Jobs Act, problema Sanità

La riforma del mercato del lavoro voluta fortemente dal Premier Renzi, pur nei buoni risultati del primo trimestre, rischia di generare, soprattutto nel settore sanitario, una forte emorragia di medici, dottorandi e ricercatori dalle strutture pubbliche a quelle private. Tutto questo per effetto della norma che esclude le Pubbliche Amministrazioni  dalla nuova riforma. Di fatto la cancellazione nel settore privato dei cosiddetti contratti di para subordinazione ( co.co.co e co.co.pro) favorisce le assunzioni stabili anche per ricercatori medici e dottorandi.

Le principali preoccupazioni si sono registrate in Lombardia, sede di 18 dei 49 IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) di cui quattro pubblici, che raccolgono tra le principali discipline e specialità cliniche del nostro paese. Di fatto le strutture private potranno avere un vantaggio competitivo di grandi proporzioni, potendo di fatto garantire ai ricercatori e ai medici contratti più vantaggiosi, non solo dal punto di vista economico, ma anche temporale. La regione padana, che sta affrontando la delicata riforma del sistema socio sanitario, ha posto la questione al Ministro Madia proponendo forme alternative per il comparto sanitario, che a differenza delle amministrazioni pubbliche, oggi operano in regime di totale concorrenza con il mondo privato.

La necessità sarebbe quella di estrapolare la sanità dal contesto delle “pubbliche amministrazioni” pensando, soprattutto per i suoi professionisti, forme contrattuali che permettano una maggiore competitività con il settore privato. La necessità di intervenire soprattutto sui contratti dei ricercatori è una questione che deve rimanere al centro dell’agenda del governo. Il mondo sanitario lombardo, che per volumi e produttività non vanta rivali nel panorama nazionale, da tempo manifesta la propria insofferenza verso questa grande disparità in un settore così strategico. L’ipotesi che si vuole avanzare è quella di un contratto unico per il settore sanitario con forme di contrattualizzazione che offrano maggior sicurezza a chi oggi per far ricerca è costretto ad emigrare all’estero.

Insomma oggi il Jobs Act, che pare mostrare i primi segni di buon funzionamento, rischia di mettere in croce un settore, quello sanitario, che vale l’8% del PIL. Il governo dovrà trovare una soluzione in tempi brevi perché gli alti dirigenti pubblici manifestano forti preoccupazioni sulla migrazioni dalle proprie strutture verso le più remunerative private pronte ad intercettare le migliori risorse che oggi operano nelle eccellenti strutture pubbliche.

La Lombardia guarda con estrema preoccupazione al nuovo buco legislativo che si è venuto a creare. Gli sforzi della regione, che oggi investe oltre 200 milioni di euro in ricerca ( pari al 1,8% del pil) e che punta a destinare il 3% del proprio budget,  saranno vani, come vani saranno quelli di tuttti gli istituti di ricerca pubblici italiani.

Il Governo, che nel Ddl sulla Pubblica Amministrazione punta ad escludere definitivamente il settore pubblico dal Jobs Act, deve intervenire con forza prospettando un contratto unico per la sanità che possa dare fiato ad un comparto che vede una forte disomogeneità sul territorio nazionale, a volte responsabile di gravi episodi di malasanità.

©Futuro Europa®

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Jobs Act, problema Sanità"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*