Macron e gli hotspot in Libia

L’elezione del neo-gollista Macron che è seguito al grigiore governativo di Hollande ha riportato la Francia al centro della scena europea grazie all’ampio movimentismo del neo-presidente francese. Sulla questione libica stanno affiorando i diversi punti di vista e le modalità di approccio tra Italia e Francia, mentre Macron ha puntato sull’uomo forte di Tripoli, il generale Haftar, sostenuto anche dall’Egitto, l’Italia di Renzi si è rivolta al presidente riconosciuto Al-Serraj, ufficialmente in carica, ma pare poi dotato di pochi effettivi poteri. Già si è visto come nella vicenda del pattugliamento navale italiano in acque libiche trionfalmente annunciato dal governo Gentiloni, si sia subito inserito Haftar con minacce forti e concrete.

Non vanno sottovalutati gli aspetti nascosti, ma poi non più di tanto, degli interessi francesi sui pozzi petroliferi libici tramite la Total, una delle quattro compagnie, assieme a Repso, OMV e Statoil, che hanno partecipato alla riapertura del pozzo di Sharara contemporaneamente alla dichiarazione del responsabili libico del petrolio, Mustafa Sanalla, di voler tornare alla produzione di greggio nella misura di un milioni di barili giornalieri.

Pressata dai tanti attentati avvenuti sul proprio suolo e da un ruolo secondario dovuto alla triste gestione del governo Hollande, la Francia di Macron è ripartita di slancio per tornare primattrice sullo scenario maghrebino ed europeo. Clamoroso l’incontro che il neo-presidente è riuscito ad organizzare al castello di La Celle-Saint-Cloud tra Serraj ed Haftar. Che l’immigrazione dalle coste libiche e di riflesso l’avanzare dell’Isis, di combattano stabilizzando gli scenari è un dato di fatto, così come è certo che i confini libici sono presidiati dalla Legione Straniera francese attestata in Niger e Ciad che lascia passare senza problemi le carovane di migranti.

In questa cornice si è inserita la proposta di Macron dello scorso 27 luglio, recitata ad Orléans, di creare hotspot direttamente in Libia, anche se le cose non stanno esattamente in questi termini. Se la notizia è passata grossolanamente in questo senso, in realtà il presidente francese ha ipotizzato che si valutino le richieste dei richiedenti asilo direttamente nei paesi di origine, “in paesi terzi sicuri, il più vicino possibile ai paesi di origine”. Macron ha aggiunto che tale iniziativa sarà attuata dalla Francia anche in piena autonomia in caso di assenza di decisioni in ambito comunitario.

L’uscita di Macron ha creato un vespaio di polemiche, anche segue la dichiarazione dello scorso febbraio del Presidente del Consiglio Donald Tusk “è giunto il momento di chiudere la rotta dalla Libia verso l’Italia”. L’eventuale creazione di centri direttamente nei paesi di partenza pone molte domande anche dal punto di vista giurisdizionale, le basi giuridiche sarebbero da definire in accordo con gli stati ospitanti, per chiarire la posizione francese e ribattere gli attacchi arrivati da più parti, Nathalie Loiseau, ministra francese per gli Affari europei, ha precisato che la Francia “valuterà se  e come creare hotspot in Libia e in Niger, in collaborazione con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim)”.

Se per certi versi pare sia stata creata una tempesta in un bicchier d’acqua, bisogna anche considerare che l’effetto è stato di riportare la rotta libica al centro del dibattito europeo sul tema immigrazione. Il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani ha aggiunto che Iniziative unilaterali possono essere anche iniziative di buona volontà ma non sono utili alla soluzione del problema. Anche la Libia ha bisogno di un unico interlocutore. Dobbiamo parlare con una voce sola, la voce dell’Europa e non quella dei singoli paesi”.

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