La Filosofia? Fa bene (anche) all’impresa

Si chiama ‘consulenza filosofica’.  E’ una attività dalle molte applicazioni, che si propone anche alle imprese per la valorizzazione della componente umana e come sostegno di indirizzo e gestione. La ‘consulenza filosofica’, che si è affacciata nel mondo dell’economia fin dagli anni Novanta, non è una novità per chi dirige o gestisce le imprese.

Che la filosofia abbia a che fare con la realtà pratica risulta invece una novità per i non addetti ai lavori, che vedono la filosofia come un’attività generalmente distaccata dalle cose del mondo. Eppure la ‘consulenza filosofica’ nasce proprio dalla ‘filosofia pratica’, pensata negli anni Ottanta dal filosofo tedesco Gerd Achenbach per riportare questa forma di sapere al suo antico rapporto con il mondo. Perché è stato solo negli ultimi due secoli che questa attività del pensiero si è chiusa nei suoi ‘sistemi’ e nelle accademie, dopo millenni di vicinanza all’Uomo e alle sue domande sulla vita. Poi gli scossoni dovuti alle scoperte scientifiche, alla Seconda guerra mondiale e alla fine delle ideologie – almeno quelle allora più affermate, e meno subdole – hanno abbattuto la torre d’avorio, e la filosofia si è ritrovata nelle piazze della vita. Chi fra i filosofi se n’è reso conto, è tornato a parlare il linguaggio della gente, come Socrate per le vie di Atene. Qualcuno, consapevole della loro importanza nella società moderna, è andato verso il mondo delle imprese. E chi nelle imprese lo ha notato, ha cominciato a rivolgersi ai filosofi per prender coscienza dei propri obiettivi e del senso stesso – la propria mission e la propria vision di sé e del mercato – della propria attività.

Ma cosa ha da offrire la filosofia alle imprese? Come si svolge la consulenza filosofica? E quali sono le imprese che esprimono una domanda di consulenza filosofica? In primo luogo: la ‘consulenza filosofica’ non risponde ad un unico metodo. Non esistono tanto ‘scuole’ quanto piuttosto competenze, da parte dei ‘professionisti della filosofia’, a gestire situazioni complesse come le relazioni fra le persone o fra le idee. Per questo, nella sua più ampia realtà, la consulenza filosofica non è applicata soltanto nelle imprese, ma in tutti i contesti sociali, nei gruppi che sono uniti da una compresenza o da un’attività. Ma soprattutto ai singoli, come Achenbach cominciò a fare negli anni Ottanta, ai quali offre, come ai gruppi, un ‘accompagnamento’ nella scoperta e nello sviluppo delle proprie stesse risposte alle domande e ai problemi che si pongono di fronte alla complessità dell’esistenza.

Per questo, la consulenza filosofica non è una lezione su Socrate o su Nietzsche, ma un ascolto e una valorizzazione del ‘consultante’ – l’impresa, il gruppo scolastico, il singolo – grazie, anche, alla conoscenza di Socrate o di Nietzsche che il filosofo ‘consultato’ ha fatto propria.  E’ chiaro allora che le imprese che hanno ‘scoperto’ la consulenza filosofica e che vi si rivolgono, sono quelle che vogliono avere un futuro, quelle che puntano sul proprio fattore umano, quelle che sono nello stesso tempo client oriented, ‘orientate verso i propri clienti’, e non intendono aggredirli come un mero ‘bersaglio’ (target, in inglese); le imprese che credono nelle proprie risorse umane e ideali, nei propri collaboratori e nelle proprie idee, e che mirano ad una maggiore serenità e consapevolezza – con un fine di crescita naturalmente – per ottimizzare la propria attività.

La ‘consulenza filosofica’, lo abbiamo detto, non è rivolta affatto soltanto alle imprese: può intervenire in ogni contesto sociale, e nei confronti del singolo individuo. E’ chiaro che questo fattore, che è a vantaggio non solo della produzione ma anche delle reti sociali, dei gruppi e del welfare, finisce per produrre, direttamente o in senso lato, ‘economia’. A questo punto una precisazione è necessaria: ma allora cos’è, la ‘filosofia pratica’, una nuova teoria dell’economia? Della tecnica? Della scienza? O della società? No. Pur avendo competenze su queste realtà, non per questo i filosofi pratici hanno una visione di questo tipo della filosofia e in genere dell’uomo, della vita, e del mondo. E raramente sono ‘sistematici’. Non è strano: perché ciò che interessa i filosofi, l’unica cosa che forse accomuna quelli ‘autentici’ in questa ‘specie’ antica, che per ogni altro aspetto appare incredibilmente eterogenea, è soltanto una ‘passione’ per l’Uomo, non sempre come singolo, quasi sempre come entità relazionale. Per questo la filosofia si è persa quando si è allontanata dalla vita quotidiana e si è chiusa nelle torri dei grandi sistemi. E per questo sta rinascendo nelle piazze ed in ogni luogo di vita del mondo globalizzato, della ‘società liquida’ – compresi i luoghi di lavoro – come un tempo nei luoghi di vita delle poleis greche e poi dell’ellenismo: nei quali restituisce all’uomo – anche a quello che pensa sé stesso senz’anima come l’homo oeconomicus di John Stuart Mill – consapevolezza di sé, del suo diritto di rispondere all’alienazione e di cercare il senso della vita.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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