Immigrazione, problema europeo

Già da tempo il Governo italiano insiste nel reclamare maggiore solidarietà europea nel fare fronte al crescente e ormai insostenibile flusso d’immigrati dall’Africa. Qualche risultato l’aveva già ottenuto Renzi, ma solo ora appare da parte delle Autorità di Bruxelles e dei principali nostri partner e alleati una maggiore coscienza del problema. Il Presidente della Commissione, Juncker, parla di “Italia eroica”, la Merkel proclama l’esigenza di essere a nostro fianco. Retorica, per ora, ma che è da sperare preluda a qualche gesto concreto.

L’immigrazione dall’Africa, come a suo tempo quello della rotta balcanica, non è e non può essere il problema di un solo o di pochi Paesi soltanto, esposti per la loro posizione geografica e per la loro tradizione umanitaria. Si capisce naturalmente la riluttanza di Paesi geograficamente decentrati, e quindi assai meno interessati al fenomeno, a farsi carico di una parte dell’onere, ma si tratta di un punto fondamentale che attiene all’anima della costruzione europea, che non può essere solo una faccenda di mercato comune e moneta unica, o di regole bancarie, ma spinta ad affrontare in comune i problemi, come in comune si profitta dei vantaggi. Paesi come la Polonia e l’Ungheria, che si sottraggono a questo obbligo, sono tra quelli che più si sono giovati e si giovano tanto degli aiuti europei quanto della libertà di circolazione di merci, capitali e persone.

Quando diciamo che l’immigrazione è un problema europeo, cosa intendiamo con precisione? Intendiamo innanzitutto che l’Europa si dia regole comuni di accoglienza e le faccia rispettare, che il flusso d’immigrati sia equamente ripartito tra tutti i membri, naturalmente in proporzione alla loro popolazione, che l’Europa si faccia carico della politica di lotta al traffico di essere umani condotto dai criminali scafisti, significa che il costo dell’assistenza ai profughi sia sostenuto da tutta l’Unione. E significa infine che l’Unione nel suo insieme conduca una politica estera rivolta a stabilizzare le zone di origine (Libia in particolare) e a creare in Africa condizioni di sviluppo economico-sociale.

Tutto questo non esime l’Italia dagli obblighi che, da grande Paese qual è, deve svolgere. Ma il senso di un’alleanza che non è solo commerciale sta nel fatto che questi obblighi possano essere affrontati coll’appoggio e la partecipazione di tutti. Altrimenti, all’Italia non resterà da fare che quello che viene annunciandosi in questi giorni: chiudere i suoi porti e limitare gli accessi.

Oltre che rappresentare un elemento basico di solidarietà, l’azione europea per l’immigrazione costituisce anche un imperativo politico nell’interesse dell’Unione stessa. L’indifferenza o l’egoismo non possono che aumentare il discredito in cui una parte della popolazione tiene le istituzioni europee e incoraggiarla a voltare loro le spalle. Difficilmente l’Unione, dopo l’uscita britannica, potrebbe reggere il colpo di una diaspora dell’Italia, cioè di uno dei sei fondatori e della seconda o terza economia del Continente. Ma non si tratta di un’ipotesi folle. L’immigrazione e il terrorismo sono fenomeni in massima parte separati, ma a torto o a ragione c’è gente che li identifica, e non solo in Italia la Lega e Casa Pound. Nel resto d’Europa i segnali non mancano; a Londra e a Parigi si sono verificati attacchi alla comunità islamiche, all’uscita di moschee. Atti male organizzati e isolati, ma che sono la spia inquietante di una reazione che si diffonde a livello popolare di fronte agli attentati opera del fanatismo islamico. È una reazione ovviamente da deplorare, ma che pone alle Autorità di sicurezza la prospettiva di dover combattere su due fronti.

C’è gente che ovviamente ha interesse a soffiare sul fuoco e provocare o allargare l’odio tra comunità diverse: non solo la destra estrema e fanatica, ma anche quelli che, nel mondo islamico, puntano ad aprire una vera e propria guerra civile e un vero scontro di civiltà. Non siamo ancora a questo punto, ma ci riflettano tutti: i Governi, le istituzioni di Bruxelles, e i rappresentanti di quelle comunità islamiche che in grandissima maggioranza aspirano solo a vivere in pace in mezzo a noi. L’eccesso di tolleranza, o l’indifferenza, possono prepararci un risveglio molto sgradevole.

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