Holodomor, un genocidio dimenticato

Ucraina – Nel mese di giugno 1933, si raggiunse il picco di morti da fame: trentamila persone al giorno perdevano la vita per fame: una fame causata dall’uomo, intenzionalmente, e non da una carestia dovuta a cause naturali. Era l’Holodomor.

Tradotta letteralmente dall’ucraino, la parola Holodomor, vuol dire “morte per fame”, e a fame fu l’arma che Stalin di fatto utilizzò quando impose alla nazione, grande produttrice di grano, un radicale cambiamento dell’economia che, in realtà, era finalizzato ad altro.

Fu un vero e proprio genocidio, come ha sancito l’ONU in una dichiarazione del 2003 che ha definito la carestia di quell’anno come il risultato di politiche e azioni “crudeli” che provocarono la morte di milioni di persone.

L’Unione Sovietica era governata da Stalin che dalla seconda metà degli anni Venti aveva avviato una trasformazione profonda e radicale della struttura economica e sociale dello Stato sovietico, allo scopo di creare un’economia e una società completamente regolate e disciplinate dallo Stato. L’Ucraina, assieme ai territori meridionali russi sul Mar Nero, dopo la Prima guerra mondiale, aveva confermato la sua vocazione agricola. Secondo il progetto del governo, la ricchezza prodotta dall’agricoltura doveva essere interamente reinvestita nell’industria, il nuovo motore dell’economia pianificata. Un processo di difficile realizzazione in paesi a forte vocazione agricola e con strutture non certo adeguate al salto verso un’economia industriale.

A partire dal 1927 Stalin dispose che le terre venissero unificate in cooperative agricole (Kolchoz) o in aziende di Stato (Sovchoz), che avevano l’obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo Stato. Affinché il processo si realizzasse compiutamente, le terre e tutta la produzione dovevano passare sotto il controllo dello Stato.

Abbandonate totalmente le tesi di Bucharin, all’epoca membro del Politburo e contrario alla collettivizzazione, Stalin dispose che le terre venissero unificate in cooperative agricole (Kolchoz) o in aziende di Stato (Sovchoz), con l’obbligo di consegnare i prodotti al prezzo imposto. Affinché il processo si realizzasse, le terre e tutta la produzione dovevano passare sotto il controllo dello Stato. In realtà si può affermare che scopo di Stalin era quello di distruggere la popolazione ucraina.

L’Ucraina aveva infatti una lunga tradizione di fattorie gestite individualmente. I piccoli imprenditori agricoli (kulaki) costituivano la componente più indipendente del tessuto sociale ed economico locale. Cercarono quindi di resistere a un sistema che avrebbe voluto la collettivizzazione su base volontaria, ma la risposta fu una violenta repressione dello Stato che portò alla deportazione di milioni di piccoli proprietari terrieri. Il regime iniziò a porre pressioni sui contadini e furono inviati decine di migliaia di funzionari mentre lavoratori dell’industria, perlopiù devoti bolscevichi, furono inviati dalle città nelle campagne per aiutare a condurre le fattorie e combattere le forme di resistenza attiva e passiva, lotta che fu eufemisticamente denominata “dekulakizzazione” (non ricorda odierne operazioni speciali”?). Venne anche creata una commissione, guidata da Molotov, per sorvegliare la requisizione del grano che i contadini cercavano di nascondere per la loro sopravvivenza.

Il grano ucraino era infatti destinato al sostentamento delle necessità alimentari delle grandi città russe e per l’esportazione, mai fermata per le necessità del governo di disporre di valuta pregiata. Nella sua opera di propaganda, il Partito Comunista Sovietico etichettò i contadini ucraini come “kulaki” e li additò come “classe sociale” privilegiata. Non dimentichiamo, inoltre, che l’Ucraina anche in quel periodo rivendicava la propria indipendenza e, anche a fronte della accertata carestia, Mosca negò ogni forma di intervento e impedì ai cittadini ucraini di lasciare i territori ormai allo stento.

L’Holodomor ha causato un numero di morti stimato tra i tre ed i cinque milioni e si parla anche di atti di cannibalismo. Oggi, anche l’Unione Europea lo considera genocidio e crimine contro l’umanità anche se da parte russa si è sempre cercato di minimizzarlo o, quantomeno, a definirlo atto non volontario da parte delle allora autorità comuniste.

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