Politica

Cronache dai Palazzi

Un “faro verso i più deboli e dimenticati”, il Capo dello Stato definisce così il nuovo Pontefice, auspicando una continuità con il pontificato di Papa Francesco. Esprime a sua volta “affetto filiale” la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, definendo Leone XIV un Pontefice che sarà “guida e riferimento per gli italiani”, e di conseguenza la premier evidenzia la parola più citata dal nuovo papa nel suo primo discorso al mondo: pace. “Una pace disarmata e disarmante”, animata dalla volontà di costruire ponti attraverso il dialogo e l’incontro, richiamando nel contempo il significato etimologico del termine ‘Pontefice’: ‘costruttore di ponti’ dal latino pontem facere. Una Chiesa che non guarda dall’alto ma scende, e vive, sul piano fisico del mondo globale, con uno sguardo sempre verso l’Oltre per vocazione.

La scelta del nome “Leone” assume un significato politico, in quanto ricorda la Rerum Novarum di Leone XIII, che per i cattolici impegnati in politica rappresenta un punto di riferimento in un mondo in cui le disparità sono molteplici. La Rerum Novarum – enciclica promulgata da Leone XIII nel maggio del 1891 – segnò l’inizio della “dottrina sociale” della Chiesa cattolica da quel momento storico impegnata nelle questioni sociali, nelle tematiche legate al lavoro e alla “giusta mercede”. Il documento influenzò positivamente l’intero pensiero cattolico del XX secolo, tra cui altre encicliche come “Quadragesimo Anno” di Pio XI e la “Laborem Exercens” di Giovanni Paolo II.

L’obiettivo della Rerum Novarum alla fine dell’Ottocento era affrontare la questione dei diritti e dei capitali, e si collocava in una Europa nel pieno della Rivoluzione industriale che aveva trasformato il mondo del lavoro generando nuove opportunità ma anche molte ingiustizie, sfruttamento. L’enciclica di Leone XIII poneva al centro la dignità dei lavoratori e il valore del lavoro. Condannando lo sfruttamento veniva sottolineato il diritto a un salario equo, la “giusta mercede”. Tra le punte di diamante della Rerum Novarum la cooperazione tra le classi, la giustizia distributiva e l’importanza della famiglia come piccola società. La dignità della persona umana e la giustizia sociale al centro.

“La concordia fa la bellezza e l’ordine delle cose, mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie”, scriveva Leone XIII. Spiegava il Pontefice a fine Ottocento: “Obblighi di giustizia, quanto al proletario e all’operaio, sono questi: prestare interamente e fedelmente l’opera che liberamente e secondo equità fu pattuita; non recar danno alla roba, né alla persona dei padroni; nella difesa dei propri diritti astenersi da atti violenti, né mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsi con uomini malvagi, promettitori di cose grandi, col solo frutto di inutili pentimenti e di perdite rovinose. E questi sono i doveri dei capitalisti e padroni: non tenere gli operai schiavi; rispettare in essi la dignità umana, nobilitata dal carattere cristiano. Agli occhi della ragione e della fede il lavoro non degrada l’uomo, ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di vivere onestamente con l’opera propria. Quello che è indegno dell’uomo è di abusarne come di cosa a scopo di guadagno, né di stimarlo più di quello che valgono i suoi nervi e le sue forze”. Leone si rivela quindi un nome nel segno della giustizia sociale, del recupero di una certa umanità nella società a partire dal mondo del lavoro, ripristinando i principi della vita umana all’insegna del rispetto, della civiltà, del lavoro, della dignità. In quanto il lavoro è, prima di tutto, dignità.

“In questo momento storico, in cui tanta parte del mondo è sconvolta da conflitti inumani dove sono soprattutto gli innocenti a soffrire le conseguenze più dure di tanta barbarie, desidero assicurarLe l’impegno della Repubblica Italiana a perseguire sempre più solidi rapporti con la Santa Sede”, afferma il Capo dello Stato Sergio Mattarella nella sua prima lettera a Leone XIV, “per continuare a promuovere una visione del mondo e della convivenza tra i popoli fondata sulla pace, sulla garanzia dei diritti inviolabili e della dignità e la libertà per tutte le persone”. Il presidente Mattarella sottolinea a sua volta la “alta missione” e il “compito imprescindibile” del Pontefice in ogni epoca e nell’epoca attuale “ancor più necessario”. La missione in definitiva deve essere anche laica, affinché “possano prevalere sempre dialogo, giustizia e pace”, auspica il Capo dello Stato.

Giustizia ed equità sono le due facce di una stessa medaglia, nello specifico la giustizia è il risultato di una serie di scelte compiute in condizioni di equità, affermava a sua volta il filosofo politico statunitense John Rawls non molti anni dopo la Rerum Novarum, e le cui idee hanno influenzato il pensiero liberal-democratico del XX secolo, in primo luogo a proposito della sua visione laica della “giustizia distributiva”. Nel tentativo di superare una visione utilitaristica della società – l’idea secondo la quale una società giusta debba perseguire il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone sacrificando gli interessi delle minoranze – la concezione di giustizia di Rawls si fonda sull’idea che tutti i beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale, e una distribuzione eguale può esserci solo se favorisce i più svantaggiati. Secondo Rawls in una società che si fonda sull’uguaglianza delle opportunità, e che premia il merito, non tutte le disuguaglianze sono giuste né tantomeno meritate, come ad esempio nascere ricchi o poveri, nascere o essere diversamente abili. Rawls ritiene quindi che una “giustizia distributiva”, ed equa, debba tener conto delle cosiddette disuguaglianze immeritate e creare un sistema dove i meno avvantaggiati possano comunque raggiungere dei risultati e ottenere dei benefici.

In questa prospettiva l’equità distributiva rende eguale il valore delle eguali libertà, e il principio di efficienza viene sostituito con il principio di differenza che conduce ad una visione liberaldemocratica dell’uguaglianza.

In definitiva una società giusta corrisponde ad un modello di cooperazione stabile nel tempo, plasmato da un principio base di reciprocità e di cittadinanza e, non a caso, Rawls rivitalizza il concetto di “contratto sociale” che mette a tacere gli interessi di parte per pervenire al mutuo accordo su quanto è collettivamente giusto e quindi imparziale. È essenziale, inoltre, non solo stabilire delle regole giuste ma anche individuare dei possibili percorsi di aggiustamento. Rawls più che di ‘contratto’ preferisce in verità parlare di scelta dei “principi di giustizia”, i quali “forniscono un metodo per assegnare diritti e doveri nelle istituzioni fondamentali della società, e definiscono la distribuzione appropriata dei benefici”. Per Rawls “la giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali” e “leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste”. Ogni individuo, inoltre, “possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia, su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri”. La linea di demarcazione tra una società giusta e una società ingiusta è tracciata dalle uguali opportunità, per tutti. In questo contesto giustizia, pace e libertà non dovrebbero essere oggetto di compromessi.

A proposito di lavoro, sul fronte governativo Palazzo Chigi ha accolto i rappresentanti dei sindacati: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb, Cida, Cisal, Confedir, Confintesa, Confsal, Ciu, Cse. “Non dobbiamo arrenderci a questa ‘normalità’, perché non c’è niente di normale” nel morire sul posto di lavoro”. Con queste parole concrete la premier Giorgia Meloni ha aperto l’incontro con i rappresentanti dei lavoratori e, nello specifico, il tavolo sulla sicurezza sul lavoro con i sindacati annunciato alla vigilia del Primo maggio.

Un incontro di circa quattro ore in cui la presidente del Consiglio ha ribadito la necessità di una “sensibilità comune” e di una “attenzione condivisa” elencando quanto fatto finora dal governo per contrastare le morti sul lavoro, ritenuta “una priorità”. In linea con lo spirito dei tempi la premier ha affermato: “Sono convinta che dal confronto e dal dialogo con i corpi intermedi della società, come sono appunto le organizzazioni sindacali, possano emergere le soluzioni migliori ai problemi che dobbiamo affrontare”. I sindacati sono invitati ad “unire gli sforzi per radicare nella nostra nazione una solida cultura della sicurezza sul lavoro che sia capace di prevenire le troppe tragedie che continuano a ripetersi”. In definitiva “l’auspicio” dell’interno governo “è quello di dar vita a un’alleanza tra istituzioni, sindacati e associazioni datoriali per mettere la sicurezza sul lavoro in cima alle priorità dell’Italia”. Per la segretaria Cisl Daniela Fumarola, al di là della “bella pagina di relazioni con il governo”, occorre “mettersi a lavorare sui contenuti”. Il leader della Cgil Maurizio Landini sottolinea: “Per la prima volta abbiamo trovato una disponibilità, almeno sulla carta, ad affrontare questi temi” ma “bisogna capire cosa concretamente si farà”.

“Sono state accolte le nostre richieste”, afferma il segretario Uil Pierpaolo Bombardieri, tra cui “un tavolo alla presidenza del Consiglio e l’uso dei residui del bilancio Inail per la sicurezza”. Nella pratica, sono necessari più ispettori e più controlli.

La ministra del Lavoro Calderone ha ribadito “il clima collaborativo” in quanto “è importante la piena collaborazione e condivisione” per poter raggiungere degli obiettivi comuni, produttivi ed efficaci, tra cui una maggiore formazione per lavoratori e datori di lavoro soprattutto nei settori ad alto rischio, edilizia logistica, trasporti; più premi per le aziende che investono in prevenzione, soprattutto quelle agricole; copertura completa Inail per studenti e docenti; corsi di sicurezza nelle scuole. In termini di risorse l’impegno del governo è lo stanziamento di oltre un miliardo e 200 milioni per la sicurezza, per la maggior parte convertiti in bandi e fondi Inail. C’è infine il tema dei subappalti al quale i sindacati sono molto legati e che è anche il tema di uno dei cinque referendum dell’8 e 9 giugno. In quell’occasione si chiederà di estendere la responsabilità degli infortuni anche all’azienda appaltante, oltre a quella appaltatrice. Palazzo Chigi, a sua volta, si dichiara disponibile per una eventuale revisione del Codice degli appalti, per quanto riguarda gare e subappalti, e soprattutto a proseguire con il dialogo e la collaborazione con le parti sociali.

©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Eventuali immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

La storia di Souleymane (Film, 2024)

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *