Grecia, fuori o dentro l’Europa?

Le elezioni greche sono andate come era previsto: con la vittoria, anche se leggermente minore di quanto era stato annunciato, della sinistra di Tsipras. Il quale, non essendo riuscito ad avere la maggioranza in Parlamento, ha subito ricevuto e accettato il soccorso di un piccolo partito di destra. Che sarebbe come se Vendola andasse al Governo con i voti di Fratelli d’Italia.

Ci si può chiedere: cosa hanno in comune le due componenti della nuova e inedita maggioranza? E quanto durerà? La risposta alla prima domanda è semplice: oltre al desiderio di andare comunque al potere, i due partiti hanno in comune una profonda allergia per l’Europa. La risposta alla seconda è più complessa: durerà finché le contraddizioni interne non la faranno saltare. Cioè fino a quando, al di là della “crociata anti-europea” verranno fuori le molte e profonde differenze tra i due partiti e, alla lunga, la loro incompatibilità. Ma non accadrà subito e per un po’ di tempo l’Europa dovrà fare i conti con un Governo di Atene che rappresenta un buon misto di demagogia populista e nazionalista. Una miscela, non è difficile immaginarlo, alquanto esplosiva. Un Governo che ha promesso albe radiose e  il “recupero della sovranità nazionale”, e dovrà mostrare di tener fede ai suoi programmi se non vuole essere spazzato via, come è stato spazzata via la linea ragionevole e razionale di Samaras e dei conservatori.

Ho letto da molte parti – specie nella stampa americana, tanto spesso critica verso il Vecchio Continente e i suoi tentativi di unirsi – che la Grecia ora “fa tremare l’Europa”. Perché diavolo dovrebbe farla tremare? Nei guai è la Grecia, non l’Europa. Indebitati fino al collo sono i greci, non gli altri. Sono i greci ad aver avuto bisogno del soccorso dell’UE, della BCE e del FMI (la famigerata “troika”) per non fallire. E l’Europa, con l’assenso della terribile signora Merkel, è  giunta in soccorso e ha sganciato fior di miliardi per sanare le finanze elleniche. Avendolo fatto, ha imposto certe condizioni, severe, ma non irragionevoli: in sostanza, che la Grecia smettesse di indebitarsi. Ammetterete che, per chi tira fuori soldi in favore di qualcuno che sta affogando nei debiti, non è una pretesa folle.

La situazione, da allora, non è cambiata molto. C’è stata una buona ripresa dell’economia e dell’occupazione, ma è evidente che la demagogia ha fatto breccia in una classe media colpita dalla crisi, alla quale né Tsipras né la destra nazionalista hanno detto la verità (quando mai la dicono?). Ancora adesso, se la Grecia vuole salvarsi, ha un bisogno disperato dell’aiuto europeo. Può ottenerlo rifiutando le condizioni che le vengono poste? O può battere la via del suicidio,  voltando le spalle all’Europa, uscendo dall’euro e dall’Unione? E come pagherà i suoi debiti? Tsipras non lo dice. Il suo programma, sulla carta, non comprende misure così drastiche, ma solo (solo?) una rinegoziazione delle condizioni dell’aiuto internazionale. Il suo inedito alleato, invece, vuole l’uscita dall’UE, il recupero della sovranità. Verrebbe da dire: la sovranità al tempo d’oggi è un lusso che si può permettere solo chi sa tenere i conti in ordine. Questo farà inorridire i soliti illusi della sinistra radicale, quelli che mesi fa hanno sostenuto Tsipras per la presidenza della Commissione, e farà sognare gli altri illusi della destra sciovinista ed anti-europea alla Salvini, Meloni e compagnia, pronti a inalberare la bandiera nazionale ma non a spiegarci come si pagano i debiti che ci opprimono senza l’aiuto della BCE.

Le reazioni europee sono state, com’era giusto, moderate e resteranno, spero, pazienti e garbate. Non si può schiaffeggiare un antico popolo ora nel pieno dell’ebbrezza populista. Se Tsipras vuole solo rinegoziare, lasciamo che scopra le sue carte e vediamo cosa chiede realmente, e se quello che chiede è fattibile o no. Ma anche la cortesia e la pazienza devono avere un limite. Nessuno ha obbligato la Grecia ad entrare in Europa, nessuno l’ha obbligata a scegliere l’Euro e, soprattutto, nessuno l’ha obbligata a indebitarsi follemente per decenni (basti pensare le spese gigantesche sostenute per le Olimpiadi).  Se vuole il nostro aiuto, deve accettare un minimo di regole. Se no, per favore, si accomodi: l’UE non è una prigione, la porta d’uscita è sempre aperta. Chi avrebbe da perderci? Conosco la retorica per cui la Grecia è il cuore dell’Europa, essenziale per la nostra identità e via dicendo. Storie! La conosco bene, ci ho vissuto tre anni e naturalmente ho subito il fascino di un passato per tanti versi fondatore della nostra civiltà. Ma è un passato remoto, rimasto vivo solo negli alti luoghi archeologici e nel ricordo dei grandi filosofi e poeti. Nella realtà, la Grecia è un paese balcanico, ossessionato (anche per colpa della Turchia) dal proprio ego nazionale. Spiace dirlo, ma l’Europa senza la Grecia può perfettamente vivere (il contrario è meno certo). Ascoltiamo, perciò, negoziamo, miglioriamo quando è ragionevole alcune regole, ma senza cedere ai ricatti del populismo. L’Europa, la sua unità di fondo, il suo avvenire, in un mondo in cui si addensano i pericoli,  sono troppo importanti per svenderli al nuovo pifferaio di Atene.

©Futuro Europa®

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