Cronache dai Palazzi

Continua la partita politica sul Recovery plan, la sfida è programmare e realizzare investimenti per 209 miliardi di euro entro il 2026. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incaricato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, di occuparsi della messa a punto del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), avendo il ministero di via XX Settembre strutture e competenze per farlo.

Dopo il pressing di Italia viva (pressing ancora in corso) Palazzo Chigi rende noto che “la nuova versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza punterà con ancora maggior decisione sugli investimenti, soprattutto quelli ad alto impatto sulla crescita, sulla trasformazione dei settori e sulle filiere innovative. Maggiori risorse saranno destinate alla salute, ai giovani, al terzo settore, agli asili nido e alle persone con disabilità”.

Sarebbero circa una ventina i miliardi in più, grazie al Fondo Sviluppo e Coesione. Nello specifico aumentano le risorse per la Sanità, che da 9 diventano circa 19,7 miliardi di euro tra cui 1,7 del React Eu (i fondi del Recovery Fund destinati all’emergenza Covid), 7,5 miliardi per rafforzare la medicina territoriale e la telemedicina, 10,5 miliardi per il digitale.  Aumentano inoltre gli investimenti destinati ad asili nido e materne con circa 4,6 miliardi in più. Quasi dieci miliardi in più saranno investiti nelle politiche attive per il lavoro (12,6 miliardi di euro) applicando una fiscalità di vantaggio per il Sud e il taglio dei contributi qualora si assumino giovani e donne. Altri 10,8 miliardi per interventi sociali tra cui Rigenerazione urbana e Housing sociale (un miliardo in più), Servizi socio-assistenziali e problematiche legate alla marginalità (tre miliardi in più). È previsto inoltre un incremento delle risorse per il settore istruzione e ricerca con 27,9 miliardi (9 in più), tra cui 7 per la didattica e il diritto allo studio e circa 3,5 miliardi per la ricerca. Salgono da 3,1 a 8 miliardi le risorse per Turismo e Cultura, tra cui 3 destinati ai Comuni per i Siti turistici minori e le periferie, come richiesto da Italia viva. Grazie al Fondo Sviluppo e Coesione sarà rafforzata anche l’Alta velocità per il Sud (4,6 miliardi in più) e la manutenzione stradale 4.0. Risorse aggiuntive infine per il settore della giustizia, per smaltire cause civili arretrate in virtù della digitalizzazione e l’assunzione di personale a tempo determinato. In aumento anche le risorse per la Banda larga 5G che da 3,5 salgono a 4,2 miliardi.

Nonostante gli sforzi per quanto riguarda la ripartizione delle risorse non è ancora chiaro chi sarà responsabile della realizzazione dei progetti anche di fronte alle istituzioni europee, un nodo che il Cdm deve ancora sciogliere con l’aiuto del Parlamento e delle forze sociali. Indefinite inoltre le preannunciate riforme della giustizia, dell’amministrazione e dell’assistenza ai disoccupati.

Sarebbero previste decine di migliaia di assunzioni a tempo determinato tra tribunali e vari luoghi del pubblico impiego, mettendo a disposizione ulteriori 2 miliardi, ma l’Unione europea potrebbe valutare non positiva tale iniziativa se non servirà a rendere più efficienti le suddette strutture in maniera stabile. “Se non ci sono riforme non ci sono neanche le assunzioni”, ha puntualizzato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

“Ci aspettiamo una iniziativa del premier su due versanti, il primo è cambiare il Recovery e il secondo è che il rilancio programmatico, che si è aperto con i tavoli delle riforme, trovi nuovo impulso e raggiunga gli obiettivi alla sveltissima”, spiega Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera, intervistato dal Corriere. “La discussione sul Recovery non è surreale – aggiunge Delrio – e riguarda il futuro del Paese e se abbiamo chiesto di affrontare la riforma della Giustizia, la legge elettorale e le riforme istituzionali, non è per indebolire Conte, ma perché è la sostanza della democrazia”. In sostanza per Delrio “il punto chiave è se nella bozza del Recovery ci sono più investimenti e meno bonus, se c’è una più efficace risposta green di politica industriale”.

Sono sei le aree tematiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (45,06 miliardi); Rivoluzione verde e transizione ecologica (67,44 miliardi); Infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,9 miliardi); Istruzione e ricerca (circa 27 miliardi); Inclusione e coesione (21,28 miliardi); salute (18,1 miliardi).

Oltre agli incrementi vanno comunque registrati anche i tagli rispetto al piano precedente. Il settore Digitalizzazione e innovazione del sistema produttivo risulta essere il più penalizzato con un taglio di oltre 10 miliardi (da 35,5 a 26,5 miliardi); circa 6 miliardi in meno per l’efficientamento degli edifici pubblici e 3 in meno per il Superbonus 110%, prorogato a sua volta fino alla fine del 2023 ma esclusivamente per interventi antisismici e per l’edilizia popolare.

Tagliati altri 6 miliardi per Transizione 4.0, il nuovo Piano Nazionale del ministero dello Sviluppo Economico, considerato uno dei mattoni fondamentali del Recovery Fund italiano. Un investimento di risorse di circa 24 miliardi di euro “per una misura che diventa strutturale e che vede il potenziamento di tutte le aliquote di detrazione e un importante anticipo dei tempi di fruizione”, come spiega il ministero di Patuanelli. Gli obiettivi principali del nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 sono due: stimolare gli investimenti privati e dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto da novembre 2020 a giugno 2023. Vantaggi fiscali; maggiorazione dei tetti e delle aliquote riguardo a beni materiali e immateriali; ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica e transizione ecologica; formazione, sono queste le voci principali del piano Transizione 4.0 dedicato al mondo delle imprese italiane.

Prorogate infine le restrizioni anti Covid di fronte ad un quadro epidemiologico che allarma gli scienziati. Come spiega il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, “stanno crescendo, seppur lentamente, i ricoveri con sintomi, i posti letto occupati in terapia intensiva  e gli attualmente positivi sono arrivati a 571 mila. Con questi numeri il rischio è che la terza ondata si innesti nella fase discendente della seconda”.

Il nuovo Dpcm che entrerà in vigore il prossimo 16 gennaio dovrebbe scadere a fine mese. Vietati gli spostamenti tra le regioni e scontato il coprifuoco serale e notturno, dalle 22 e alle 5 si può uscire dalla propria abitazione esclusivamente per ragioni di salute, lavoro e necessità. Ancora chiusi teatri, cinema e palestre. “Si rammenta la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone – ricorda un’ordinanza del ministero della Salute -. È fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e rimanga a casa il più possibile”.

Con un Rt superiore ad 1 cinque Regioni ( Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto) sono infine entrate in zona arancione – come stabilito da un’ordinanza firmata dal ministro Roberto Speranza, che andrà in vigore a partire da domenica 10 gennaio – dove i bar e ristoranti sono chiusi, i negozi aperti ma non si può uscire dal proprio Comune di residenza. “Dobbiamo tenere il massimo livello di attenzione perché il virus circola molto e l’indice del contagio è in crescita”, scrive il ministro della Salute in un tweet comunicando il passaggio in arancione delle suddette Regioni.

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