Cultura

Ivan Pozzoni, Kolektivne Nseae

Ivan Pozzoni, nato a Monza nel 1976, laureato in giurisprudenza, filosofo e letterato, fondatore di un numero indescrivibile di case editrici autogestite, intellettuale irriverente e colto, poeta per definizione, sempre e comunque uomo di cultura antitetico al sistema. Un personaggio Ivan Pozzoni che non potrebbe non piacermi e che non è possibile ignorare come un Paolo Nori qualsiasi, buono per il salotto del Premio Strega.

Kolektivne Nseae (Edizioni Divina Follia – Collana ES) sarebbe una sorta di Nuova socio etno antropologia estetica, così la definisce il suo autore, e questo libro vorrebbe superare l’autoreferenzialità della poesia (arte senza un pubblico secondo Belardinelli) proponendo una visione anarchico individualista del mondo, collegata a una sorta di edonismo, sulle orme di Cartesio, Schopenhauer, Stirner, Nietzsche, Freud, senza dimenticare Dante e tutti i rinascimentali, fino ad arrivare a Marino, Metastasio, Foscolo, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, l’ermetismo, Bene e Fo.

La sua proposta (come Koletivne NSEAE) sarebbe di appoggiarsi alle due linee filosofiche e letterarie alternative alla linea dominante (accolta in Italia dal regime consumistico mondadoriano), seguendo la strada di un’opposizione artistica sulle orme di Dante e Cartesio. Il Kolektivne NSEAE deriva dalle neo-avanguardie millennials, secondo Pozzoni “cede come ogni altra avanguardia all’ironia, al citazionismo, allo straniamento, alla carnevalizzazione, al mistilinguismo, al dédoublement, alla vertigine che sfocia nella follia, alla grammatica generativa, alla sovversione/eversione, all’invettiva e all’estremo impegno sociale movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star system dei dominanti e dell’arte.

Il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) è aperto a tutte le nuove menti in grado di captare il cambiamento di paradigma sociale ed estetico. La scrittura di Ivan Pozzoni è un esperimento estetico che si abbevera a fonti classiche, non rinnega la tradizione, cerca l’arte per l’arte, fuori dagli schemi consumistici di quella che Pasolini chiamava con disprezzo “industria culturale”. Pozzoni rinnega l’io elegiaco dei poeti lirici italiani ma anche il linguaggio dilettantesco dei non poeti in favore di una pura esperienza estetica fondata su solide radici culturali.

Vediamo alcune poesie tratte da Kolektivne Nseae (2024) per capire dalla lettura dei testi quel che Pozzoni considera – oggi come oggi – un tipo di lirica sincera e non autoreferenziale, distante dal mercato consumistico culturale. Il lettore noterà la mancanza di schemi metrici, anche se notiamo diverse assonanze e in certi casi il metro classico (quartina e rima baciata, alternata o meno) viene preso come punto di partenza per modificarne la struttura. Il verso libero (in certi casi musicale) viene portato alle estreme conseguenze per mettere sul piatto della bilancia argomenti scomodi e disturbanti. Leggiamo insieme due estratti.

EZRA POUND

La città non muore mai, avvolta in un alone di fuoco,
nemmeno se la coprono di cavalli di frisia,
non serve neanche riempirla di portoni taglia-fuoco,
la città è sola, si scioglie facilmente in un barattolo di magnesia.

Siamo tutti soli, siamo tutti fatti a pezzetti
i palazzi continuano a farci da cellophane
la solitudine ci impedisce di far progetti
proiettati come Prost in una mortifera chicane.

Le relazioni durano un tanto al metro
amore, amore, sì, ma con criterio
tutti morti, tutti alla Porta di San Pietro
con una scientifica vocazione al martirio.

È la Festa del Lavoro, dignità umana
si va avanti a raccomandati e figli di puttana,
tutti, depressi, ad attendere il Recovery Fund,
e finiremo con Mussolini a stringer la mano a Ezra Pound.

RIDATEMI I MIEI VERSI

Se non sono ancora in grado di scrivere versi
mamma, è perché sono finito tra gli encefali persi,
mamma, amavo una donna prima che fosse nata
e la mia serotonina si è trovata abbandonata.

Ho cantato dei deboli, dei distrutti, i miei scarti di magazzino
non credevo di diventare anche io flessibile come un manichino,
della consistenza di un esacerbato Krusty il clown
detonato senza miccia da giorni up e giorni down.

E io scrivo, versi disprezzati da me stesso e dalla popolazione,
mentre tu, con una valigetta rosa, prendevi il largo alla stazione,
senza nemmeno renderti conto che io ero caduto
nel fango dei miei neuroni come se fossero un anacoluto.

Se mi riuscisse un nodo scorsoio mi appiccherei a un albero
perché a me non resta l’alternativa tra il suicidio e il ricovero,
io nel mio fegato so che è cosa mia
in pubblico continuiamo con la terapia.

La poesia di Ivan Pozzoni potrebbe sembrare anti-poesia ma non è tale, perché con una semplicità espositiva disarmante racconta l’esistenza di un artista, incapace di accettare compromessi, che vorrebbe vivere la sua vita come un’opera d’arte.

©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Eventuali immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

Camera di Consiglio

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *