rimane solo quella attorno alla base. Il transito raggiungeva la “Porta dello Stagno di Cheope”, luogo del distretto amministrativo per il coordinamento dei lavori, appunto sulla riva ovest del Nilo. Tra 20mila e 30mila uomini, suddivisi in gruppi di 2mila lavoravano all’estrazione, al trasporto e alla messa in opera di blocchi di pietra del peso di 2,4 tonnellate.

Non è ancora sicuro il metodo di realizzazione vera e propria della piramide. Le teorie, che viaggiano in linea con l’archeologia comparativa, sono molte, a tratti confermate e mai completamente negate. Cheope, sulla quale probabilmente si lavorò per un periodo da 20 a 40 anni, segue cronologicamente la necropoli di Dahshur dell’Antico e del Medio Regno, e la stessa piramide rossa della IV dinastia. Sicuramente Cheope si presenta tecnicamente avanzata, ma, per la pregevolezza dei materiali impiegati, gli eventi geologici e motivi strutturali, sicuramente meno resistente delle progenitrici.

La piramide di Cheope si distingue dalle altre per il grande numero di passaggi e vani interni, per la rifinitura delle parti a vista e la precisione di costruzione. La piramide è un modello in scala di qualunque oggetto approssimabile a una sfera: tanto maggiori sono le dimensioni dell’oggetto con il quale la si raffronta, tanto minore sarà il margine di errore percentuale. La manifattura della piramide e la precisione con la quale essa è stata realizzata riconduce alle corrispondenze attribuibili alle numerose simmetrie presenti nelle figure geometriche semplici, come se più grande è la piramide più grande l’accuratezza, che in questo caso è davvero sorprendente.

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