Libia e noi

È più che evidente che dietro i contendenti diretti nel conflitto libico, il gen. Haftar e il Primo Ministro Serraj, ci sono “padrini” ben più forti e importanti. Dietro ad Haftar, Russia, Egitto, Francia, dietro Serraj la Turchia: sono Putin ed Erdogan a tenere in mano le chiavi del problema (come è già avvenuto per il problema curdo in Siria). Non che i loro interessi siano convergenti. Anzi! Tra i due c’è un non larvato conflitto di influenza in Libia e controllo delle sue risorse. Ma i due sono giocatori spregiudicati e pragmatici, disposti a giocare la partita mettendo in campo strumenti militari reali, senza dei quali tutte le bene intenzionate iniziative diplomatiche, dall’ONU in giù, alla fine producono solo chiacchiere, ma sono anche capaci di trovare un accordo di compromesso, dividendosi le sfere d’influenza in quel Paese.

Le proposte di cessate il fuoco  negoziate a Mosca (a Mosca, capite?, non al Cairo o a Roma) portano a una effettiva divisione del Paese, con una forza d’interposizione dell’ONU, che solidifichi la spartizione tra Cirenaica (dominata dai russi) e Tripolitania, controllata dai turchi. La parte del leone l’hanno i russi, visto che è prevista la presenza di truppe di Mosca per controllare il cessate il fuoco e un congelamento della presenza militare turca (non per niente Serraj ha esitato a firmare).

E l’Occidente? E noi?  L’Occidente, responsabile diretto del tragico caos in Libia con la eliminazione di Gheddafi, ha da allora seguito una via contraddittoria e contorta. E gli Stati Uniti, sempre restii a impegnarsi veramente in quell’area,  sono in pieno “disengagement” sotto la guida dissennata di Donald Trump. Senza la forza politica e militare dell’America, è ovvio riconoscerlo, l’Occidente non ha reali possibilità. Quelle francesi sembrano più che altro velleità, gli inglesi senza gli americani non muovono un dito. I tedeschi tentato la via diplomatica, con la Conferenza di Pace convocata per il 19 gennaio a Berlino.

E noi? Ammiro l’attivismo del Premier Conte, espostosi in prima persona, incontrando Haftar, Serraj, Erdogan e gli egiziani e dialogando con Macron e con la Merkel. Ma in situazioni del genere, di solito, parla con autorità chi ha un grosso bastone in mano. E Conte, non per colpa sua, non ce l’ha. Per cui il risultato prevedibile è che, per proteggere quello che resta dei nostri interessi in Libia (tuttora rilevanti) dovremo cercare la benevolenza di Erdogan e di Putin.

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