La guerra dell’Olio

Migliaia di produttori italiani impegnati a garantire la qualità superiore dell’extravergine nazionale. Milioni di consumatori fiduciosi di quello che oggi è scritto in etichetta. Mercati dove l’olio italiano primeggia, come quello importantissimo degli Stati Uniti. L’extravergine come ‘cadeau’ della Presidenza italiana ai governanti in occasione del Semestre europeo. Poi arrivano tre presunte associazioni per delinquere, che secondo gli inquirenti avrebbero imbottigliato come extravergine 100 % italiano e ‘bio’ “oli miscelati con grassi di diversa natura, contenenti fondami ed impurezze imputabili al circuito della raccolta degli oli esausti della ristorazione, nonché di provenienza furtiva”: la cruda descrizione è quella della Guardia di Finanza, che ad Andria, in Puglia, ha eseguito l’arresto di 16 persone ed il sequestro di 15 aziende, ordinati dalla Magistratura di Trani. Meno male che i controlli funzionano, dice il Ministro Martina, ripetono produttori e consumatori e possiamo serenamente pensare anche noi. Ma la vicenda conferma una volta di più una ‘questione’, su una di quella che è certamente una delle bandiere del Made in Italy, la ‘questione olio d’oliva’.

I fatti: le imprese in questione avevano il compito – secondo il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, e il pm inquirente Antonio Savasta – di fornire false fatture attestanti fittizi approvvigionamenti di olio extravergine di oliva prodotto in Italia necessari ‘cartolarmente’ a legittimare ingenti acquisti di olio proveniente, in realtà, dalla Spagna. In sostanza, l’olio d’oliva comunitario, con la complicità di altri indagati (confezionatori e commercianti all’ingrosso) veniva messo sul mercato come olio biologico 100% italiano, sfruttando il valore aggiunto delle menzioni riservate ai prodotti ‘Made in Italy’ e biologico.

La presunta frode alimentare scoperta dalla Finanza in Puglia è particolarmente indicativa perché ha colpito non solo la definizione ‘extravergine’ ma anche una sua ulteriore specificazione di qualità, ovvero la definizione ‘bio’, che evidentemente sul mercato ‘tira’. Ma perché il mercato cerca qualcosa di più della definizione un tempo rassicurante, ovvero ‘extravergine’? Perché tanti consumatori cercano la qualità superiore del ‘bio’ o di altre indicazioni, e lo fanno in quantità tale da aver sollecitato l’interesse dei presunti delinquenti? Forse perché, come ha scritto in una nota Agrinsieme, (il  Coordinamento tra Cia, Confagricoltura ed Alleanza delle Cooperative agroalimentari) “analizzando i dati Ismea (Istituto per i Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare)  fa riflettere il fatto che nel primo quadrimestre dell’anno siano quadruplicate le importazioni di olio proveniente dalla Spagna, passate da 46 mila a 200 mila tonnellate. Si è registrato contestualmente anche un notevole incremento  di export di olio extravergine italiano (+15% per la categoria extravergine), sicuramente dovuto all’ottimo lavoro che stanno svolgendo i nostri produttori e la filiera; però il timore che possano esserci triangolazioni fraudolente resta”. Evidentemente i consumatori ne sono consapevoli, ed in definizioni superiori come il ‘bio’ cercano più garanzie.

A plauso dell’operazione di Magistratura e Finanza si è espresso il Ministro Martina, per il quale “l’operazione, condotta dalla Procura di Trani e in collaborazione con la Guardia di Finanza, dimostra l’efficacia del sistema dei controlli e il concreto rafforzamento del coordinamento che abbiamo voluto con decisione. Ringrazio tutto l’Icqrf, il nostro Ispettorato repressione frodi, per il grande lavoro fatto a protezione di un prodotto simbolo del Made in Italy come l’olio d’oliva””, ha detto il Ministro confermando il grande interesse del Governo per questo prodotto. La Coldiretti pugliese invece ha “deciso di costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico dei presunti appartenenti a tre gruppi malavitosi arrestati dalla Guardia di Finanza per una presunta truffa in materia di olio d’oliva, spacciato per ‘100% Made in Italy’ e invece proveniente dalla Spagna e nel nostro Paese miscelato con sostanze pericolose per la salute.”Ancora Agrinsieme: “Occorre contrastare le triangolazioni di prodotto spagnolo ‘italianizzato’ ed esportato, che causa enormi danno al settore nazionale olivicolo e alla filiera”.  “L’operazione portata a compimento stamane dalla Guardia di Finanza, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani,  mette a fuoco quanto e come spregiudicati mercenari siano in grado di alterare le dinamiche del mercato olivicolo, assestare colpi rilevanti all’immagine ed alla qualità della nostra produzione, incrinare la fiducia in quei consumatori che guardano alla qualità certificata degli alimenti come un elemento di sicurezza”, ha affermato invece il presidente di Confagricoltura pugliese, Alberto Statti.

In una nota congiunta, Federconsumatori e Adusbef hanno chiesto al Governo di inasprire pene e sanzioni “nei confronti di chi lucra sulla salute e sulle tasche dei cittadini”, ed hanno osservato che “Si continua così a spacciare per Made in Italy dell’olio che, di italiano, nella migliore delle ipotesi, ha solo l’etichetta. Un olio dalle qualità organolettiche estremamente scadenti. Una pratica inammissibile che va contrastata con ogni mezzo: dall’azione legislativa alla disposizione di controlli sempre più severi e frequenti”. Anche se sarebbe da aggiungere che oltre alle caratteristiche organolettiche, in realtà ormai facilmente riproducibili, l’olio d’oliva di qualità è prezioso per ben altro: le caratteristiche nutritive, che invece riproducibili non sono affatto.

Sulla questione sono intervenute anche Assitol e Federolio, che hanno osservato che “il valore di queste operazioni va assolutamente apprezzato ma non strumentalizzato, come si comincia a vedere da alcune affermazioni riportate dai mezzi di informazione, perché certi episodi fraudolenti nulla hanno a che vedere con l’aumento delle importazioni di oli di oliva da Paesi esteri”. Secondo quanto riportato anche da un lancio Ansa del 24 luglio, le due associazioni hanno opportunamente precisato che l’Italia ha assoluta necessità di importare olio da altri Paesi poiché non è un Paese autosufficiente, con un consumo interno più elevato della produzione nazionale, e che quindi le importazioni sono indispensabili, e per soddisfare la domanda interna e per esportare prodotti confezionati verso i mercati esteri, consentendo di mantenere il primato come primo Paese esportatore di olio di oliva in confezioni. Se in Italia si confezionasse olio di oliva utilizzando solo materie prime italiane, aggiungono le due associazioni, si arriverebbe al paradosso che i consumatori italiani si troverebbero costretti ad acquistare bottiglie di oli d’oliva confezionate all’estero.” Dati che confermano quelli di Ismea ed il quadro percepito da Agrinsieme, dalle associazioni dei produttori e dai consumatori italiani.

©Futuro Europa®

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