Obsolescenza programmata, vale anche per l’uomo?

Puntualmente sono agli onori della cronaca le notizie sui modelli di telefoni cellulari che, a breve, non supporteranno più alcune funzioni tra cui quella che sembra essere diventata per moltissimi quella fondamentale: WhatsApp. Niente di strano dobbiamo precisare, sotto il titolo volutamente allarmistico con cui si mettono nell’angoscia gli utilizzatori dell’app più usata al mondo per inviarsi messaggi scritti o vocali, foto e video, creare gruppi, lavorare e molto altro ancora, il giornalista precisa che si tratta semplicemente di obsolescenza programmata, vale a dire la strategia alla base di normali sistemi economici e produttivi per la durata di un prodotto. Può essere oggi considerato un effetto fisiologico dovuto allo sviluppo tecnologico che si muove a velocità talvolta insostenibili per il consumatore al punto di far venire alla mente le parole usate in “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, quando il protagonista si lamenta perché non riesce a diventare proprietario di beni acquistati a rate che termina di pagare quando sono già sfasciati o troppo vecchi.

Il termine e l’idea sono nati all’epoca della grande depressione, quando il broker immobiliare americano Bernard London propose come soluzione della crisi la “planned obsolescence”. In parole povere l’idea di creare nuovi prodotti, rendere inutilizzabili o più difficili da usare quelli esistenti, creare bisogni nei consumatori. Una tecnica che crea un aumento delle vendite riducendo i tempi tra gli acquisti di beni. E se negli anni trenta e quaranta poteva essere una strategia anche a lungo termine, il progresso che stiamo vivendo in quest’epoca di rivoluzione digitale lo rende efficace anche nel brevissimo. Basti solo pensare che un cellulare di sei mesi è già quantomeno superato.

Già nel 1924 quando il mercato dell’auto era saturo, venne proposta l’idea di un salone dell’auto ogni anno con nuovi modelli che facessero percepire agli automobilisti come la loro auto fosse superata. Certo, l’obsolescenza programmata può avere anche utilizzi non etici: chissà se è sono storie vere o leggende metropolitane quelle che narrano di cartelli di produttori di lampadine che avevano stabilito la loro durata oppure il racconto secondo cui i produttori di calze da donna abbiano chiesto di rendere meno resistente il nylon perché altrimenti il prodotto sarebbe durato quasi in eterno. Tuttavia è logico pensare che un abito o un altro prodotto che durasse in eterno avrebbe pesantissime ricadute sull’economia, a parte il fatto di venire a noia.

Sembra, ma non possiamo esserne sicuri che almeno ad alcuni prodotti non possa trovare applicazione questa tecnica, tipo i carrelli dei supermercati, in ogni caso è difficile immaginare oggi che un prodotto possa avere un ciclo di vita come quello della macchina da scrivere che è rimasta la stessa, con poche variazioni, in tutto il suo secolo di operatività. Non dobbiamo quindi più pensare, come molte volte abbiamo fatto, che quel modello di scarpa o cellulare sia il top irraggiungibile adesso sappiamo che non è così.

E l’uomo come si colloca in tutto ciò? Anche lui può diventare obsoleto? Decisamente sì, ne prendiamo atto ogni giorni che chi non si aggiorna è destinato ad estinguersi. Non parliamo solo a livello tecnologico; basta pensare che il barbiere e il meccanico, oggi, fanno un lavoro che venti anni fa era veramente un’altra cosa, ma possiamo anche vedere e non solo immaginare scenari catastrofici.

E’ del 1976 il film La fuga di Logan la scena si svolge in un immaginifico 2274 quando gli abitanti della terra, reduce da una guerra nucleare, hanno una durata di vita prestabilita in trenta anni e sono gestiti da un computer che pianifica la loro esistenza, peraltro molto agiata. Gli uomini non nascono naturalmente, ma vengono clonati dal sistema sulla base di variabili genetiche che garantiscono diversità e continuità allo stesso tempo. Allo scadere del loro tempo, che si manifesta con il cambio di colore di una pietra che ognuno ha incastonato nella mano, volontariamente tutti partecipano ad una cerimonia che vede il dissolvimento dei loro corpi che si rinnoveranno in altri esseri umani. Ma è davvero così? La trama del film continua fino alla vittoria del protagonista che riesce ad andare oltre il sistema, ma rivedere quelle scene avendo negli occhi il mondo di oggi, pone inquietanti interrogativi sul futuro. Anche l’uomo potrà essere oggetto di una obsolescenza pianificata? La corsa del progresso può indurci a ritenerlo possibile.

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