Il vertice di Glasgow

La riunione delle Nazioni Unite a Glasgow sul clima pare aver prodotto qualcosa di più del Summit romano dei G20. I partecipanti si sono impegnati a ridurre con il tempo le emissioni del metano, a rendere meno care le energie rinnovabili e le auto elettriche, a limitare la deforestazione.

Sono certamente obiettivi indispensabili per portare a contenere l’aumento del riscaldamento sulla terra a 1,5 gradi, che sono comunque molti. Saranno realmente perseguiti? Tutti sappiamo che in realtà non dipendono dalla buona o mala fede di chi li sottoscrive, ma da giganteschi problemi economici e da tremende resistenze di potentissimi gruppi, sostenute da vasti gruppi di lavoratori dei vari settori. Pensiamo all’importanza dell’estrazione del carbone e a mastodonti del petrolio come SHELL, TEXACO, BP etc. E, naturalmente, ai paesi produttori di petrolio, che rischierebbero in futuro di ritrovarsi senza entrate.

Per questo, le promesse fatte a Glasgow sono tutte su tempi lunghi o lunghissimi. Che fan si che nessuno dei leader firmatari sarà realmente chiamato ad applicarle. Solo Biden ha indicato date precise e ravvicinate. Un limite sta inoltre nel fatto che non si tratta di obblighi giuridicamente vincolanti ma solo di dichiarazioni di intenzioni. I Governi che succederanno a quelli che hanno firmato oggi, potranno in qualsiasi momento svincolarsi. Si è già visto con lo scellerato Trump.

Infine, l’assenza a Glasgow (come a Roma) del Presidente cinese Xi è un cattivo segno. La Cina rappresenta più di un quinto dell’umanità e una parte importante nell’uso di energie fossili, un uso che è in crescente espansione. Se non collabora, quasi tutto è inutile.

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