Trump e Kim, quale accordo?

Sentosa, un’isola di cinque chilometri quadrati dedicata al turismo nella Repubblica parlamentare di Singapore, Hotel Capella, ore 9.00 locali di martedì scorso: queste, le coordinate dello storico summit tra la Casa Bianca e Pyongyang, auspicabile punto di partenza per inaugurare un percorso di reciproca conoscenza e dialogo tra due Paesi tradizionalmente in contrapposizione ideologica e politica.

Il primo colloquio di 38 minuti tra Trump e Kim, alla sola presenza dei rispettivi interpreti, è stato seguito da una riunione collegiale con i consiglieri politici statunitensi e nordcoreani.

I due leader, fra cui erano scoccate scintille fino alla vigilia dell’incontro ufficiale, hanno esibito un’inaspettata sintonia e mutua disponibilità. All’atto pratico, forse è stato partorito un topolino, ma – considerati i rapporti intercorrenti e il noto egocentrismo di entrambi i protagonisti – è certamente un inizio migliore di quel che si potesse prevedere. E parte del merito va riconosciuta alla mediazione del presidente sudcoreano Moon.

Trump e Kim hanno siglato un accordo, sebbene con impegni piuttosto vaghi, riguardo alla denuclearizzazione dell’intera penisola coreana. Il processo di smantellamento delle postazioni missilistiche di Pyongyang andrà, dunque, avanti, ma senza specificazioni circa le modalità e la tempistica delle operazioni. Trump ha dichiarato in conferenza stampa che l’armistizio del 1953, che decretò l’interruzione del conflitto tra le due Coree, potrebbe a breve trasformarsi in un durevole e solido Trattato di pace. Come contropartita, pur senza rimuovere – al momento – le sanzioni vigenti nei confronti del regime nordcoreano, l’inquilino dello Studio Ovale ha concesso la sospensione immediata delle esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seul, smentendone la natura difensiva tributata dalla sua stessa amministrazione e definendole provocatorie e costose. Nonostante non fosse un’opzione sul tavolo, Trump ha aggiunto che non gli dispiacerebbe riportare a casa i soldati americani di stanza nella penisola coreana.

Da abile dealmaker quale si reputa, il Presidente statunitense si è detto complessivamente soddisfatto dell’incontro e fiducioso nella volontà di Kim di non bluffare, ma di cercare un agreement vero in grado di stemperare le tensioni internazionali e migliorare le reciproche relazioni. I due hanno dedicato qualche minuto al tema del rispetto dei diritti umani e Trump è convinto che Kim sia disponibile a delle aperture in tal senso.

Ci sarebbero, quindi, i presupposti per future visite a Pyongyang e ricambi di invito a Washington, mentre le diplomazie dei due Paesi cominceranno da subito a lavorare sodo per costruire quel ponte, tra le due nazioni, finora inesistente.

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