Legge di Stabilità alla prova dei fatti

Negli ultimi anni si è assistito ad una continua, se pur moderata, diminuzione del carico fiscale che grava sui contribuenti italiani, arrivando ad un livello del 42% nel 2018. Ci aspettava che da un governo dichiaratamente populista venisse una ulteriore spinta in questa direzione, ma la direzione presa dall’esecutivo è andata in direzione totalmente opposta come dichiarato dal Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) Giuseppe Pisauro. Nell’audizione di giovedì 27 dicembre 2018 ha esposto i dati che dimostrano come nel 2019 la pressione fiscale aumenterà dal 42,4%; salendo ulteriormente al 42,8% nel 2020 e calando al 42,5% nel 2021; il tutto al netto della possibile attuazione delle clausole di salvaguardia.

Il Presidente Pisauro ha anche evidenziato i forti rischi sistemici sul futuro dati da calcoli della crescita del pil particolarmente ottimistici e dalla quasi impossibilità di sterilizzare 29 miliardi di aumenti iva previsti dalle clausole di salvaguardia solo con tagli alla spesa. Notevoli anche i dubbi sulla crescita del pil prevista dal governo, come anche evidenziato da tutti gli organi economici mondiali, la manovra messa in atto con la legge di stabilità, a fronte di un previsto aumento degli investimenti pari a 1,4 miliardi di euro, ha prodotto un calo di circa 1 miliardo, con evidenti contraccolpi sul pil.

Andando a fare le pulci alla manovra si nota come le promesse di revisione del bilancio siano tragicamente naufragate sull’altare delle promesse elettorali, a fronte di appena 1,4 miliardi di spending review, sono state messi a bilancio € 51 miliardi di spese a debito, che porteranno, a spread stabile, il conto degli interessi da pagare a quota € 82,7 miliardi. Per far quadrare i conti si è tagliata la dotazione per l’istruzione che passa da 48 a 44 miliardi in 3 anni; i fondi per lo sviluppo che calano dai 24,7 miliardi del 2019 ai 19,6 del 2021 con 2,3 miliardi sottratti a Industria 4.0. Ben poca cosa viene dalla lotta all’immigrazione, cavallo di battaglia della Lega, nei prossimi 3 anni il risparmio sarà di appena 400 milioni; tagliata anche la tutela paesaggistica di 800 milioni; il soccorso civile quasi dimezzato; il sostegno alla ricostruzione praticamente azzerato e la protezione civile che vede il bilancio dimezzato.

La Quota 100 produce anche l’effetto psicologico di far schizzare la spesa previdenziale oltre quota 100 miliardi, portandola da 96,4 a 100,2 nel 2021; il capitolo pensioni in particolare sale da 84,9 a 88,7 miliardi. Positivamente da valutare l’aumento un miliardo per le disabilità nell’arco del triennio; negativamente i 4 miliardi di rimborsi fiscali da parte dello stato che verranno a mancare da qui al 2021. Malgrado gli scontri continui con le istituzioni europee, aumentano i contributi versati da 20,8 a 23,9 miliardi, ed anche i trasferimenti agli enti locali vedono oltre 1 miliardo di aggiunta. Nell’ambito del programma mobilità in partnership con le Ferrovie dello Stato e Anas, vengono raddoppiati i fondi per le infrastrutture da 3,6 a 7,2 miliardi e 1,3 miliardi vengono destinati al trasporto pubblico.

Tirando le somme quello che rimane è un forte incremento delle spese correnti con briciole destinate agli investimenti, una tagliola sul debito pubblico nei prossimi 3 anni che rappresenta un pagherò per le generazioni future, a fronte della speranza che le misure introdotte inneschino un circuito virtuoso sul pil andando a sterilizzare le clausole di salvaguardia. Un ottimismo che pare azzardato a fronte della recessione (si definisce tale quando si hanno due trimestri consecutivi a saldo negativo come ora) in atto e di una crescente sfiducia negli operatori internazionali verso il nostro paese che causa tensioni sullo spread alimentando la crescita della spesa per interessi, giunta quasi alla pari del conto pensionistico.

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