Gentiloni e il suo Governo

Il nuovo Governo nasce in modo affrettato, in un momento politicamente difficilissimo e lo riflette come uno specchio. Paolo Gentiloni, che ho conosciuto molti anni fa da Assessore al Comune di Roma, è certamente una persona di grande equilibrio, affabilità e serietà, degno di occupare alte cariche dello Stato, ma non è mai stato, non è e non sarà mai un ispiratore, un leader. Da lui ci possiamo aspettare un’amministrazione corretta, certamente conveniente sul piano europeo ed internazionale, ma niente di più. Il suo non è certo un Governo innovativo, ma una fotocopia più o meno fedele del precedente. Si vede lo sforzo fatto per conciliare le varie tendenze del PD, com’è giusto che sia. Perché se ci saranno trappole sulla strada dell’Esecutivo saranno i democratici a metterle. Anche la scelta di tenere fuori i verdiniani, rinunciando ai 18 senatori di cui dispongono, risponde a questa preoccupazione.

La strada del governo sarà comunque breve. Quali che siano le intenzioni e magari le ambizioni del premier, non è né sano né concepibile andare avanti troppo tempo ancora in una situazione anomala. Se si trattasse di guadagnare due o tre anni, paradossalmente, sarebbe normale tentarlo, perché in uno spazio di tempo di un certo respiro possono accadere fatti nuovi, anche positivi, per esempio sul fronte economico e dell’occupazione. Ma stiracchiare le cose di qualche settimana o mese in più non sarebbe utile a nessuno, servirebbe solo a incancrenire la situazione.

Il Presidente Mattarella si è mosso con celerità e saggezza, altra scelta non poteva del resto fare. Ha fatto benissimo a indicare la necessità di una nuova Legge elettorale omogenea per le due Camere e al riparo da accuse di incostituzionalità, come premessa per le nuove elezioni, ma queste sono ormai dietro l’angolo. Vedremo ora se le forze politiche che si ritengono “responsabili” saranno capaci di accordarsi su un nuovo testo, prima o dopo la pronuncia della Consulta. A vedere lo spettacolo di questi mesi, c’è da dubitarne. Ciascuna cercherà di trarre dalla situazione il maggior vantaggio per sé stessa, incurante dei pericoli del Paese. E anche i poteri e la saggezza del Capo dello Stato hanno i loro limiti.

Che futuro ha l’Italia? È destinata a cadere nelle braccia di Beppe Grillo? Alla fine, conta la parola del popolo sovrano, quale che essa sia. Ma ci sono momenti  della Storia in cui possono prevalere derive completamente irrazionali, che vanno contro gli interessi dello stesso popolo. Trump docet. Combatterle è compito delle forze più o meno razionali, che devono sapere a un certo punto mettere da parte le loro risse e unirsi per contrastare il nemico comune. Ma in Italia questo è sempre stato difficile, quasi impossibile e sarebbe troppo chiedere a Berlusconi e a Renzi di diventare d’improvviso uomini di Stato.

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