Cronache dai Palazzi

L’esecutivo italiano è in pericolo, e con esso la credibilità del Paese, anche se una eventuale crisi di governo viene scongiurata su tutti i fronti istituzionali a partire dal Colle dal quale Napolitano ha ammonito: “ora sarebbe molto rischiosa per il Paese”. Una crisi di governo determinerebbe un’instabilità politica difficilmente recuperabile e incrementerebbe in molte nazioni dell’Ue la reale tentazione di abbandonare il Bel Paese. Un eventuale collasso del Governo certificherebbe la debolezza della politica italiana inspiegabile dentro e ancor di più fuori dai nostri confini. Il presidente Napolitano in precedenza aveva già definito “fatale” una eventuale crisi di governo e quindi il “ricadere del Paese nell’instabilità e nell’incertezza”, ciò che “impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi, peraltro in un contesto nazionale ed europeo tuttora critico e complesso”.

Nell’ennesima nota quirinalizia Giorgio Napolitano fa intendere, infine, che non sta studiando o meditando cosa fare nel caso si aprisse una crisi di governo e, mettendo in evidenza che l’insorgere di una crisi precipiterebbe il Paese in gravissimi rischi, ripone la fiducia nelle ripetute dichiarazioni del Cavaliere in base alle quali il governo continua ad avere il sostegno della forza da lui guidata.

Le intese da larghe si stanno comunque facendo corte e la stabilità governativa è in pericolo nonostante la calma apparente che pervade diverse istituzioni, dal Quirinale a Palazzo Chigi. Da San Pietroburgo il presidente del Consiglio italiano afferma di essere addirittura ottimista sulla tenuta del suo esecutivo e auspica una consistente ripresa economica del Bel Paese a fine anno, sottolineando che l’Italia è e rimane un partner importante nella geografia dell’Europa e dell’intero Occidente. “Avanti per il bene dell’Italia”, ha dichiarato Enrico Letta che ha comunque chiesto espressamente ai giornalisti di lasciare da parte le questioni nazionali per concentrarsi sul disastro in Siria, la crisi economica, il dialogo con i partner del G20. Ovviamente l’ottimismo di Letta nasconde forti preoccupazioni e mentre il Pdl tuona e minaccia il premier italiano cerca di minimizzare delle tensioni che potrebbero rivelarsi delle vere e proprie bombe a mano prima di lunedì 9 settembre, il giorno in cui la Giunta per le elezioni del Senato dovrà riunirsi per decidere come risolvere la questione ‘decadenza’ del Cavaliere di Arcore. La possibilità che si registri una rottura prima di lunedì 9 settembre non è del tutto fantapolitica.

Letta sottolinea che “i quattro mesi di lavoro alle spalle dimostrano che la maggioranza può lavorare insieme… Ed è molto importante che si continui per il bene dell’Italia e degli italiani”. Pd e Pdl sono però ormai sull’orlo della lacerazione e la posta in gioco è davvero molto consistente: il destino del Cavaliere.

Il Governo a sua volta prepara la corazza e il giubbotto antiproiettili perché da lunedì dovrà comunque respingere tutti i colpi che minaccerebbero di farlo cadere. “La situazione è sottocontrollo – afferma Letta – vedo il nostro futuro sicuramente in maniera più ottimista” e alla domanda se si fida o meno di Silvio Berlusconi risponde come al solito con un tono pacato: “Silvio Berlusconi è uno dei leader dei partiti che sostengono il mio governo”.

Nonostante Piazza Affari abbia chiuso in settimana con un meno 1,35% – in ribasso rispetto a tutte le altre Borse europee – il premier italiano non sembra disposto a credere che il Cavaliere stacchi presto la spina determinando la crisi delle ‘larghe intese’ sulle quali si regge la sua strana maggioranza.

Si avvicina comunque il giorno della verità e le tensioni all’interno dell’esecutivo saranno presto inevitabili. Le due maggiori forze della maggioranza anomala di Enrico Letta sembrano essere arrivate proprio ai ferri corti. Le ‘larghe intese’ si stanno indebolendo anche se i membri dell’esecutivo cercano – ognuno a proprio modo – di negarlo.

Il partito del Cavaliere sembra non essere disposto a fare sconti a nessuno. Non è facile intuire a cosa porterà questa ventata di gelo siberiano ma di certo dopo il 9 settembre qualcosa cambierà nella geografia politica del Bel Paese. Se dalla Giunta per le elezioni del Senato dovesse arrivare “un voto politico che rispecchiasse le distinzioni delle forze in campo – avverte il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani – sarebbe impossibile continuare la convivenza”. Ecco dunque “l’avvicinarsi verso un countdown che determinerà irreversibilmente scelte politiche”, sottolinea Schifani. Il Cavaliere, a sua volta, è costretto a celare, almeno per ora, ogni ben minima volontà di ‘staccare la spina’ benché la tentazione di rompere subito sia fortissima: lo devasta la rabbia contro un Pd che manifesterebbe tutta la sua soddisfazione per l’esclusione dal Parlamento dell’avversario politico di sempre, del “nemico storico” come ha più volte sottolineato il vicepremier Angelino Alfano.

Il Paese è afflitto da problemi (economici) ben più gravi ma l’agibilità politica del Cavaliere è un po’ la radiografia della profonda crisi che devasta l’Italia. Il problema è più grave di quello che appare perché non si tratta semplicemente di verificare l’incostituzionalità o meno di una legge, bensì si tratta di fare non un passo avanti ma venti passi avanti sulla strada della democrazia e della libertà.

La prossima settimana si preannuncia infuocata e, reduce dal G20, come se non bastasse l’esecutivo italiano dovrà fare i conti anche con le ‘intese corte’ – anziché ‘larghe’ – sulle quali si regge. Il presentimento è che a nulla varranno i richiami al buonsenso e alla responsabilità se il Cavaliere dovesse uscire di scena.

Per adesso l’apertura del ministro Cancellieri sembra una piccola luce alla fine del tunnel in cui versa il Pdl: occorre riflettere sulla costituzionalità della legge Severino, come ha ammonito il Guardasigilli. “Io personalmente – argomenta la Cancellieri – non ravvedo profili di incostituzionalità per quanto riguarda la legge Severino, ma bisogna tener presente che in questa direzione si sono espressi giuristi con competenza superiore alla mia, persone di grande pulizia morale e valore tecnico che stimo moltissimo e sulle quali non ci sono sospetti di partigianeria. Se persone di tale livello hanno espresso dubbi sulla costituzionalità di queste norme, come minimo è necessario rifletterci”.

Si presuppone quindi un barlume di speranza per il Cavaliere ma le larghe intese non sono ancora salve. Occorrerà molto tempo (il voto di lunedì 9 settembre alle 15 sarà molto probabilmente rinviato) prima che si arrivi ad una conclusione e la partita sarà tutta ‘politica’, nonostante ciò venga negato da più parti. La questione riguardante Berlusconi interessa la giustizia ma, come del resto molte cose in Italia, sarà risolta politicamente. Come ha intuito e scongiurato Renato Schifani il voto su Berlusconi sarà un “plotone di esecuzione e ciò sarebbe per il Pdl “un fatto politicamente inaccettabile”. In sostanza  la crisi non è scontata ma è molto probabile, anche se si auspica che Berlusconi continuerà a dare sostegno al Governo.

Il risultato della partita che dall’inizio di agosto si gioca tra Arcore e Roma molto probabilmente non sarà chiaro nemmeno lunedì sera, 9 settembre, e la Giunta per le elezioni del Senato chiuderà i lavori con l’incognita della decadenza. Forse saranno necessari più tempi supplementari e molto probabilmente si arriverà anche ai rigori: sarebbe un vero miracolo fantapolitico stipulare l’armistizio della guerra dei vent’anni in poche ore.

Occorrerà trovare un margine giuridico che garantisca un onorevole compromesso politico su un tema, la decadenza del Cavaliere, che ha un forte valore simbolico: la fine della Seconda repubblica.

© Futuro Europa ®

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