Italia e Germania insieme per la privacy sui social

Quando nel 2014 Facebook acquisì Whatsapp, una delle clausole imposte ad una concentrazione che sarebbe stato bene evitare fu che le due società rimanessero divise ed indipendenti. In tal senso le assicurazioni date dal colosso guidato da Mark Zuckerberg furono ben precise. Ma forse anche sull’onda dello scandalo sulla pubblicità gonfiata in maniera abnorme da parte di Palo Alto, e scoperta da Publicis Media che ha appurato come i tempi di visualizzazione inferiore ai 3 secondi fosse ignorati da Facebook, le cose sono cambiate. Per una società quotata in borsa presa con un pompaggio dei tempi spesi degli utenti dal 60 al 80%, il problema non è trascurabile, anche se la stessa Facebook ha dichiarato trattasi di errori in via di correzione.

Resta il fatto che dal 25 agosto un aggiornamento delle clausole d’uso di WhatsApp, quelle che nessuno legge mai insomma, ha fatto sì che i dati tra i due social venissero condivisi, così da trovarsi, ad esempio, suggerimenti di amicizie su Facebook basati sui contatti del messenger verde, ed in aggiunta il passaggio dei dati di geolocalizzazione al colosso blu. Con colpevole ritardo, nel totale silenzio da parte americana peraltro, gli enti europei si sono mossi in difesa della privacy dei propri cittadini.

Prima la commissaria europea per la competizione Margrethe Vestager, appena dopo avere castigato la Apple, ha chiesto spiegazioni in merito alla società californiana. E’ andata oltre The Hamburg Commissioner for Data Protection and Freedom of Information, nella persona del  Commissario per la Protezione dei Dati e per la Libertà dell’Informazione di Amburgo Johannes Caspar, che ha dichiarato la procedura di condivisione dei dati tra Facebook e WhatsApp contraria alla legge tedesca sulla protezione delle informazioni personali, intimando così all’azienda californiana di eliminare i dati fino ad oggi trasmessi. Il consenso deve essere formale, mentre è stato imposto agli utenti, che avevano la possibilità di toglierlo entro 30 giorni, accedendo al solito menu nascosto. Il Commissario Caspar ha dichiarato “Dopo l’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook due anni fa, entrambe le parti hanno pubblicamente assicurato che i dati non sarebbero stati condivisi, il fatto che ciò stia accadendo non solo è ingannevole nei confronti degli utenti e del pubblico, ma costituisce anche una violazione della legislazione nazionale sulla protezione dei dati”.

Facebook aveva annunciato su WhatsApp, in maniera sibillina, il cambiamento con un post dal titolo “WhatsApp guarda avanti” annunciando un maggior coordinamento con Facebook. Il colosso americano si è subito affrettato ad affermare che  “Faremo appello contro questa decisione e lavoreremo con il Dipartimento di Amburgo nello sforzo di indirizzare le loro richieste e risolvere qualsiasi problematica”. Ma la cosa appare di difficile composizione, a maggior ragione considerando che per finire nella morsa pubblicitaria di Facebook + WhatsApp non è necessario che un utente appartenga ad uno dei due social, ma è sufficiente che si trovi nella rubrica del cellulare su cui è installato il messenger verde.

Il 27 settembre anche il nostro Garante alla privacy, Antonello Soro, ha dato segni di vita istruendo una pratica “a seguito della modifica della policy effettuata da WhatsApp a fine agosto, che prevede la messa a disposizione di Facebook di alcune informazioni riguardanti gli account dei singoli utenti, anche per finalità di marketing”. Non accontentandosi giustamente delle assicurazioni della società di Menlo Park, il garante ha esplicitamente chiesto di sapere “la tipologia di dati che WhatsApp intende mettere a disposizione di Facebook; le modalità per la acquisizione del consenso da parte degli utenti alla comunicazione dei dati; le misure per garantire l’esercizio dei diritti riconosciuti dalla normativa italiana sulla privacy, considerato che dall’avviso inviato sui singoli device la revoca del consenso e il diritto di opposizione sembrano poter essere esercitati in un arco di tempo limitato“. Il dr. Soro ha anche precisato che lo scambio di indirizzari tra i servizi non può avvenire senza il consenso formale degli iscritti, appuntando che “Il flusso massiccio di dati non riguarda solo gli utenti di Facebook o WhatsApp, ma si estende anche a chi non è iscritto a nessuno dei due servizi, i cui dati vengono comunicati per il semplice fatto di trovarsi in una rubrica telefonica di un utente di WhatsApp“.

Gli utenti, anche quelli italiani, hanno comunque ancora la possibilità di porre un rimedio se non intendono far usare a Facebook i propri dati WhatsApp. Chi non ha ancora aggiornato l’app di messaggistica può selezionale “leggi tutto” prima di procedere all’installazione della nuova versione, e scegliere la non condivisione. Chi invece ha già proceduto all’aggiornamento ha 30 giorni di tempo per intervenire. Gli basterà avviare l’app e modificare la voce che si trova nel menu Impostazioni » Account » Condividi le informazioni del mio account.

©Futuro Europa®

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