Ebola, epidemia della paura

In Africa Occidentale il numero di vittime del virus Ebola non smette di aumentare. Negli Stati Uniti e in Europa, dove ci sono stati i primi casi di contagio, la paura si propaga più rapidamente del virus.

Si tratta della più grave epidemia di Ebola della storia, anche se non è la prima. Secondo l’OMS, ad oggi, la febbre emorragica ha causato la morte di quasi 5000 persone in Africa su 9000 casi conclamati. La malattia si espande rapidamente, ma molto meno rapidamente della paura che contagia le popolazioni occidentali. Ricordiamo che il primo caso di contagio è stato registrato negli Stati Uniti. L’uomo contaminato arrivava dalla Liberia. Questo paziente, il primo ad essere stato contagiato fuori dai confini africani, è morto qualche giorno dopo il ricovero a Dallas, dove era in cura. L’infermiera che si è occupata di lui oggi ha contratto il virus ed è in isolamento. La Casa Bianca ha annunciato poco dopo, l’attivazione di controlli rafforzati in cinque aeroporti degli Stati Uniti: JFK (New York), Newark (New Jersey), Dulles (Washington) e gli aeroporti internazionali di Chicago e Atlanta. Dopotutto è una ricerca americana che ha previsto che il contagio sarebbe inevitabilmente arrivato in Occidente nel giro si poche settimane attraverso i voli aerei (ricerca della Northeastern University, Boston). In Spagna, un’infermiera è stata contagiata mentre accudiva due religiosi spagnoli contagiati dal virus in Africa e deceduti  il 12 Agosto e il 25 Settembre. Da allora, sette persone sono state poste in quarantena a Madrid. Non sono mancate le manifestazioni per chiedere le dimissioni del Ministro della Salute spagnolo per superficialità nel trattare la questione.  All’infermiera spagnola sembra essere andata meglio del paziente zero americano e c’è un cauto ottimismo intorno al suo stato di salute. Nonostante l’allarme già conclamato, per ammissione del direttore sanitario dell’ospedale di Dallas, la procedura per trattare questi pazienti non era stata applicata con attenzione. Cerchiamo di mantenere la lucidità nella gestione dell’epidemia.

Ovunque in Occidente le autorità affermano essere pronte a far fronte al virus qualora si presentasse un caso. A meno che non si entri in contatto diretto con i fluidi di un malato, non c’è nessun rischio di prendersi l’Ebola. Nonostante ciò, la paura di essere contagiati si propaga molto più velocemente tra la popolazione che il virus stesso. Come ha scritto qualche giorno fa il Washington Post, “è un’epidemia al tempo stesso biologica e psicologica, e la paura cresce più rapidamente del virus”. Perché Ebola fa così paura? Non è un virus nato oggi, il primo contagio è avvenuto nel 1976. I media ovviamente hanno fatto la loro parte e non sono estranei al problema. Basta vedere la copertura mediatica dell’epidemia  nel Mondo. Il Dott. Oz, celebrità della televisione americana ne è un esempio lampante. Mehmet Oz, professore alla Columbia University diventa famoso per aver partecipato a diverse puntate allo show di Oprah Winfry. Oggi ha un suo programma di “medicina”, molto seguito dal pubblico americano e nel corso del quale ha più volte affermato che l’epidemia poteva stravolgere il Mondo, approfittando dell’occasione per paventare lo spettro di una mutazione del virus che gli permetterebbe di essere trasmesso anche per via aerea, come una semplice influenza. Questa teoria, anche se possibile, è, a sentire la maggioranza dei ricercatori, molto poco probabile, tanto lontana da non essere fra le priorità di chi si sta dedicando anima e corpo a cercare una cura risolutiva. Il Dott. François Lamontagne, virologo del Centro ospedaliero universitario di Sherbrooke  – Canada, rientrato dopo tre settimane di missione in Liberia è convinto che sia possibile controllare la malattia e ridurre la mortalità senza tante tecnologie sofisticate o strumenti complessi. Basterebbe un po’ più di informazione alla popolazione, e un maggiore supporto in quelle che vengono definite” cure di base”, cure che in Occidente vengono date per scontate, ma che in Africa vengono considerate un lusso. Manca personale anche per dare semplicemente da bere ai malati, e la reidratazione è fondamentale in questi casi.

Se Ebola ci fa paura, è anche perché dà la sensazione di un déjà-vu. L’epidemia in corso ci fa pensare alla trama di un film apocalittico: messa in quarantena, rafforzamento dei controlli negli aeroporti, sintomi terrificanti. Si tratta di questo: morire di Ebola fa paura. I racconti truculenti di “come” si muore di Ebola sono pieni di dettagli che qui vi risparmiamo. Ma se dovessimo descrivere una polmonite, dire che qualcuno ha i polmoni pieni di liquidi non fa altrettanto paura, eppure non è un racconto poetico. Altro elemento che spaventa è che il malato di Ebola viene immediatamente isolato dai suoi cari e si trova “condannato” a morire solo, se non dovesse reagire alle cure. Nello stesso modo i parenti vengono privati di qualsiasi contatto con il malto e, impotenti, sono costretti a vederlo soffrire. Ebola ha risvegliato le nostre paure collettive e gli stereotipi di una morte atrocemente dolorosa come nei nostri peggiori incubi o i grandi film di fantascienza. Ma dobbiamo guardare alla realtà come ha fatto presente la Direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde. La  mobilizzazione contro il virus Ebola non deve condurre a “terrorizzare” il pianeta e stigmatizzare l’Africa. L’Africa ha bisogno di andare avanti.

Ora bisogna dare prova di estrema prudenza per non fare terrorismo psicologico nei confronti dell’Africa intera. L’epidemia è per ora concentrata in tre Paesi dell’Africa occidentale (Liberia, Guinea e Sierra Leone). Come afferma la Lagarde l’urgenza sta nel “contenere e fermare” l’epidemia nei tre paesi maggiormente toccati, fare di tutto per aiutarli, ma non interrompere i rapporti, soprattutto commerciali, con le economie degli altri Paesi che devono continuare ad agire e a creare lavoro: bisogna “isolare Ebola, non i Paesi”, ha esortato la Direttrice del FMI. Al di là della tragedia umana, le perdite economiche registrate nei Paesi più contaminati sono disastrose. Interventi mirati e un rapido aiuto  finanziario sono indispensabili per circoscrivere e attenuare l’impatto economico diretto e continuo di questa crisi. Secondo il Ministro delle Finanze della Sierra Leone, il virus Ebola ha gli stessi effetti di un “embargo economico”. Ma qui non ci sono “colpevoli” , solo “vittime” a doverlo subire. Uscita da anni di guerra civile, la Sierra Leone prevedeva per quest’anno un tasso di crescita dell’11,3%, ma ha dovuto drasticamente ridurre le attese. “Tutti i passi in avanti realizzati sono stati distrutti”, ha affermato con dolore il Ministro Marah, criticando la tardiva risposta della Comunità Internazionale.

Intanto la ricerca va avanti. Il Mali, che non è stato colpito dall’epidemia, sarà il primo Paese africano dove il vaccino ChAd3 verrà ufficialmente testato da metà Ottobre. Il Gambia lo seguirà nella sperimentazione. Il Dott. Samba Sow, Direttore del centro per la sperimentazione dei vaccini (CDV-Mali) ha spiegato al Journal du Mali che la fase 1 del test coinvolgerà 40 persone, adulti tra i 10 e i 40 anni, scelti tra il personale medico e paramedico. Quid del rischio per i volontari? Quasi nullo secondo i ricercatori. Sicuramente una scommessa importante. Vogliamo lasciarvi le parole del Presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, lette qualche giorno fa sull’Huffington Post: “Ho paura dell’Ebola che alimenta quel sospetto verso il prossimo fino a togliere anche il più semplice gesto di pace rappresentato da due mani che si incontrano”.

©Futuro Europa®

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