Cronache dai Palazzi

Continua la serie di contatti internazionali a causa del conflitto afgano. Lo sforzo diplomatico di Palazzo Chigi mira a costruire un consenso internazionale sulla base di alcuni elementi fondamentali per il futuro dell’Afghanistan, condivisi sia dal Cremlino sia dalle altre potenze europee come la Francia. In primo piano la lotta al terrorismo e al traffico di droga, la difesa dei diritti umani e delle donne in particolare. In una riunione straordinaria del G7, presieduta dal ministro inglese Dominic Rabb, i ministri degli Esteri dei vari Paesi hanno confermato l’impegno per “l’urgente necessità della cessazione della violenza”, il rispetto dei diritti umani e l’importanza di negoziati “inclusivi” per assicurare al popolo afgano un futuro di civiltà e di rispetto alla luce del diritto umanitario internazionale. “I ministri del G7 hanno sottolineato l’importanza che i talebani mantengano i loro impegni per garantire la protezione dei civili. Il G7 sta continuando gli sforzi per fare tutto il possibile per evacuare le persone vulnerabili dall’aeroporto di Kabul”, ha assicurato Rabb. L’impegno è “cercare una soluzione politica inclusiva” e garantire una “assistenza umanitaria” adeguata per salvaguardare la vita di chi è in pericolo.

Occorre “giudicare i talebani dalle azioni non dalle parole”, ha ammonito il ministro degli Esteri Di Maio, aggiungendo: “È importante agire in maniera coordinata nei confronti dei talebani. Abbiamo a disposizione qualche leva, sia pur limitata, su di loro, come l’isolamento dalla comunità internazionale e la prosecuzione dell’assistenza allo sviluppo fornita finora. Dobbiamo mantenere una posizione ferma sul rispetto dei diritti umani e delle libertà e trasmettere messaggi chiari tutti insieme”.

Di Maio ha a sua volta rimarcato il piano attuale dell’Italia che consiste nel trasferire circa 2.500 civili afgani che negli ultimi anni hanno collaborato con le istituzioni italiane. Attualmente sono arrivati in Italia più di 500 afgani tra ex collaboratori e famiglie, personale dell’Ue e della Nato, tutti in fuga dalle rappresaglie dei talebani. Nel frattempo, in seguito alla conquista di Kabul da parte dei talebani, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato la sospensione dei finanziamenti erogati dall’Organizzazione all’Afghanistan, compreso un pagamento di circa mezzo miliardo di dollari già programmato. La comunità internazionale non può tollerare un governo talebano al comando del Paese. In questo frangente la leva finanziaria rappresenta in pratica una leva politica, in quanto è uno dei principali strumenti per raggiungere un accordo. Per la prossima settimana è in programma un G7 virtuale organizzato dal presidente del Consiglio Draghi in accordo con il premier britannico Boris Johnson con l’obiettivo di coinvolgere anche il presidente americano Joe Biden.

“L’impegno è massimo per evacuare chi ha collaborato con l’Italia – ha ribadito il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini -. C’è un enorme sforzo per completare il piano di evacuazione dei collaboratori afgani, degli attivisti e di chi è esposto al pericolo”. Sono circa 1.500 i militari impegnati a metter in salvo le persone a rischio”, ha dichiarato inoltre il colonnello Diego Giarrizzo del Comando operativo di vertice interforze (Covi). Il 24 agosto il ministro Guerini informerà il Parlamento sulla situazione in Afghanistan, rivendicando “con orgoglio la storia e le ragioni della missione italiana” e gli “importanti risultati” ottenuti nella lotta contro il terrorismo islamico in particolare negli ultimi vent’anni.

Anche il ministro degli Esteri Di Maio ha ribadito la necessità di un “fronte comune antiterrorismo”. “In questi due decenni abbiamo avuto successo nella lotta al terrorismo in Afghanistan e dobbiamo evitare che diventi di nuovo un terreno fertile per il terrorismo. Questo è un chiaro esempio di un interesse condiviso che possiamo perseguire solo in stretta collaborazione con i principali attori regionali, che dobbiamo coinvolgere immediatamente e in modo coordinato”, ha sottolineato Di Maio.

Come sottolinea Filippo Grandi alla guida dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, “il pericolo di una guerra civile esiste. Ma ogni esodo sarebbe in primo luogo regionale: Pakistan, Iran, forse Tagikistan. In quel caso se gli aiuti a questi Paesi non fossero consistenti, allora sarebbe forte il rischio che i movimenti continuino verso l’Europa”. Inoltre occorre ricordare che “ci sono 3/4 milioni di afgani rifugiati nel proprio Paese, sfollati in altre regioni, che hanno urgente bisogno di aiuto”. È fondamentale “continuare ad aiutarli in Afghanistan e convincere gli Stati vicini a restare Paesi di accoglienza e asilo”, in quanto “non farlo rischia di provocare ulteriori esodi oltre regione”. Alla luce delle “forti criticità” emerse in questo frangente occorre “rivedere certe strategie”, ha precisato il ministro della Difesa Guerini, per fronteggiare “situazioni presenti e future”, cercando di correggere gli errori commessi nella gestione del “nation building” e procedere a “tracciare il futuro”, come auspicato dal premier Draghi.

Di certo “non bisogna isolare Kabul”, seguendo la linea impostata in Europa, affinché “l’Afghanistan non torni ad essere la centrale del terrore”. L’obiettivo principale è “prevenire una catastrofe umanitaria”, come ribadito anche nel colloquio telefonico tra Mario Draghi e Vladimir Putin. Il servizio stampa del Cremlino ha riferito inoltre che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sarà in Italia il 26 e il 27 agosto per incontrare il presidente del Consiglio Draghi e il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio.

Nel contempo, detenendo la presidenza del G20 e come Paese in stretto coordinamento con il G7, l’Italia ha in programma di convocare “una riunione ad hoc a livello di leader per promuovere una discussione approfondita sull’Afghanistan”, ha precisato Di Maio, spiegando che “il format del G20” consentirà al nostro Paese di coordinare la propria posizione con altri partner importanti come Russia, Cina, Turchia.

“Si vince insieme o si perde insieme” e “la crisi del virus lo conferma”, ha puntualizzato il presidente Sergio Mattarella in collegamento dal Quirinale intervenendo al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione (dal 20 al 24 agosto). Il capo dello Stato ha auspicato un rafforzamento della “comunità solidale” all’interno e al di fuori dei nostri confini, volgendo uno sguardo particolare ai giovani e all’Europa. “L’Unione si fa motore di un nuovo sviluppo dei nostri Paesi, uno sviluppo più equilibrato e sostenibile. È un’occasione storica che dobbiamo saper cogliere e trasformare in un nuovo, migliore e stabile equilibrio”.

Partendo dalla frase che rappresenta il motore dell’evento di Rimini, “Il coraggio di dire ‘io’” di Soren Kierkegaard, che sottolinea la necessità di fare ognuno la propria parte per contribuire al bene comune – in particolar modo in un periodo di profonda crisi sanitaria, economica e sociale come quello attuale – il capo dello Stato ha ribadito: “C’è un io, un tu e un noi anche per l’Europa e per le sue responsabilità, contro ogni grettezza, contro mortificanti ottusità miste a ipocrisia, che si manifestano anche in questi giorni che sono frutto di arroccamenti antistorici e, in realtà, autolesionisti”. Di fronte al dramma del popolo afgano, alle grida di aiuto che arrivano dalla città di Kabul oppressa dai talebani, non si può rimanere indifferenti, occorre recuperare i valori fondanti dell’Unione europea, tra cui democrazia e libertà, che per affermarsi hanno però bisogno di un io forte e responsabile, che sia in grado di evitare eventuali “nuovi rischi di omologazione, di esclusione, di smarrimento, di sfiducia”.

“Libertà e democrazia richiedono, per rafforzarsi – ha puntualizzato il presidente Mattarella – di un retroterra vivo di partecipazione, autonomia di organizzazione sociale, conoscenze diffuse in modo da alimentare una cultura ricca di creatività, trama di coesione, rispettosa delle reciproche differenze”. La responsabilità individuale è fondamentale per costruire una responsabilità collettiva e la fiducia nel futuro rappresenta la chiave per aprire le porte di un mondo migliore.

“Il coraggio di dire ‘io’” è quindi “indispensabile per dare concretezza, realtà umana, a principi che altrimenti resterebbero inerti, o peggio verrebbero traditi dalla rinuncia o dal nascondimento”. La pandemia, ha inoltre affermato il capo dello Stato, “ci ha dimostrato quanto ci sia bisogno del coraggio della responsabilità. Nell’opera dei medici e del personale sanitario. Nel lavoro di chi svolge mansioni sociali. Nell’impegno di chi opera nel tessuto economico. Nell’azione dei governi e degli organismi internazionali. Ma anche nei comportamenti di ognuno di noi”. In definitiva, “il coraggio dipende dalla capacità di ciascuno di essere responsabilmente se stesso” ciò che rappresenta la fondamentale “condizione dell’esercizio della libertà”.

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