Brasile, nuovi ministri tra dubbi e dissensi

Il dopo elezioni presidenziali si è subito presentato molto più complicato che nel passato. Lo spinoso problema dei nuovi ministri è reso più difficile dalla composita maggioranza che l’ha sostenuta alle elezioni, ben nove partiti, il tutto nello scenario di una  situazione economica in peggioramento e la necessità di una variazione di bilancio da far approvare dal congresso, in Brasile non si scherza con il bilancio, la Legge di Responsabilità Fiscale può colpire penalmente chi non rispetti il pareggio di bilancio. Su questa situazione si è abbattuto lo scandalo della Petrobras, che ha fatto dire a molti giornalisti che per le sue dimensioni farà apparire quello del “Mensalao” una cosetta da nulla. A tutto questo si aggiunga un dato uscito in questi giorni, la bilancia dei pagamenti con l’estero a novembre ha un deficit di 80 miliardi di dollari, il peggiore da quando si sono cominciati a registrare i dati nel 1947. Paradossale, per un paese bellissimo come il Brasile, è il dato che vede il paese turisticamente in forte passività. I turisti stranieri spendono in Brasile circa sei miliardi di dollari contro i tredici che i brasiliani spendono all’estero.

Da tutte le parti si sollecitava la scelta dei nomi per i ministeri economici. Già in campagna elettorale Dilma, in Brasile i politici vengono chiamati molto spesso con il nome di battesimo, aveva annunciato che non avrebbe confermato Guido Mantega alla guida dell’Economia da ben otto anni. Finalmente Venerdì 22 sembrava arrivato il giorno dell’annuncio dei nomi che erano stati già fatti filtrare dagli ambienti vicini alla presidenza. Sembrava tutto pronto, poi il rinvio. Molte le voci, la più accreditata è quella che Dilma, prima dell’annuncio ufficiale, voleva tempo per convincere il suo partito, il PT, il Partito dei Lavoratori di Lula e della stessa presidente.

Andando a vedere i nomi è comprensibile la montagna di dubbi e proteste che i prescelti hanno fatto nascere, in Italia la chiameremmo una svolta a destra. Infatti i due prescelti sono uno Levy, attualmente un banchiere della Bradesco, ha lavorato già all’economia, ma la sua laurea in economia nella Mecca del liberismo, la Chicago University di miltoniana memoria, e i suoi connotati di “tagliatore di bilanci”, mettono in dubbio la vasta politica sociale del governo petista. A questo nome si aggiunga quello di Barbosa, conosciuto con il nomignolo di “mano di forbice” da quando ha guidato le finanze nello stato di Rio de Janeiro. Le critiche e i dubbi sono partiti subito. Ha cominciato l’ex candidata Marina, che, interrogata sui nomi in discussione per l’economia, ha solo ricordato la violenta campagna contro di lei accusata di essere la candidata dei banchieri.

Nelle giornate di martedì e mercoledì, è girata nel paese una raccolta di firme di intellettuali di sinistra e rappresentanti di movimenti sociali che si erano impegnati nella campagna elettorale per Dilma, alcuni nomi: il teologo Leonardo Boff, l’economista Luiz Gonzaga Belluzzo, Joao Pedro Stedile, Andre Singer, ex portavoce di Lula. La petizione ritiene che i nomi in discussione, a cui si deve aggiungere quello di Katia Abreu per l’agricoltura, nota amica del grande latifondo, segnino un passo indietro.

Dilma ha scelto la prima riunione della Direzione Nazionale del PT a Fortaleza di venerdì 28 e ha detto con chiarezza: “Sì, sono stata scelta da forze progressiste, ma ho anche il dovere della governabilità. Dobbiamo prendere le misure necessarie senza rotture né shock, certamente non è l’equipe dei miei sogni, ma è quella necessaria per il momento che stiamo vivendo”. Il vice presidente del PT, José Guimaraes, intervenendo in appoggio alla Rousseff, ha detto: “Sono ministri che manterranno la politica sociale del governo”. Il documento approvato alla fine dei lavori della direzione del PT è di appoggio a Dilma.

©Futuro Europa®

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1 Commento per "Brasile, nuovi ministri tra dubbi e dissensi"

  1. Enrico Della Gatta | 7 Dicembre 2014 a 08:30:57 | Rispondi

    Tutto il mondo è paese! L’indebitamento eccessivo è causa di una cattiva gestione e non è possibile non mandare a casa i politici che l’hanno provocata. Il sacrificare il sociale per pagare i debiti e cercare di far mantenere livelli di crescita e sviluppo è una “utopia”, volendo usare un termine pleonastico, ma è, invece, un segnale di mistificazione che ha un unico interesse politico: quello di continuare a governare!!! Dalla storia bisogna imparare che questi politici che professano tali programmi devono essere fermati in tempo perché distruttivi di tutti i progressi e le evoluzioni, anche culturali, che un Paese ha potuto fare negli anni. Cosa che l’Italia ancora non è riuscita a fare, ma i brasiliani sono altro!!

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