Morto Stalin se ne fa un altro (Film, 2017)

Armando Iannucci (1963) è un regista televisivo scozzese – padre italiano, un imprenditore nel campo della pizza, e madre di Glasgow – alla sua seconda prova cinematografica dopo In the Loop (2009), noto per la brillante serie tv (in corso) Veep – Vicepresidente incompetente.

Morto Stalin se ne fa un altro adatta il romanzo grafico La morte di Stalin di Fabien Nury e Thierry Robin ripercorrendo in versione comico-grottesca le vicende successive al 3 marzo 1953, dopo l’emorragia cerebrale che colse il piccolo padre, aprendo di fatto la corsa al potere in Unione Sovietica. Un film interessante e intelligente, che tratteggia con spirito arguto e irriverente gli avvenimenti cruenti del periodo stalinista e gli eventi che consentirono a Kruscev di prendere il potere, alla morte del feroce segretario del Partito Comunista.

Il regista mette in piedi una sceneggiatura convulsa, scritta senza punti morti, impaginando un affresco ironico e beffardo composto da personaggi sopra le righe che danno il peggio di loro stessi dopo la morte del dittatore. I figli di Stalin, inadeguati e incapaci, Kruscev subdolo e interessato, Berija spietato esecutore di sentenze, Zukov sadico e assassino, Molotov capace di tradire persino la moglie. Attori in gran forma, dotati del classico umorismo britannico, tra tutti uno straordinario Steve Buscemi nei panni di un ilare quanto opportunista Kruscev, senza dimenticare la carica drammatica di Simon Russell Beale nei panni del perverso Berija.

Il film (titolo originale: The Death of Stalin) è una commedia nera tipicamente britannica,  risolta e piacevole, scritta benissimo, che prende posizione con decisione e segue una strada ben definita, anche se storicamente non del tutto certa. Perché in fondo è cinema e almeno con la macchina da presa è giusto osare. Candidato come miglior film britannico e miglior sceneggiatura non originale, presentato al Toronto Film Festival, contemporaneamente bandito dalle sale russe, dopo anni che non accadeva, per i giudizi definiti parziali e irriverenti su certi momenti della storia nazionale. In Italia viene distribuito poco e male, ma se vi capita l’occasione andate a vederlo nelle sale FICE e in qualche coraggioso Cineclub. Vi garantisco che ne vale la pena.

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Regia: Armando Iannucci. Soggetto: Fabien Nury e Thierry Robin. Sceneggiatura: Armando Iannucci, David Schneider, Ian Martin, Peter Fellows. Fotografia: Zac Nicholson. Montaggio: Peter Lambert. Musiche: Christopher Willis. Scenografia: Cristina Casali. Paesi di Produzione: Regno Unito, Francia, Belgio. Produttori: Yann Zenou, Laurent Zeitoun, Nicolas Duval Adassovsky, Kevin Loader. Produttori Esecutivi: Jean-Christophe Colson, Giles Daoust, Catherine Dumonceaux. Casa di Produzione: Quad Productions, Main Journey, Gaumont. Distribuzione: I Wonder Pictures. Genere: Comico, grottesco, satirico, biografico. Durata: 106’. Interpreti: Steve Buscemi (Kruscev), Simon Russell Beale (Berija), Paddy Considine (Andreev), Michael Palin (Molotov), Jeffrey Tambor (Malenkov), Jason Isaacs (Zukov), Rupert Friend (Vasilif Stalin), Olga Kurylenko (Judina), Andrea Riseborough (Svetlana Stalin), Paul Whitehouse (Mikojan), Paul Chahidi (Bulganin), Adrian McLoughlin (Iosif Stalin), Dermot Crowley (Kaganovic).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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