Cronache dai Palazzi

Continua la battaglia tra i sindacati e Palazzo Chigi, mentre il maxiemendamento sul decreto legge fisco e lavoro ha ottenuto il primo sì in Senato con la fiducia.

“Basta chiamarci a cose già decise”, ha affermato Maurizio Landini aggiungendo: “Ci sono troppi contratti che autorizzano forme di precariato. Bisogna riportare il lavoro a termine e quello interinale alle causali e alla loro funzione ordinaria e sostituire il resto, dai tirocini al lavoro a chiamata, con un contratto unico di inserimento lavorativo, dal forte contenuto formativo e finalizzato alla stabilizzazione”. Occorre in pratica “affrontare quella che ormai è una ‘pandemia salariale’”, ossia “i bassi salari che riguardano intere categorie”, ammonisce Landini puntualizzando che in mancanza di risultati dovranno essere inasprite le forme di mobilitazione. “Lo sciopero generale non è un fine, ma un mezzo cui il sindacato ricorre quando tutti gli spazi di confronto sono chiusi”, spiega il leader della Cgil che si aspetta da Palazzo Chigi dei “risultati” a proposito di fisco, pensioni e lavoro.

Il leader della Cgil insiste sulla “decontribuzione e le detrazioni” al fine di “aumentare il netto a favore dei lavoratori dipendenti e del pensionati”. La manovra sull’Irpef messa in campo da Palazzo Chigi avrebbe “benefici molto limitati per i redditi fino a 35 mila euro”, i quali corrispondono all’85% del totale. I benefici sembrano concentrarsi nella fascia tra i 40 e i 60 mila euro e nella fascia superiore fino a 75 mila euro per cui si risparmiano fino a 270 euro l’anno, in pratica una cifra superiore a quanto previsto per chi ha fino a 15mila euro di reddito. Si tratta di “un’idea di progressività a rovescio – ammonisce Landini – e non si interviene né sull’evasione né sulle grandi ricchezze”.

Anche a causa della pandemia e della pesante crisi economica concomitante, il problema lavoro torna al centro della scena, in primo luogo per quanto riguarda le fasce economicamente più deboli, donne e giovani e lavoratori con salari minimi che continuano ad essere preda di una precarietà resa ancor più asfissiante dalla pandemia. “Se si vuole davvero sconfiggere la pandemia e ricostruire un clima di fiducia, è ora di dare risposta a questi bisogni, mettendo al centro il lavoro e le condizioni di vita delle persone”, ammonisce il segretario generale della Cgil.

Per quanto riguarda la manovra ormai prossima, per i sindacati non si tratta semplicemente di intervenire sul calcolo dell’Irpef occorre, nel contempo, occuparsi di riavviare la riforma degli ammortizzatori sociali, potenziare la spesa per il sistema sanitario nazionale e le risorse per i contratti pubblici. Sono necessari inoltre dei “cambiamenti” per quanto riguarda la scuola, le politiche industriali, per fronteggiare la precarietà, e per affrontare la questione controversa delle pensioni.

Le misure prospettate dal governo ai sindacati Cgil Cisl e Uil, durante il vertice che si è svolto a Palazzo Chigi, prevedono una decontribuzione una tantum per tagliare il cuneo fiscale sul lavoro e più risorse per rendere meno pesante il carico delle bollette di luce e gas per un ammontare complessivo di due miliardi.

Sulla stessa lunghezza d’onda della Cgil, con Maurizio Landini che afferma “non abbiamo ottenuto le risposte che ci aspettavamo”, anche il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri manifesta una certa “insoddisfazione” per le misure messe in campo fino ad ora. Mentre la Cgil preannuncia un eventuale sciopero generale, Cisl spinge per un accordo e vede il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto: “Abbiamo apprezzato che il governo abbia messo un miliardo e mezzo per la decontribuzione per i lavoratori dipendenti con meno di 47mila euro. Una misura temporanea che abbiamo chiesto diventi strutturale”. I due miliardi suddetti dovrebbero derivare dal taglio dell’Irpef e dell’Irap nel 2022.

Il governo si difende dall’accusa di aver privilegiato i redditi più alti e il premier Draghi propone un contributo di solidarietà straordinario da far pagare ai redditi sopra i 75 mila euro indirizzando le risorse che ne conseguirebbero alla risoluzione del caro-bollette, per cui sarebbero disponibili circa 250 milioni di euro. Una proposta che però non è stata condivisa all’interno della maggioranza. La proposta di Mario Draghi sembrava aver preso in considerazione la richiesta dei sindacati ma nulla di fatto. Non è stato possibile raggiungere un accordo a causa delle posizioni contrarie del centro-destra e di Italia Viva.

Nella mattinata di venerdì il Governo ha inoltre confermato l’emendamento alla Manovra che prevede la riduzione strutturale di 7 miliardi per quanto riguarda l’Irpef e un miliardo per l’Irap a partire dal prossimo anno, conservando la distribuzione decisa in precedenza: 4,2 miliardi a vantaggio dei lavoratori dipendenti, 2,3 dei pensionati e il poco che rimane a favore degli autonomi. Considerando il totale dei contribuenti, i redditi fino a 28i mila euro dovrebbero ricevere circa 3,4 miliardi di taglio dell’Irpef; i redditi tra 28 e 50mila euro circa 2,7 miliardi; il beneficio per i redditi superiori a 50mila euro dovrebbe essere infine inferiore al miliardo.

Nell’incontro con il Governo del 2 dicembre Cgil, Cisl e Uil avevano richiesto, nello specifico, di non prevedere “risparmi” per coloro che guadagnano più di 75 mila euro all’anno. Lo stop per uno o due anni al taglio dell’Irpef per i più abbienti non è stato però condiviso non solo dai renziani e dal centro-destra ma non ha incontrato il parere favorevole nemmeno del ministro dell’Economia Daniele Franco. Mentre Pd e Leu erano favorevoli, ritenendola “una proposta giusta”, in grado di far fronte alla necessità di “introdurre elementi di solidarietà per ridurre le distanze e promuovere coesione sociale”.

Lega, Forza Italia e Italia Viva hanno chiesto “con forza” il rispetto dell’accordo raggiunto sugli 8 miliardi per il taglio dell’Irpef e dell’Irap, e di “non penalizzare il ceto medio già messo a dura prova dalla crisi economica conseguente la pandemia”. Un ulteriore elemento di divisione è la decontribuzione di 1,5 miliardi una tantum per i redditi sotto i 47 mila euro, che i partiti hanno faticosamente raggiunto di concerto con il Mef la settimana scorsa. Considerando le richieste avanzate dalle forze sindacali, in queste ore si sta discutendo se far scendere l’asticella definendo la soglia dei 35 mila euro per favorire le fasce più deboli al di sotto di tale ammontare di reddito. Attaccando il Mef il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, lo accusa di “aver abdicato al suo ruolo di indirizzo politico” e specifica: “Mi dispiace che lasci 8 miliardi sul tavolo ai partiti per decidere in che modo suddividerseli”.

Per quanto riguarda la pandemia da Covid preoccupa l’incremento dei contagi e delle presenze dei pazienti all’interno degli ospedali, sia nei reparti ordinari sia nelle terapie intensive. Nel contempo l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha approvato il vaccino per i bambini dai 5 agli 11, con una dose di 10 milligrammi (rispetto ai 30 degli adulti) e due iniezioni a distanza di tre settimane. L:’obiettivo è iniziare con le inoculazioni poco prima delle festività natalizie, molto probabilmente dal 16 dicembre. La priorità verrà data ai più fragili, circa il 10% del totale, e ogni Regione deciderà tempi e modi delle vaccinazioni per i bambini. In Italia i minori di età compresa trai 5 e gli 11 anni sono circa 3,6 milioni e secondo gli esperti la campagna vaccinale potrebbe dare risultati rilevanti vaccinando almeno il 50 per cento della platea.

Vaccinare i bambini “sarà una scelta volontaria – ha assicurato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa -: per gli under 12 non si prevederà alcun green pass. Ma dobbiamo dire con chiarezza che un vaccino offre un beneficio prima di tutto a chi lo riceve”. Come emerge da una nota dell’Aifa, “i dati disponibili nei rapporti dell’Istituto superiore di sanità mostrano nelle ultime settimane un chiaro incremento del numero di contagi nella popolazione di 5-11 di età. Sebbene l’infezione sia sicuramente più benigna nei bambini, in alcuni casi essa può essere associata a conseguenze gravi, come il rischio di sviluppare la sindrome infiammatoria multisistemica che può richiedere anche il ricovero in terapia intensiva. La vaccinazione dei bambini comporterebbe un aumento della copertura dell’intera popolazione e, quindi, una maggiore protezione anche per i soggetti più fragili di tutte le età”. Occorre inoltre considerare “ulteriori benefici” per i bambini “quali la possibilità di frequentare la scuola e condurre una vita sociale importante in questa fascia di età”.

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