Referendum trivelle, ed ora?

L’esito del referendum ha corrisposto le attese del Governo. La scarsa partecipazione alle urne ha portato il Premier Renzi a brindare alla vittoria contro i “demagoghi” proiettandosi più fiducioso alla tornata referendaria del prossimo autunno che vedrà in ballo tutta l’impostazione repubblicana e soprattutto rappresenterà un voto sulla fiducia dei cittadini nei confronti dell’attuale Governo.

In effetti i risultati del referendum danno torto anche a quelle Regioni promotrici di tale iniziativa che hanno registrato in media una affluenza del 34,7% (le regioni promotrici del referendum sono state Basilicata, Campania, Calabria, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto) che in ogni caso, tutte assieme, rappresentano solamente il 35% del corpo elettorale nazionale. Tra queste regioni solo Puglia e Basilicata hanno ottenuto risultati marginalmente significativi, la prima superando il 40%, mentre la seconda è stata l’unica a superare il quorum con un’affluenza pari al 50,17%, nonostante non fosse assolutamente interessata dalla decisione che ne sarebbe scaturita. Poco male per chi, come il Presidente Emiliano, ci ha messo la faccia in prima persona, forse mostrando all’intero paese di non essere esattamente la migliore guida per la sua Regione. Invece i guai giudiziari legati ai pozzi di terraferma hanno inevitabilmente smosso l’opinione pubblica lucana anche se solamente per la metà.

Ma al netto dell’oggetto del referendum il segnale che ne è scaturito è forse più importante di quanto si immagini. Gli italiani hanno probabilmente capito che la politica energetica nazionale non può e non deve essere decisa da un SI ed un NO scritti su una scheda, ma deve essere frutto di una più importante strategia di lungo periodo. Inoltre, la scorsa legge di stabilità aveva di fatto recepito molte osservazioni poste dal comitato referendario, portando tra l’altro la Corte di Cassazione a ritenere cinque dei sei quesiti superati, ed in effetti oggi non è già possibile eseguire esplorazioni entro le 12 miglia circoscrivendo di fatto il problema.

Ma ad emergere fortemente da questo risultato è indubbiamente la serenità di Matteo Renzi che, dopo aver invitato tutti all’astensione, è riuscito nel suo intento: screditare ancora una volta la sua minoranza interna, irridere il centrodestra che nel disperato tentativo di opporsi al Governo è riuscito a tradire i propri valori e a mostrare all’opinione pubblica la propria forza.

Per rimanere nel merito del referendum poco cambierà da oggi, se non la consapevolezza che forse il popolo del NO in questo paese, nonostante sia cospicuo, non rappresenti assolutamente la maggioranza che invece pensa al futuro in ottica propositiva e non disfattista.

In fondo, di fronte ad un risultato già scontato in partenza e di fronte al successo ottenuto in sede di Legge di stabilità forse avremmo potuto oltre che risparmiare qualche decina di milioni di euro, evitare di stampare 50 milioni di schede risparmiando a qualche albero la triste sorte di finire al macero. Ma forse per tutelare (così dicono) l’ambiente, qualche sacrificio lo si doveva compiere.

©Futuro Europa®

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