Brucia ragazzo brucia (Film, 1969)

Brucia ragazzo brucia può essere considerato la vera opera prima di Fernando di Leo che la gira a Roma, quasi interamente nella zona di Fregene. Non è certo un film pornografico, come certa critica benpensante lo vuole etichettare, come non è un erotico a imitazione dei molti prodotti contemporanei. Il film subisce alcune traversie, sia per la presenza di minori in sala, sia per diversi sequestri ordinati per oscenità. La procura di Bari dà il via alla persecuzione, subito dopo il film viene bloccato anche nel resto d’Italia e deve subire un lungo processo nel quale attori, regista e produttori vengono difesi dagli avvocati Livio Minguzzi e Luigi Benzi. Di Leo se la prende con una giustizia ottusa e oscurantista che giudica osceno un film solo per pochi centimetri di pelle mostrata in più o in meno. Alla fine è il giudice istruttore di Rimini a dargli ragione e a rimettere in circolazione la pellicola in una versione abbastanza integrale. Brucia ragazzo brucia esce di nuovo con maggior forza e si fregia della frase a effetto: il capostipite e il migliore dei film erotici ora in edizione integrale. I giovani cattolici non si rassegnano, continuano a inscenare sit-in di protesta dove viene distribuito il film e riescono addirittura a impedirne la proiezione in una sala di Dolo.

Brucia ragazzo brucia è un erotico-intellettuale di matrice sessantottina, nel senso che risente molto delle influenze storico-culturali del periodo in cui viene girato. Françoise Prevost è Clara Frisotti, una donna insoddisfatta dal rapporto sessuale con il marito ma che durante una vacanza al mare scopre nuove sensazioni con un bagnino hippie (Gianni Macchia). Clara è ancora innamorata del marito e vorrebbe recuperare il rapporto, per questo gli racconta la sua esperienza e chiede perché ha provato con un altro quello che con lui non è mai accaduto. Frittata fatta. La donna non voleva rovinare il matrimonio, pensava che il marito avrebbe compreso, che avrebbero parlato e risolto il problema, ma si era soltanto illusa. Il marito (Michel Bardinet) la tratta da puttana, decide di separarsi e di toglierle la figlia, spingendola al suicidio. Un torbido finale mostra il marito che potrebbe salvare la moglie, ma tarda a chiamare l’ambulanza e decide che la morte è la giusta punizione per il tradimento.

La pellicola è ancora godibile, nonostante il tempo passato e presenta molte sequenze interessanti da un punto di vista squisitamente cinematografico. L’incipit onirico che mostra i problemi sessuali della moglie serve al regista per anticipare un clima di torbido erotismo che si farà sempre più esplicito. Clara è terrorizzata da un incubo ricorrente nel quale è succube del marito e del suo capo ufficio che vogliono possederla insieme. Il sogno termina con la sua fuga tra le braccia di una donna misteriosa, figura simbolica che rappresenta le problematiche erotiche di Clara, forse una latente omosessualità. Altre parti di ottimo cinema le apprezziamo durante la vacanza al mare che vede Clara insieme alla bambina e alla zia, mentre il marito torna in città per lavorare. Il mare di settembre è deserto, ci sono soltanto loro e un giovane bagnino che si dedica in modo plateale a far l’amore con la sua ragazza.

La fotografia è molto curata e l’ambiente marino è reso con particolari cinematografici interessanti. Il regista scandaglia l’universo femminile e rivendica il diritto della donna a godere le gioie del sesso senza falsi tabù, cosa che oggi pare scontata ma che non lo era quaranta anni fa, soprattutto per l’influenza della morale cattolica. Critica le coppie borghesi che vivono insieme, ma non sanno avere rapporti maturi e limitano le esperienze sessuali perché certe cose un uomo può farle solo con le prostitute. Il film esce in un momento delicato, mentre le prime idee di rivoluzione sessuale prendono campo e il femminismo apre strade nuove per la donna all’interno della coppia. L’Italia è sotto l’influenza di un pensiero borghese condizionato dalla religione cattolica e la donna è dispensatrice di piacere ma non può riceverlo. Da riscoprire.

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Regia: Fernando di Leo. Soggetto e Sceneggiatura: Fernando di Leo, Antonio Racioppi Fotografia: Franco Villa. Montaggio: Mario Morra. Musiche: Gino Peguri. Scenografie: Pietro Liberati. Operatore alla Macchina: Aristide Masaccesi (in arte Joe D’Amato). Aiuto regista: Franco Lo Cascio. Interpreti Gianni Macchia, Françoise Prevost, Michel Bardinet Monica Stroebel, Danika La Loggia, Anna Pagano, Miriam Alex. Brani musicali: Brucia ragazzo brucia (scritta da di Leo insieme a Paguri e Verrecchia), eseguita da Edy e Gli occhi dell’amore (Migliacci – Cini – Marrocchi), cantata da Patty Pravo.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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