Spalmaincentivi, rischio per Comuni e privati

Il decreto ‘spalmaincentivi’ sulle Energie Rinnovabili, messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico e in discussione in questi giorni in Senato, “rappresenta un grave pericolo non solo per le imprese ma anche per tutti i comuni che ospitano impianti fotovoltaici e per i proprietari dei terreni su cui sono installati”. Ad affermarlo è Assorinnovabili in una lettera inviata all’Associazione Nazionale Comuni Italiani-ANCI, a Coldiretti, a Confagricoltura e a Federfondiaria per chiedere appoggio nelle azioni che avvierà per impedire la conversione in legge del provvedimento. Se approvato, il decreto taglierebbe retroattivamente del 20% gli incentivi agli impianti produttori di energia rinnovabile già esistenti, in particolare quelli a favore dei grandi impianti di 200 kW di potenza, e contemporaneamente imporrebbe un’estensione obbligatoria di 5-7 anni del periodo di incentivazione. Il provvedimento ha suscitato anche i dubbi dell’Agenzia europea per le fonti rinnovabili perché, modificando le condizioni di partenza su cui gli investitori stranieri hanno predisposto i piani economici pluriennali, rischia di arrecare, come ha detto il presidente della Commissione Ambiente del Senato Marinello, “un complessivo danno all’immagine e la possibile fuga dall’Italia degli investitori esteri”.

Per Assorinnovabili dunque, associazione formata nel 2013 dall’unione delle ‘storiche’ Assosolare Associazione nazionale dell’industria solare fotovoltaica – Assosolare e Associazione Produttori Energia Rinnovabile – APER e che riunisce oltre 500 associati forti di oltre 1.300 impianti, il problema non è solo per il comparto industriale ma riguarda ormai le amministrazioni di tutto il Paese. Secondo il rapporto Comuni Rinnovabili 2014 di Legambiente infatti, un documento realizzato con il contributo del GSE e presentato a maggio alla Fiera Solarexpo di Milano, oggi le rinnovabili sono presenti in varia forma e con diversi tipi di impianti e di investimenti in tutti gli 8.054 comuni italiani. Le amministrazioni hanno investito risorse, territorio e anche la propria immagine, fino a creare un vero e proprio sistema di generazione distribuita che lo scorso anno ha prodotto energia pari al 32,9 % dei consumi elettrici del Paese e al 15% di quelli complessivi: un sistema che si basa sulla sinergia tra grandi e piccoli impianti. Per questo il presidente di AssoRinnovabili, Agostino Re Rebaudengo ha spiegato che “aggiungendosi ad una serie di provvedimenti di natura normativa, fiscale e regolatoria che nell’ultimo anno e mezzo hanno già eroso in modo considerevole i ricavi dei produttori di energia da fonte fotovoltaica, la norma, qualora fosse convertita in legge, renderebbe molto probabile il rischio di numerosi default aziendali, con le imprese che si vedranno costrette a ridurre drasticamente i corrispettivi relativi alle obbligazioni assunte nei confronti dei Comuni, ovvero convenzioni e tributi comunali, e dei soggetti che hanno ceduto il diritto di superficie come canoni di affitto”.

Per rendersi conto dell’impatto che lo ‘spalmaincentivi’ potrebbe avere e del suo retroscena è importante comprendere la portata della ‘rivoluzione energetica’ italiana dovuta alle energie rinnovabili: l’ ‘arrivo’ di 49TWh da rinnovabili, incentivato come si doveva in rispetto del protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni da combustibili fossili, ha coinciso con la crisi, la diminuzione della domanda di energia per uso industriale e la riduzione del prezzo unitario nazionale dell’energia alla borsa elettrica. Di qui il ‘capacity payment’, pagato dagli Italiani in bolletta per sostenere impianti ‘fossili’ aperti anche recentemente, con i loro conseguenti investimenti di lungo termine. Ma anche l’ipotesi, che fa da sfondo allo ‘spalmaincentivi’, di ridimensionare il sostegno concesso negli ultimi anni alle rinnovabili considerato evidentemente eccessivo. Per il viceministro allo Sviluppo Economico De Vincenti, infatti, lo ‘spalmaincentivi non è un segnale contro le rinnovabili ma un intervento per riequilibrare il sistema’ De Vincenti aggiunge: “Chiediamo a chi ha avuto vantaggi negli ultimi anni di dare un contributo per ridurre la bollette alle Pmi che invece, negli ultimi anni, hanno pagato più delle concorrenti europee. Con questo intervento – ha specificato il Viceministro – abbiamo razionalizzato gli incentivi che, nella loro generosità, avevano creato problemi di competitività all’economia italiana”.

Il problema, tuttavia, è che il settore rinnovabili ha investito massicciamente, ma soprattutto che ogni euro speso per questo tipo di energia è un investimento sul futuro. C’è anche problema di comunicazione politica non irrilevante: mortificare i recenti progressi nazionali sulle rinnovabili si può trasformare in un problema di credibilità ed autorevolezza per il Paese perché un’Italia ‘ostile’ alle Rinnovabili non farebbe certo bella figura come guida di un’Europa “che deve tornare all’avanguardia sul Clima”, come il Presidente di Turno Matteo Renzi ha affermato nel suo discorso programmatico sulla guida del Semestre Europeo.

Intanto il Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica-Free, che raggruppa circa 30 associazioni del settore, ha proposto in questi giorni con il neo-presidente Gianni Silvestrini una serie di modifiche allo Spalmaincentivi. Free ha chiesto “di non trattare chi ‘autoconsuma’ l’energia rinnovabile prodotta come di chi dovrebbe essere tassato perché inquina, principio al quale si ispirano le norme europee”; il Coordinamento propone, poi, “l’abolizione dell’articolo 25 del decreto che prevede l’introduzione di oneri per i controlli degli impianti a carico dei soggetti responsabili degli impianti stessi”. Secondo Free, poi, l’articolo 26, che prevede la riduzione dal 17 al 24% degli incentivi contrattualizzati per gli impianti fotovoltaici superiori a 200 KW, rappresenta “una violazione del diritto, tramite una misura retroattiva che esporrebbe il nostro Paese ad azioni di rivalsa anche internazionali”.

©Futuro Europa®

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