Collezione Gelman, l’arte messicana del XX secolo

Bologna – Una delle maggiori collezioni d’arte messicana del XX secolo, la Collezione Gelman, che raccoglie le opere di Frida Kahlo, Diego Rivera, Rufino Tamayo, María Izquierdo, David Alfaro Siqueiros, Ángel Zárraga, sarà ospitata presso Palazzo Albergati fino al 26 Marzo 2017.

I dipinti della Collezione Gelmann oggi sono divisi in due distinti nuclei, uno dedicato ai grandi artisti  europei del XX secolo conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, l’altro costituito dalle opere d’arte dei pittori messicani è conservato in Messico presso la Fundación Vergel. Questa esposizione, inaugurata lo scorso 19 Novembre, intende raccontare attraverso le opere raccolte dalla famiglia Gelman le vite degli artisti e la storia del Messico negli anni che vennero definiti di rinascita.

La Collezione Gelman: arte messicana del XX secolo, questo il titolo della mostra curata da Gaia Mori, si sofferma in modo particolare sulle opere di Diego Rivera e Frida Kahlo, che hanno intrecciato le loro vite con quelle dei Gelman, proprio grazie all’arte e all’amore per le tradizioni messicane.

La prima opera della collezione dei coniugi Gelman risale al 1943, si tratta del ritratto di Natasha Zahalkaha, coniuge di Jacques  Gelman, commissionato a Diego Rivera; da qui inizia la raccolta delle opere più importanti della storia messicana, ma anche l’inizio di un racconto che spiega le sofferenze, le lotte e la gloria di un popolo antico come quello messicano.

In esposizione opere di vario genere, dipinti, fotografie, abiti, gioielli, collages, litografie, disegni, raggruppati per tematiche nelle diverse sale del museo; la particolarità di questa esposizione consiste in una sala dedicata esclusivamente agli abiti degli stilisti che negli anni si sono ispirati allo stile di Frida Kahlo, ormai divenuta un’icona mondiale.

Il percorso si apre con la storia della famiglia Gelman e della loro collezione, la sezione ospita tutti i ritratti commissionati dalla coppia, tra questi il grande ritratto a Natasha di Diego Rivera, il piccolo ritratto di Natasha truccata come una diva di Hollywood di Frida Kahlo ed altri tre ritratti, due dei quali sono stati realizzati da Ángel Zárraga (il Ritratto  di  Jacques  Gelman e  il Ritratto  di Natasha Gelman),  e il Ritratto di Natasha Gelman di Rufino Tamayo.

La seconda sezione è dedicata a Diego Rivera e alla Rinascita messicana, questo è il periodo dei muralisti che va dal 1920 al 1960 e che vide numerosi artisti alle prese con la riqualificazione delle città su richiesta del ministro Vasconcelos; in questa sezione sono raccolte alcune opere di Rivera, compresa Ultima ora, testimonianza del periodo cubista dell’artista. Accanto a queste le opere di altri artisti che parteciparono al programma culturale, David Alfaro Siqueiros, Rufino  Tamayo e María  Izquierdo, artista di grande valore che fu presentata al pubblico messicano proprio da Rivera nel 1929 quando era direttore dell’Accademia di San Carlos.

La mostra mette in risalto la complessa figura di Frida Kahlo dedicandole il secondo piano del museo, qui come in un diario sono esposte tutte le opere dell’artista dagli autoritratti a fotografie e video, che raccontano la vita e la personalità dell’artista. La prima sezione riguarda il rapporto di Frida e la fotografia dove sono esposti gli scatti di Edward  Weston,  Fritz  Henle,  Leo  Matiz, Lola  Álvarez  Bravo (organizzatrice dell’unica personale di Frida Kahlo in Messico, nel 1953).

Avvolte da un’aurea differente sono le fotografie a colori di Nickolas Muray, statunitense di origine  ungherese, conosciuto da Frida nel 1931 e con il quale  intrecciò  una  relazione; lei figlia di un fotografo tedesco sapeva bene quali erano le pose da assumere davanti all’obiettivo e le fotografie qui raccolte mettono in luce una donna dal carattere forte e battagliero.

La seconda sezione si concentra sull’appartenenza culturale di Frida, fortemente legata alle origini messicane, qui troneggia Autoritratto con collana circondato da una serie di scatti di Imogen  Cunningham  e Lucienne  Bloch, dove l’artista compare sempre adornata da gioielli, molti tipici della cultura azteca.

Il percorso prosegue con una sezione che raccoglie gli autoritratti in cui Frida affronta la sua dolorosa condizione fisica, ha la spina dorsale rotta a causa di un incidente in cui è rimasta travolta da un tram, e i suoi aborti. Attraverso diverse simbologie, o mera documentazione scientifica, l’artista si osserva con occhio clinico e prende le distanze dal dolore; qui sono esposti Frida e l’aborto, L’aborto ed i collages Cromoforo e Auxocromo. Nella stessa sala sono state inserite una serie di macrofotografie tratte dalle ceroplastiche settecentesche del Museo  di  Palazzo  Poggi, al fine di permettere un confronto tra  le  sue  rappresentazioni  e  il  mondo  della medicina da cui scaturisce una suggestiva ed inusuale armonia.

La sezione che segue ci racconta la vita intima e familiare di Frida con Diego, qui compaiono tutte gli autoritratti di lei e Diego, che lei stessa definisce il suo secondo grande incidente, una relazione che lei sosteneva essere comandata dal karma. In questa sezione, oltre a tanti vestiti folclorici degli anni Trenta-Quaranta, sono esposti Ritratto di Diego, l’Abbraccio amorevole  dell’universo,  la  terra  (il  Messico),  Diego,  io  e  il  signor  Xolotl, ed una proiezione di un video realizzato da Nikolas Muray nel 1939, dove Frida e Diego interagiscono nella Casa Azul.

Accanto a questa sezione troviamo tutti gli animali con cui Frida si circonda nei sui autoritratti, che come dei figli la consolano dai tradimenti di Diego e dai dolori fisici, molte volte li vediamo assumere le stesse espressioni arrabbiate, inquisitorie e fiere; come nelle opere Autoritratto seduta sul letto (Io e la mia  bambola), La  sposa che si spaventa vedendo la vita aperta e Autoritratto con scimmie.

Come detto, la mostra per rendere omaggio alla figura forte e iconica di Frida Kahlo ha inserito in esclusiva una serie di abiti creati dai più grandi stilisti che nella forza e nella determinazione dell’artista messicana hanno trovato ispirazione, ad iniziare da Elsa Schiaparelli che già negli anni Quaranta realizzò l’abito omaggio Robe Madame Rivera, aprendo la strada per la trasformazione di Frida Kahlo in icona. Esposti anche gli abiti che hanno calcato le passerelle della moda dagli anni Sessanta ad oggi, la costrizione del bustino riprodotta Gianfranco Ferrè e Jean-Paul Gaultier, la  ricchezza  delle stoffe e delle rifiniture colorate di Raffaella Curiel e Antonio Marras e le riproduzioni della fauna e della flora di Valentino; grande esclusiva è il video concesso in prestito da Jean-Paul Gaultier, Tribute  to  Frida  Kahlo del  1997.

L’intero percorso della mostra si chiude con una serie di autoritratti che hanno fatto il giro del mondo e che sono diventati il segno di riconoscimento delle opere di Frida, Autoritratto  con  treccia, Autoritratto MCMXLI e Autoritratto come Tehuana – Diego nei miei pensieri o Pensando a Diego.

La mostra, patrocinata dal Comune di Bologna con la produzione e organizzazione di Arthemisia Group e sponsorizzata dall’Instituto Nacional de Bellas Artes con la collaborazione di Mondo Mostre e Skira, dedica parte del ricavato delle vendite del catalogo e dei biglietti a favore delle zone terremotate.

©Futuro Europa®

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